Siamo andati in trasferta. Io e Clara. A vedere Juventus- Fiorentina. mercoledì 10 novembre ’04.
Quel che segue è una specie di racconto su questo evento.
Per mia mamma il problema maggiore era il tempo. Lei ha questa avversione verso la pioggia, la neve, il vento, la nebbia, insomma verso una percentuale maggioritaria dei fenomeni atmosferici esistenti.
Già da piccolo venivo cautamente protetto da ogni avversità meteorologica. Quando nevicava mi coprivo come se dovessi passare una notte in vetta al monte Everest senza cibo né riparo. Bastava una semplice nevicata: non necessariamente quella fantastica del 1978.
C’erano anche aspetti molto positivi. Per esempio non andavo a scuola. Una volta babbo disse in classe, prima elementare, che la volta prima ero rimasto a casa “causa tempo” e questo suscità l’ilarità generale, specialmente della maestra, nonché il mio imbarazzo. Però io ero rimasto a casa e quindi ero il vincitore nei confronti di chi aveva dovuto andare malvolentieri a scuola o al lavoro.
Insomma, prima della partita, mia mamma era preoccupata che mi prendessi un raffreddore: poi potevano anche tirarmi olio bollente in testa o darmi delle manganellate da far paura. Era fuori dalla sua comprensione, a differenza che da quella di babbo, che uno potesse andare a vedere una partita di calcio e rischiasse di tornare con una costola in meno, senza nemmeno generare una donna.
La mia preoccupazione principale era la pipì. Una volta, in una gita con la scuola, alle medie, tornai da Venezia senza averla fatta dalla mattina appena alzato. Il viaggio di ritorno fu un incubo. Mi immaginavo vesciche scoppianti e allagamenti di pullmann. Mi vedevo con Dante all’inferno condannato a navigare nell’urina. Alla fine mi liberai del peso ai bagni pubblici di Stia.
Per la visita militare mi salvò, il secondo giorno, una bottiglietta di succo di frutta, dove non c’era del succo di frutta, che mi ero preparato a casa il giorno precedente.
In qualche modo queste cose sono scomparse. In direzione Torino sono andato in bagno quattro volte tra le otto di mattina e le quattro del pomeriggio e nessuna per le successive tredici ore! Il blocco successivo era quindi quello positivo: alle partite non si patisce né freddo, né fame. Ci si diverte e si sta bene col mondo!
In ogni caso, non era mai stato in discussione il fatto che saremmo andati, perché l’idea era stata di Clara, non mia. Fu lei che mi mandò un messaggio chiedendomi se volevo andare a Torino a vedere Juventus – Fiorentina. La mia risposta positiva determinò una pletora di nuovi messaggi in cui si parlava di realizzazione di sogni e di felicità regalate. A quel punto non si poteva dire di no. Quante volte diciamo che la felicità di un altro è la nostra? Io ben poche. Però quelle poche sono vere. Per cui andammo!
Alle 11, 30 il ritrovo con Clara è stato presso la panineria Scheggi, dove mi sono rifornito di pranzo leggero e frugale. Inoltre, soprattutto, un pranzo che non metteva assolutamente sete! Schiacciatina con speck salato e salsa Portillo, dal nome dell’attaccante della Fiorentina. Famoso, lui, per non giocare nemmeno dopo il cambio di allenatore. Non molto famosa, lei, la salsa, ma piccantissima! Avrebbe quasi ucciso un messicano!
Ci siamo diretti verso i pullmann del Centro di Coordinamento Viola Clubs e chi ti abbiamo beccato? Uno di Stia! E’ la nota legge del “non si fa mai pulita”. Se un giorno andassimo in Tibet troveremmo uno stiano travestito da lama!
Comunque, siamo saliti nel pullmann, verso il centro, e a mezzogiorno e mezzo è iniziato il viaggio. Stranamente siamo stati tra i più fortunati. Gli altri pullmann, infatti, sarebbero partiti un’ora e venti più tardi causa guasti. Ora, per andare allo stadio di Torino converrebbe passare da Genova, ma sembra che l’autostrada fosse bloccata, per cui abbiamo fatto la meravigliosa A1, che di solito si trova nella Hit Parade di Isoradio per le code di traffico. Infatti ne abbiamo beccata una di un’ora e mezzo tra Bologna e Modena dove, dicono, stanno costruendo la quarta corsia. Per di più ancora non sapevo se, una volta scesi all’autogrill, mi si sarebbe ripresentato il problema pipì.
La capo-pullmann, una donna che avrebbe messo sull’attenti perfino Schwarzenegger, era stata categorica: scenderemo solo a Piacenza!
Che dire della clemenza del tempo? D’accordo che a novembre piove. E’ automatico. Come ci immaginiamo novembre? Cielo grigio e pioggia.
E’ stato proprio così. Una pioggia che a volte era scrosciante (come capita di solito quando sei fuori casa e hai dimenticato l’ombrello, magari sei perfino allo stadio e la becchi tutta) e a volte era quella pioggerellina da suicidio con nebbia intorno che sembra non ti bagni e poi arrivi in un luogo asciutto e ti chiedono se possono fare una nuotata sui tuoi vestiti.
