there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Quando c’erano i lockdown

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Sono sdraiato nel letto della camera di un bed and breakfast ad A (A con il cerchietto sopra), nelle isole Lofoten e non so come mi sia venuto in mente di ripensare a quando il mondo era in lockdown.

Vi ricordate quando c’è stata l’ultima pandemia, quella del covid 2019? Ve li ricordate i lockdwown?  Ve le ricordate le autocertificazioni? Bisognava uscire di casa portando con sé delle dichiarazioni con cui si spiegava perché non ce ne stessimo rintanati in famiglia, così da potersi contagiare tra parenti. Si poteva uscire per fare ciò che il governo aveva deciso essere essenziale: farsi i capelli era vietato a marzo e consentito a novembre, comprare gli alimentari dai fornai o nei supermercati era sempre possibile, comprare i televisori era possibile e comprare i vestiti era vietato (anche negli stessi supermercati dove si poteva comprare il cibo). Si poteva uscire per andare a lavoro, in modo da infettarsi coi colleghi, ma non per andare a scuola. Se la polizia ti fermava mentre camminavi dovevi mostrare le autocertificazioni e se non le avevi te la faceva vedere lei. Poi la compilava e te la faceva firmare. 

Nei bar potevi andare per prendere magari una bevanda da asporto che ti veniva messa in un contenitore per farti pensare di essere a New York anche se eri a Campobasso (luogo dove i telefoni prendono male la linea). C’era la roulette del ristorante: un giorno ci si poteva andare a mangiare, un altro giorno ci si poteva andare ma bisognava essere distanziati, un altro giorno era consentito solo l’asporto, un altro giorno era consentita consentita solo la consegna a domicilio. Un giorno erano aperti solo fino alle sei del pomeriggio, un altro giorno erano aperti solo fino alle dieci di sera, un altro giorno erano completamente chiusi. 

Nei supermercati c’erano gli ingressi scaglionati, così si formavano gli assembramenti all’esterno. Oppure si poteva andare in una persona per famiglia e allora c’erano persone appartenenti a uno stesso nucleo familiare che entravano nel supermercato in clandestinità. Prima entrava uno poi un altro. Improvvisamente qualcuno metteva delle cose nel carrello dell’altro. C’erano persone che si parlavano sottovoce o si lanciavano messaggi a distanza usando il linguaggio dei sordi. Finché arrivati alla cassa uno pagava e inseriva le cose nel carrello e poi tornava per aiutare il familiare anziano a compiere le stesse operazioni. A quel punto il cassiere poteva rammentare che i due erano a rischio multa o poteva invece fare finta di niente.

Gli eventi sportivi erano spesso (ma non sempre e non in tutti i luoghi e tutti i laghi) a porte chiuse, quando non erano vietati o quando non erano stati annullati. Erano consentiti gli allenamenti dei soli professionisti, ma non sempre e non ovunque. C’erano dei campionati che si svolgevano tutti in un brevissimo periodo di tempo e con gli atleti tutti in un’unica città chiusi una ipermegabolla (vi ricordate la Champions league di calcio o il campionato NBA o la ISL di nuoto?). Alcuni eventi prevedevano la presenza di pubblico fino a una certa data e fino a una certa soglia per evitare gli assembramenti. Per esempio nei palazzetti dei campionati di pallavolo o pallacanestro potevano andare fino a duecento persone, opportunamente distanziate, nel periodo di tempo che passava tra una chiusura totale e l’altra. Per esempio negli stadi di calcio italiani per un po’ è stato possibile che entrassero mille persone. In un posto che ne contiene almeno quarantamila. Per evitare assembramenti, anche agli ingressi e alle uscite. Salvo fare poi mettere quelle mille persone in un unico settore. Una volta un governo ha anche dato una settimana di tempo alle piscine e alle palestre di mettersi in regola per non chiudere. La settimana è passata, le piscine e le palestre hanno dimostrato di essere in regola e il governo le ha chiuse lo stesso.

