La notte io e Adriano dormivamo in un divano situato in quella casa di Grugliasco, che non è il titolo di un film, bensì semplicemente la casa di Cristina ( Torino) che ci ha ospitato. Una volta svegli, abbiamo riportato Cinzia (Bologna) alla stazione dopo aver fatto una gustosa colazione e dopo aver ascoltato alcune frasi storiche di Cristina (“Avevo tre vizi: il fumo, l’alcool e il caffè. Ho rinunciato al caffè”. “Non toccatemi i capelli perché potrei diventare dirigente della Sinar Mas ed essere più nuclearista di Chicco Testa”).
Giunti alla Fiera il buon Alberto ha provveduto alla moltiplicazione dei pass e allo stand ho notato anche una moltiplicazione di volontari o attivisti di Greenpeace. L’idea di salutare tutti fin da subito era quindi esclusa, anche perché da un lato non mi sarei ricordato comunque tutti i nomi e dall’altro c’era già il fermento per le attività da svolgere. Un fermento sempre organizzato e dettato dalla volontà di agire, di fare qualcosa in cui si crede.
Quando si dice che una volta indossata la pettorina di GP, non siamo più Riccardo, Irene, Cristina o chiunque altro, si dice una verità solo parziale. Forse ci caliamo nella parte più autentica di Riccardo, Irene, Cristina ecc. Altrimenti non saremmo stati in piedi a distribuire volantini, a mascherarci da orango, a stare in squadra, a ripetere la richiesta di acquistare o usare carta riciclata o certificata alle persone dalla mattina alla sera ininterrottamente per più giorni.
Quello che resta dentro ogni volta e si riproduce in quasi tutte le occasioni in cui ci ritroviamo è il senso del gruppo determinato da una motivazione forte. Ci sono sentimenti e condivisioni sotto quelle pettorine.
La prima attività che dovevamo fare era quella di inserire dei volantini dentro i libri di alcune case editrici, in modo tale che i lettori, aprendoli, fossero messi al corrente che quell’editore era corresponsabile della deforestazione. In particolare dovevamo colpire quelle case editrici che erano insufficienti nella nostra classifica, ma che non avessero già dichiarato di volersi impegnare (Minimum Fax), non facessero parte di gruppi che avevano almeno una società tra i “bravi” (Bompani del gruppo Rizzoli), non fossero quelle che avrebbero ricevuto attenzioni più specifiche (Mondadori, che aveva dato una risposta insoddisfacente ed era oggetto di spamming ovunque fosse stato possibile e Feltrinelli).
Il fatto che io sia stato così furbo da mettermi una maglina di GP, quindi riconoscibile, quando c’era da fare un’attività in incognito che mi piaceva fare e che da uomo invisibile mi sarebbe riuscita, mi ha solo fatto bestemmiare in sanscrito. La soluzione si è presentata sotto forma di maglietta di Adriano, il quale ben mi ha detto di mettermi la sua usata del giorno prima (al che non ho sollevato obiezioni, data la causa per la quale intendevo cambiare maglietta). Solo che io mi sono invece messo la maglia pulita con le maniche lunghe che lui intendeva usare la sera Non pienamente soddisfatto di ciò, ho anche fatto un giro da orango. E dovete sapere che uscivamo da quei costumi più bagnati che se avessimo attraversato la Manica a nuoto.
Qualcuno potrebbe a questo punto chiedersi se almeno l’attività di guerrilla l’ho fatta. Ebbene no. Perché la Cupola della Sacra Editoria Unita ha inviato una lettera all’Ente Fiera in cui veniva fatto l’invito a buttarci fuori, anche perché volantinare in lontananza dallo stand sarebbe proibito e inoltre perché eravamo in troppi. L’Ente ha accolto le nostre rimostranze basate sul fatto che noi stavamo solo facendo informazione, obbligandoci però a limitarci al volantinaggio e alle performance da oranghi. Non abbiamo quindi svolto il previsto flash mob.
Concentriamoci sul volantinaggio, perché ho trovato moltissima accoglienza benevola da parte delle persone, oltre ad una forte sensibilità e disponibilità all’ascolto. Erano interessate e volevano informarsi.
Così la giornata passava e la fatica non si sentiva o comunque non ci faceva fermare (cosa che sarebbe stata abbastanza impossibile, del resto: non c’era un attimo di tregua). C’erano i badge da mettere al collo delle persone in modo che diffondessero il messaggio mentre passeggiavano o stazionavano negli stand. C’erano i volantini con la classifica degli editori all’interno.
