there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Spese pubbliche: una lista.

Da “la lista della spesa” di Cottarelli, alcune note sulla spesa pubblica italiana divisa per settori. Da dettagliare.

ACQUISTI DI BENI E SERVIZI
Frammentazione, centri decisionali sparsi e troppo piccoli, ritardi nei pagamenti e quindi costi più alti, acquisti da società partecipate e conflitto di interessi, difficoltà di avere esperti che sappiano valutare gli appalti, costi degli appalti alti (ogni appalto può costare 50000 euro), quantità acquistate in eccesso, prezzi amministrati fissi e non ridotti, prezzi eccessivi rispetto agli standard, mancanza di un database dei prezzi. Sono solo alcuni dei problemi legati agli acquisti di beni e servizi da parte degli enti pubblici. Come al solito l’efficienza è maggiore al nord che al sud. L’obbligo di pubblicazione sui giornali costa 12000 euro a gara e rappresenta un sussidio ai giornali. È stato trasformato in obbligo di pubblicazione sui siti, ma è ancora disatteso.

AUTO BLU
Funzionari chiamano la macchina per spostarsi per un tragitto che richiede dieci minuti a piedi. Non è colpa loro: è che questa possibilità deve sparire.
Può essere vero che le auto di servizio vengano usate per lavorare e facciano risparmiare tempo (non sempre è così), ma com’è che negli altri paesi non esistono auto di servizio a livello di singoli ministeri o comunque sono in vigore sistemi non così generosi come in Italia?

SPESE MILITARI
Più che spendere troppo si spende male.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
I numeri. 10200 pubbliche amministrazioni, comuni compresi.
Ogni amministrazione è suddivisa in tante parti e ha uffici in tante regioni e tante province. Le stesse regioni hanno uffici non solo all’estero (poche) ma nelle province. L’articolazione dello stato nel territorio aveva senso a fine ottocento, non oggi. Ci sono anche migliaia di centri informatici diversi. 9600 sedi dei ministeri
La struttura territoriale dello stato è antiquata.
Le strutture sono anche inefficienti. Si può arrivare a risparmiare il venti per cento in molte di esse, prendendo dei benchmark di riferimento pure aggiustati per le peculiarità territoriali. Ovviamente la riduzione deve toccare anche il personale per avere i risparmi.
Le regioni e i loro uffici di rappresentanza sono altre fonti di costo e di spreco.
Le forze di polizia sono troppe e scoordinate.
Enti pubblici, agenzie, scuole della pubblica amministrazione, autorità indipendenti, camere di commercio… alcune sono utili solo al dirigente che conquista un’assicurazione sulla vita chiamata stipendio. Sono 198, numero incerto, solo quelle statali, poi ci sono quelle territoriali. I risparmi del 20%, colpendo il personale o semplicemente chiudendo gli enti, sono possibili.
Ci sono dei duplicati come l’Aci e il Pra, c’è la frammentazione dell’ict.
Gli immobili sono enormi e vecchi e con spese elevatissime.
Le province sono 110, ma i capoluoghi sono 117. Esempio Barletta, Andria e Trani: tre capoluoghi per una provincia.

LE SPESE DEI COMUNI
Se escludiamo le partecipate, la spesa dei comuni non incide molto sul debito pubblico. Però ci sono margini di risparmio. Si possono calcolare fabbisogni standard da applicare anche ai comuni virtuosi. La spesa superiore di vari comuni può essere dovuta a qualità superiore, ma questa qualità potrebbe essere pagata dai cittadini con le tasse e non dai trasferimenti statali, che nascono dalla spesa storica. I comuni del nord sono virtuosi perché efficienti probabilmente e non perché hanno una spesa inferiore.

PARTECIPATE
Troppe, varie, inefficienti, in aumento anche dopo la cessione delle imprese statali. Oggi il capitalismo di stato è limitato, anche se la cassa depositi e prestiti non ne è esente. Le partecipate comunali invece sono in aumento probabilmente per compensare i minori incassi derivanti dalle leggi finanziarie. I funzionari inventano trucchi a bilancio, mentre ci sarebbero modi per rendere efficienti i trasporti pubblici locali, le utenze ecc.e ci sarebbe anche il modo di riassorbire il personale. Ci sono pure enti senza dipendenti.