I trasporti pubblici? Potevi prenderli per andare a lavoro, ma non per tornare a casa se eri uscito a correre. Potevi prenderli per muoverti nel tuo comune, ma a volte sì e a volte no per spostarsi in un comune diverso e poche volte sì e molte volte no per cambiare regione. L’estero? Era solo un ricordo. 

Ah, certo. Dimenticavo la cosa fondamentale. Del resto è passato un po’ di tempo dall’ultima ondata. Le mascherine. C’erano mascherine spedite gratuitamente dalle regioni ma solo per qualche settimana, c’erano mascherine introvabili, c’erano mascherine per liberisti sul divano, c’erano mascherine a cinquanta centesimi, mascherine a un euro, mascherine più costose, mascherine azzurrine, mascherine griffate, mascherine di stoffa, mascherine improvvisate costruite con pezzi di sciarpa, mascherine lavabili, mascherine asciugabili, mascherine che non facevano appannare gli occhiali (bastava non indossarle), mascherine che venivano tenute sotto il mento, mascherine che venivano tenute solo finché non si parlava con qualcuno, mascherine che non andavano mai a coprire il naso, mascherine che coprivano anche il capo, mascherine che venivano indossate ovunque tranne che dove c’erano assembramenti, mascherine che venivano tenute solo quando c’erano assembramenti. Le mascherine hanno resistito: ogni ondata ha avuto l’assegnazione della sua mascherina d’oro. L’uso dei guanti, invece, è durato solo quanto il battito d’ali di una farfalla in Canada: giusto il tempo di scatenare un terremoto devastante in Indonesia. 

Ve le ricordate le cacce ai capri espiatori? I runner, gli accompagnatori di cani sulla spiaggia, i vacanzieri in Grecia, i ragazzi nelle piazze delle città, le persone nei centri commerciali, chi starnutiva davanti a una statua, chissà quanti altri che non ricordo. E le baruffe tra virologi, epidemiologi, altri ologi? Ve le ricordate? E i tamponi, i test sierologici, le positività, le chiamate a numeri a cui non rispondeva nessuno, i test sierologici, i test rimangiati, le ordinanze che venivano emesse a ritmo continuo, i dpcm, i dpcm che erano contraddittori con le circolari dei ministeri, i congiunti dei positivi messi in quarantena, le chiusure in casa e le separazioni in casa dei contagiati, le corse ai vaccini e alle terapie, i novax intransigenti, i complottisti, gli asintomatici, i paucisintomatici, i gradi di contagiosità, i confronti tra le regioni, i confronti con gli altri stati?  Vi ricordate tutto questo?

Durante la prima ondata c’erano striscioni alle finestre e canti dai balconi. Non è andato tutto bene. Malgrado l’impegno del personale sanitario ci sono stati problemi inevitabili legati alla durezza con cui ha colpito il virus e problemi evitabili con un’organizzazione più efficiente. In certe zone sono mancate le ambulanze, in altre zone sono mancati i commissari (ammesso che servissero a qualcosa). A Bergamo a primavera si sono usati i mezzi dell’esercito per trasportare i cadaveri. In certe zone le ambulanze andavano e venivano. Si sono viste  persone intubate in terapia intensiva che non hanno potuto avere contatti con l’esterno. A lungo. O per sempre. Molte persone nelle RSA sono state decimate. Alcuni ragazzi sono rimasti depressi per effetto delle chiusure. A molti bambini è mancato il poter fare sport, anche a quelli che non lo sanno. In molti hanno perso il lavoro, anche se il governo aveva inventato un blocco di licenziamenti che non valeva in caso di chiusure e ovviamente non valeva per i contratti a tempo determinato. Una volta finito il blocco, la diga è saltata, come era prevedibile. Tutti hanno conosciuto persone che si sono beccate il virus, sia pure magari asintomatiche e solo quarantenate. Tutti hanno conosciuto persone finite in cassa integrazione. Molti hanno visto morire o ammalarsi qualche conoscente. Tutti hanno visto piccole e medie imprese chiudere. Molti imprenditori hanno dovuto chiudere anche perché i ristori promessi dal governo sono stati bazzecole. 