Il fatto è che fino a pochi giorni prima c’erano tra i venti e i trenta gradi. Perfino in montagna! Okay che era strano allora. Però attorno al dieci novembre c’è anche l’estate di San Martino. Noi siamo balzati in un giorno dal sole alla neve! Quale poteva essere quel giorno, se non quando dovevamo andare a Torino?
Forse c’era più nebbia dentro il pullmann che fuori. Il pullmann era inondato dalla nebbia-cannabis: uno strano tipo che si propagava dal retro e ci permeava, tanto che a un certo punto avremmo potuto fare orge di gruppo, balli acidi come negli anni sessanta, parlare con gli uccelli come San Francesco (o Alessandro Del Piero), immaginare che un treno ci piombasse addosso e fuggire atterriti come alla presentazione del primo film dei fratelli Lumiere e così via.
Noi, intanto, parlavamo. Non dissertavamo di filologia applicata alle macchine da cucire nella storia dell’antichità hittita per l’opposizione di Clara che volle parlare di alcune operazioni aritmetiche, vale a dire del più e del meno.
Molto interessanti erano i cori che ci giungevano dal retro. In pullman c’erano donne-cannabis, ragazzi urlanti, ragazze con fidanzato più “cattive” del fidanzato (era lei che cantava: “Mi ricordo lo stadio Heysel, le bandiere del Liverpool, diecimila partirono, trentanove non tornaron più, era il giorno del gran massacro, per i viola un giorno sacro, scorre il sangue sulle bandiere delle merde bianconere”).
Prima di arrivare all’autogrill, la capo-pullmann ha effettuato in pompa magna la seguente comunicazione:
“Siamo soli! Senza scorta!”. “Scendiamo all’autogrill. La digos…ha i vostri nomi. Sono io responsabile per voi. Se succede qualcosa la colpa è vostra”.
Dopo di che sono partiti dei cori del tipo “Non rubiamo mai. Questa volta sì”, al che lei ha affermato di sentirsi presa in giro. Al rientro Vincenzo ci ha offerto dei cioccolatini dicendo che “paga l’autogrill”…
Chi è Vincenzo?
Vincenzo è un tipo che, dopo aver fumato, bevuto, cantato, ha deciso di provarci con due o tre ragazze, tra cui Clara. Partito con calma e tranquillità (“Vuoi questo Toblerone?”, senza allusioni: era un vero Toblerone), è poi passato all’azione con Clara, partendo dal presupposto che io non potevo essere suo fidanzato, già prima di averne la conferma.
Io gli davo spago, così lui ha detto che avrebbe fatto una colletta per pagarmi. E’ stato a provarci in pubblico con Clara per tutta la seconda parte del viaggio: dalle quattro alle otto e anche un po’ nel dopo-partita.Ogni tanto mi dava noia, ma faceva anche ridere. Parlava sempre e comunque ad alta voce, chiamando amici (suoi) che erano anche vicini (nostri) per far loro dichiarare che non è un bugiardo cronico.
Vincenzo sosteneva di essere rimasto stregato dagli occhi di Clara. continuato a dirle quanto fosse bella, quanto i suoi (di lei) occhi fossero magnifici, poi si è buttato sul poetico affermando che era una stella, che riempiva l’universo, che era una rosa ma “mentre le rose durano un giorno, noi dureremmo una vita”. Nel frattempo tutti si sbellicavano. Lui ha anche provato il metodo “ti tengo la mano” e alcuni sbaciucchiamenti in testa, poi ha affermato che se lei voleva lasciare il suo attuale fidanzato lui si sarebbe fatto trovare pronto e che per lei sarebbe passata in secondo piano perfino la Fiorentina.
Sembra che abbia fatto il pompiere, il volontario della Misericordia (o Croce Rossa) e altro. Sembra che attualmente faccia il disoccupato. Affermava di aver visto un sacco di scene comiche. Raccontava aneddoti sui giocatori di cui aveva tutte le maglie e di cui era amico, sulle ragazze che lo cercavano solo per i giocatori, sulle sue avventure con ragazze varie (a volte però si ripeteva: ha detto quattro volte che c’erano ragazze con delle tette come airbag della mercedes. ), sulle sue avventure da pompiere (“una volta entrammo in una stanza ma era quella sbagliata e c’erano due a fare l’amore”, “una volta erano rimasti incastrati due uomini mentre lo facevano”, “hanno chiamato per dire che c’era un incidente a un circolo di Prato. Ora. Ci saranno ventimila circoli a Prato”, “una volta ho conosciuto una ragazza che poi si è rivelata essere un travestito”), sul fatto che ha vissuto migliaia di storie interessanti (“Potrei raccontare di quella volta…oppure di quella volta…”: ecco. Qui mi sembrava costruito, come se recitasse un copione. Come se citasse qualche sketch. Però notevole).