DIPENDENTI PUBBLICI
Sono circa 3 300 000, escludendo le partecipate e gli enti in cui lo Stato ha la maggioranza delle azioni o ne ha il controllo (Ferrovie, Poste ecc.).
Un terzo dei dipendenti stanno nella scuola. Il 22 per cento è nella sanità.
Il 18% nelle province, nelle regioni e nei comuni
Il 7% si trova nei ministeri

Non sono troppi in assoluto rispetto agli altri paesi.
Sono troppi invece i dipendenti delle imprese pubbliche.
Resta che la spesa per pensioni e interessi impedisce di trovare risorse anche per gli stipendi pubblici e quindi diventano troppi anche i dipendenti.
Ci sono squilibri tra settori in eccesso e in scarsità e differenziazioni regionali col nord virtuoso e le regioni a statuto speciale con eccesso di personale.
Esistono margini di risparmio e di riallocazione. 85000 è il numero di licenziabili, in sostanza?
In sé il personale pubblico può essere licenziato, seguendo una procedura prevista da una legge Brunetta. Vale anche l’art.18. Lettera morta. Ogni proposta di revisione della spesa non include mai riduzioni di personale. Nel 2013 sono stati licenziati mille dipendenti, trenta su centomila.
Blocco del turnover. Avrebbe potuto essere mirato, riferito ai luoghi dove c’è eccesso di personale e invece è stato lineare, ma con esenzioni e non sempre applicato. Non è vero che ci sia un fenomeno di invecchiamento del personale da emergenza.
Riallocazione delle risorse. Possibile senza proteste a soli 50km di distanza.
La scuola è esentata dal blocco. L’anzianità della forza lavoro la riguarda tutta e non solo il pubblico.
Ogni anno va in pensione solo il 2,5% dei dip pubblici. Prima della Legge Fornero i pensionamenti erano di più.
Sarebbe possibile internalizzare dei servizi dati all’esterno usando risorse attualmente in eccesso.
Prepensionamento: al momento il risparmio è basso visto che la parte retributiva della pensione è preponderante. Inoltre c’è il rischio che vi sia uno stimolo al prepensionamento dai privati.
I dirigenti pubblici vengono pagati troppo, con indicizzazioni alla scala mobile, non vengono mai licenziati, hanno retribuzioni non legate alle performance.
Fino al 2010 gli stipendi del pubblico erano cresciuti più di quelli del privato, poi la situazione si è riallineata in parte, ma il blocco del rinnovo dei contratti è giustificato. Resta comunque una giungla retributiva.

LE MANCETTE
Micro spese da 200 milioni annui.

I COSTI DELLA POLITICA
No comment.

I SOLDI ALLE IMPRESE
32 miliardi. Non sempre si tratta degli aborriti sussidi diretti. A volte sono acquisti di beni e servizi o spese per infrastrutture. È necessario il sussidio o l’acquisto o la costruzione dell’opera?
Non tutte sono spese, visto che alcuni sono prestiti e non rientrano nel calcolo del deficit (quindi una loro riduzione non permetterebbe in sé la riduzione delle tasse)
Discendono da contratti. Spesso sono rinnovate.
Poi ci sono le agevolazioni fiscali.
Sussidi a ippica, cinema, giornali, scuole private, autotrasporto, ricerca (che sarebbe importante e viene all’ultimo posto, mentre gli altri sussidi sono ridicoli).
Trasferimenti vengono dati alle ferrovie. Trasferimenti vengono dati alla rai.
Trasferimenti vengono dati alle regioni.
Si hanno aliquote diverse dell’iva e agevolazioni fiscali. Sarebbe meglio avere un’aliquota iva e poi fare trasferimenti diretti.

SPESA SANITARIA
Per quanto ci siano dei miglioramenti da fare e delle riorganizzazione, è la voce di spesa qualitativamente e quantitativamente migliore.

SPESA PENSIONI
Il grande buco, colmato in parte grazie alla Legge Fornero.

Non è possibile lasciare nuovi commenti.