C’è chi ha potuto tenere il proprio lavoro (svolgendolo a volte da casa), il proprio stipendio, il proprio reddito e così ha anche potuto rinnovare, che so, il proprio parco di prodotti Apple e non ha lesinato spese durante i prime day o i black friday. Per qualcuno la vita è continuata come prima delle ondate. Tra questi qualcuno c’è chi supportava l’idea di subire un’addizionale straordinaria sui propri redditi come contributo di solidarietà in favore di chi aveva perso il reddito causa covid 19. Tra questi qualcuno c’è chi invece si opponeva a questo contributo.

Io in tutto questo ho sperato di cavarmela. Per mangiare il forno vicino a casa, il bar e il supermercato Carrefour sotto l’ospedale, Just Eat, Uber Eats e le rosticcerie sotto casa sono state come la manna dal cielo. Certo che è stato bello in seguito anche poter tornare in quella pizzeria o in quel ristorante magari dopo aver fatto una camminata come ai vecchi tempi a scoprire le bellezze e anche le bruttezze e le curiosità della città di Firenze, dei suoi quartieri e delle colline: il centro, Fiesole, Marignolle, Cascine del Riccio, Montici, Settignano, Bellosguardo, Ugnano, Mantignano, Oltrarno. Hanno riservato delle belle sorprese perfino luoghi evidentemente finora non pienamente conosciuti come Peretola, Brozzi, Soffiano, tutto il quartiere quattro. 

Correre? Quando era possibile farlo solo a una distanza di duecento metri da casa ho scelto come luoghi di elezione la terrazza (a Firenze) e il cortile (a Stia). Ecco a voi il cricetorunner! È durato poco. Sono passato ben presto alle lezioni di Fixfit su Youtube: divertenti, anche se un po’ ripetitive. Pensare che prima della prima ondata ero tornato a correre 15km a 5’40″/km, che mi ero di nuovo iscritto al gruppo della Fontanina dopo anni, che ero tornato a correre in gruppo e stavo pregustando tutta una serie di nuove gare da fare. Poi invece ho ricominciato con i soliti corri e fermati ma senza un programma preciso: non tanto per la mancanza di obiettivi quanto per l’incertezza dettata dalla situazione virus e dalle decisioni dello psicogoverno. 

Quando si poteva camminare solo nei dintorni di casa ho fatto praticamente la maratona del mio rione (a Stia), camminando più volte a giorno, sempre con un libro o col kindle in mano. Ho fatto mie diverse storie delle Olimpiadi, enciclopedie della Gazzetta e diversi classici (Anna Karenina, alcune opere di  Oscar Wilde, Orgoglio e Pregiudizio, Don Chisciotte). 

Quando non c’erano più eventi sportivi in diretta ho visto o rivisto eventi del passato su Youtube o ho fatto collezione di dvd. Ho scoperto che la partita del 2008 tra Nadal e Federer a Wimbledon se è da ritenersi la più bella di sempre lo è per il primo e per l’ultimo set. Ho scoperto la varietà di colpi di quella del 1980 tra Borg e Mcenroe e la grazia della finale di Parigi tra la Evert e la Navratilova. Ho rivisto le finali mondiali dell’Italia di pallavolo femminile e le stupende partite contro Brasile e Cuba dei mondiali del 1990 della nazionale maschile. Ho rivisto la battaglia di Barcellona: la finale olimpica di pallanuoto (dove i telecronisti erano palesemente parziali, però). Ho visto la finale dei mondiali di pallanuoto del ’78 tra Italia e Jugoslavia. Ho rivisto alcuni trionfi sciistici: Compagnoni, Tomba, Belmondo, staffette. No, certo. Non ho finito di rivedere tutto e credo che non finirò mai.

Be’. Direi di aver ricordato anche troppo. Adesso è il momento di pensare alle giornate che mi aspettano. Non c’entra niente, ma ho scoperto che qui vicino c’è un allevamento di visoni. Il governo norvegese non li aveva vietati? Qualquadra non cosa. Prima di ripartire per l’Italia andrò a dare un’occhiata. 

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