La reazione della gente era, come detto, entusiasmante, almeno per la maggior parte. Quasi tutti prendevano il volantino. In molti si fermavano ad ascoltare le spiegazioni soprattutto se capivano che stavamo dando loro una classifica di editori “che rispettano criteri eco sostenibili nell’acquisto di carta, non si riforniscono dai distruttori delle foreste primarie, usano carta riciclata o certificata”. Chi si fermava notava più o meno le stesse cose: “non si guarda al livello culturale, vero?” (Parlavano di Fazi), “Feltrinelli peggio di Mondadori?”, “Siete dei grandi. Vi ho messo su Facebook” (lasciamo perdere la seconda parte della frase), “No a Feltrinelli”.. Gli si parlava dei passi avanti di Minimum Fax e di De Agostini. Forse il volantino avrebbe fatto più presa alla prima occhiata se avesse avuto come prima pagina la classifica, visto che qualcuno che ha solo preso il volantino senza fermarsi a parlare è tornato indietro a chiedermi spiegazioni. Poi inorgoglisce e motiva sentirsi dire:”Ah, voi siete Greenpeace! Allora ditemi”.
La giornata è stata intensa, dura, impegnativa, ma sempre vissuta col sorriso sulle labbra, la motivazione in testa e molta passione nel cuore. Una giornata tiratissima, ma anche serena,
Ho sentito anche case editrici che volevano essere messe in classifica e qualche persona che chiedeva informazioni per diventare volontario.
Durante la giornata c’è stato l’incontro con la scrittrice per bambini Elisabetta Gnone e la dichiarazione del direttore editoriale della DeAgostini di voler diventare amico delle foreste. Siamo andati come oranghi a ringraziare per l’impegno la scrittrice e l’editore. Gli oranghi in questione erano Irene, Alice (avevate dei dubbi?) e Adriano. Tutti al seguito di Chiara Campione. Il video si trova su internet. Quando è finito, ho potuto ascoltare la dichiarazione di Irene, che aveva quasi le lacrime agli occhi per il coinvolgimento e il trasporto con cui vive certi momenti:”Greenpeace è stupenda: quali altre associazioni riescono ad ottenere questi risultati?”.
Nel tardo pomeriggio, intanto, mi sono rimesso il vestito da orango, tenendolo per circa due ore e cambiando due volte accompagnatore. Ad un certo punto, anziché dire:”Forse è il caso di tornare indietro perché fra poco mi sciolgo come un gelato mangiato sotto il sole d’agosto”, ho detto “Non siamo mai stati al padiglione tre. Perché non ci andiamo?”. Quando ormai allo stand stavano per pensare all’emissione della dichiarazione di morte presunta, abbiamo visto Pierdavide venire a raccoglierci e qualcuno ha notato una mia improvvisa accelerazione nell’entrare dentro lo stand.
Non c’è stato il tempo di riflettere che un gruppo di una quindicina o ventina di persone è partito per una cena di cui non potrò dire niente (perché non c’ero) se non che mi è dispiaciuto non esserci. Si narra di Adriano stipato nel cofano. Si narra di persone che si sono nascoste nel furgone per non farsi vedere. Poi si narra di storie di vita e di cibo, ma non essendo stato presente lancio la palla a chi volesse raccoglierla e raccontarne.
Nel frattempo io continuavo serenamente a volantinare per lo stand (“Se non sei distrutto, puoi continuare un altro po’?”, mi ha detto Pierdavide) e al ritorno degli altri, noi sette che eravamo rimasti, abbiamo optato per un piatto al ristorante indiano dentro la Fiera. Appena in tempo perché non si verificassero casi di cannibalismo.
Gli altri, prima di riprendere (senza tregua) a volantinare, hanno avuto il tempo di andare a vedere Emanuele Filiberto e soprattutto Marco Travaglio, che ha mandato in visibilio Cristina, che ha continuato a citarlo nelle successive venti ore. Probabilmente se lo immaginava come santino che la incitava a tenere duro anche durante l’azione. No, vabbe’. Per tenere duro bastava l’immagine di Greenpeace, in effetti.
Per finire in bellezza. siamo stati invitati anche alla festa da discoteca della Fandango Edizioni. E, malgrado titubanti all’inizio per la paura di svenire dentro i costumi, ben quattro di noi (le “bimbe” pisane, e siamo a tre, più l’inossidabile Alice) si sono vestiti da orango e sono partiti lancia in resta verso la festa. La mattina dopo si sono presentate carichissime e piene di entusiasmo: insomma, pare che si siano divertite un sacco a ballare come oranghi insieme agli umani.