Infine, tra frasi poetiche, alcuni tentativi di essere serio (sorella morta a diciott’anni?) e una serie continua e impressionante di battute, ogni tanto snocciolava alcuni rosari di bestemmie non indifferenti.
Intanto a Torino i tifosi del Toro volevano entrare e si sentiva parlare di alcuni scontri. alla fine siamo arrivati! Entrare per una porticina stretta fra gente che ti saliva sulle spalle o ti schiacciava non era facile, ma alla fine siamo entrati interi. Per fortuna non abbiamo preso gli zaini, dove c’era la gustosa cena a base di pane e prosciutto! Anche perché non avremmo avuto certo il tempo di mangiare. Né, soprattutto, la voglia o il pensiero. C’era solo la partita! Specialmente dopo otto ore di viaggio!
Per la cronaca non mi hanno controllato il biglietto. C’era ressa.
Erano così le 20.45 circa. Eravamo al Delle Alpi. La mia prima trasferta in serie A. Per di più una delle trasferte più a rischio.
Coro d’ordinanza: “Siamo arrivati! O Gobbi siamo arrivati!”.
Siamo finiti per effetto “corriamo tra file di persone fino al primo posto libero da cui si può vedere la partita”, al terzo anello e…da quel momento il tempo è volato.
Di solito mi piace gustare l’atmosfera del pre-partita, specie quando ci sono partite importanti in cui devi far crescere la tensione e l’euforia e le leggi negli occhi delle persone che piano piano riempono lo stadio. Poi la partita la sento minuto per minuto, quindi la percepisco come se non finisse mai. Inoltre canto moltissimo e anche questo serve per scaricare la tensione. Poi capita che qualcuno segni e allora o è felicità assoluta, leggerezza, o delusione. Anche allora cantare serve a sfogarsi o a lasciar scorrere le emozioni.
Stavolta, invece, mi sembra che la partita sia durata un attimo. Forse è stata la lunghezza del viaggio a generare questa sensazione.
Comunque ho cominciato a cantare e non ho più smesso. Come il giorno dello spareggio. Come anni fa. Come avrei fatto se fossi andato allo stadio ai tempi delle superiori. Come facevo ai tempi universitari. Come quando ci tenevo tantissimo alla Fiorentina.
Inoltre c’era la Juve. L’odio verso di lei e verso gli juventini si era annacquato già da tempo anche perché avevo conosciuto strani esemplari di juventini simpatici. Non solo: è successo di trovare amicissimi e amichissime bianconeri
In ogni caso eravamo in terra nemica. Si doveva infamare e insultare. Gli unici che non facevo erano i cori contro Del Piero perché lo avevo promesso a Clara. Per il resto li facevo tutti, anche i più cattivi, anche in modo sentito. Le sensazioni di una volta. Contro qualcuno o qualcosa. In quei momenti tutti i discorsi e i ragionamenti non valevano niente. Valeva l’essere tifoso, anzi in quel caso fanatico (anche un po’ stronzo, direbbe qualcuno).
Da un punto di vista tecnico è stata una partita discreta, tenendo conto del livello calcistico attuale, che poi mi sembra perfino migliore rispetto a come giocavano negli anni novanta (le tonnare). Nel primo tempo ha attaccato solo la Juve, anche se sembra che Maresca (giocatore viola) abbia sbagliato un gol clamoroso a inizio partita, quando noi eravamo in pullmann. Nel secondo tempo, però, la Fiorentina ha avuto qualche limpida palla gol, ma l’ha sciupata. La Juve ne ha avuta una e ha segnato. Poi, alla fine, sembrava che un rigore fosse stato negato ai viola. Il classico “Sapete solo rubare!” non poteva mancare, anche se quando una squadra è sempre tra le prime non è solo questione di furti o di sudditanza psicologica. E’ una serie di combinazioni, anche basate sul potere, certo, che alcune società, come la Juve o il Milan, hanno, ed altre, come l’Inter, no. Ma basta con questi discorsi fatti con la testa. Lì dentro c’erano Tifo! Passione! Entusiasmo! Grinta!
Ma come? E’ già finita? Ebbene sì. Così siamo rientrati in pullmann e ci sono stati alcuni attacchi a poliziotti e carabinieri. Questi hanno allora cominciato a caricare. Ovviamente contro chiunque capitava loro a tiro. Che c’entrasse o no. Ma non c’è bisogno di dilungarsi sui loro misfatti.
Una volta ripartiti verso Firenze siamo stati scortati fino a Piacenza e la capo-pullmann ha discusso col capo poliziotto (“col casco e il manganello sembri proprio un playmobil”) sulla necessità di fermarsi ad un autogrill per fare pipì, problema sentito in modo particolare dalle donne.
Saranno state le due? Un film andava in onda in tv. Perfino Vincenzo si era acquietato. Eravamo tristi per la sconfitta. Eravamo contentissimi (io e Clara) per l’avventura. Ci siamo messi a dormire.