Quali sono i punti essenziali dell’accordo seguito alla Cop 21, la conferenza internazionale per affrontare i cambiamenti climatici? Qui il testo completo.
1,5 GRADI
L’accordo pone l’obiettivo di fermare il riscaldamento “ben al di sotto dei 2 °C” dai livelli preindustriali ma cita anche la volontà di contenerlo entro gli 1,5 °C. Questo è più di quanto molti Paesi pensavano fosse possibile prima della Cop, però lascia con l’amaro in bocca i delegati di molte isole e dei Paesi più vulnerabili poiché questi avrebbero voluto da subito la fissazione dell’obiettivo al di sotto di 1,5 gradi.
Sappiamo che esiste un livello massimo di temperatura al quale tutto il ghiaccio della Groenlandia e quello dell’Antartico Occidentale si scioglierebbero. Stare sotto i due gradi dovrebbe evitare il problema, ma chiaramente la probabilità di scongiurare questo evento è più alta se il rialzo della temperatura dai livelli pre industriali viene mantenuto sotto il grado e mezzo.
Il resto dell’accordo, però, ha sottolineato a Wired Steffen Kallbekken, direttore del Centre for International Climate and Energy Policy, non sarebbe coerente con l’obiettivo.
Il testo infatti non fornisce una chiara road map, né obiettivi a breve termine, ma si basa completamente sulle Indc dei singoli paesi. Queste dovranno sì essere revisionate nel 2018, ma allo stato attuale mettono il mondo in una traiettoria di aumento della temperatura tra i 2,7°C e i 3,7°C.
BILANCIAMENTO, GAS NEUTRALITY O DECARBONIZZAZIONE?
L’obiettivo a più lungo termine è quello di smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente. In base al testo dell’accordo, al 2050 deve essere raggiunto un bilanciamento tra gas serra emessi e trattenuti (dalle foreste o nel sottosuolo) tale per cui la loro differenza sia pari a zero.
Manca però una timeline e questo rende il messaggio non perfettamente chiaro per gli investitori. Il termine “balanced” come il termine “greenhouse gas neutrality” lascia spazio alle interpretazioni. Come riporta Coral Davenport, un giornalista ambientale, al NYT: “Gli ottimisti sostengono che queste parole indicano chiaramente all’industria fossile che la maggior parte delle riserve rimanenti di carbone, petrolio e gas deve restare sotto terra non essere bruciata. Però il testo non dice, a differenza di una versione precedente, che l’obiettivo sia quello di raggiungere la neutralità nelle emissioni di gas serra e questa modifica è stata voluta dalle nazioni produttrici di petrolio. Il testo uscito suggerisce che almeno alcune fonti fossili potranno essere bruciate fin tanto che una quantità pari sarà assorbita, per esempio, da nuove foreste.
Restiamo sul punto del linguaggio usato. Anche il termine di gas neutrality, comunque più stringente rispetto a quanto appare nel testo finale, era da ritenersi ambiguo e non del tutto soddisfacente per chi auspicava una totale decarbonizzazione.
MANTENIMENTO DELLE FORESTE
Le parti sono incoraggiate ad agire per conservare intatte le foreste. Le parti sono incoraggiate a ridurre le emissioni derivanti dalla deforestazione e dalla degradazione delle foreste. Inoltre sono incentivate a conservarle, a gestirle in modo sostenibile e pure a incrementarle. Occorre anche incentivare i benefici di tale approccio che non riguardano le emissioni di gas serra, ma anche gli amenity values, la conservazione della flora e della fauna e così via.
Sostanzialmente i paesi tropicali verranno pagati con denaro pubblico o privato se riducono la deforestazione.
REVISIONE E TRASPARENZA.
Per quanto riguarda i meccanismi di trasparenza e revisione, il testo stabilisce una cornice flessibile all’interno della quale si chiede alle nazioni di presentare regolarmente un inventario delle emissioni prodotte e assorbite, aggiornamenti sui progressi fatti nel raggiungimento degli obiettivi previsti e informazioni sul trasferimento di capitali e conoscenze tecnologiche e supporto alla capacity-building
Gli impegni nazionali saranno rivisti ogni 5 anni, ma solo per renderli più ambiziosi; sempre ogni 5 anni si farà il punto sui progressi fatti; la contabilizzazione dei progressi fatti ha sempre suscitato la contrarietà dei Paesi emergenti, in particolare della Cina. Le nazioni irrispettose potranno sentire il fiato sul collo. Dovremo vedere quanto possa essere efficace il principio del “name or shame:” se non rispetti i patti, sarai svergognato di fronte al mondo. L’accordo invita le nazioni a porsi degli obiettivi via via più stringenti e a definire delle politiche che permettano di raggiungerli o anche di superarli. Il punto della trasparenza è stato voluto con forte intensità da Stati Uniti e Unione Europea. In particolare gli Stati Uniti hanno voluto che venisse creato un sistema per il quale tutti gli Stati fossero valutati nei loro progressi. La verifica dei progressi fatti e dei rapporti presentati dai vari Paesi sarà comunque flessibile, non punitiva, non intrusiva.
L’accordo sui cinque anni è stato raggiunto dopo avere superato le obiezioni dell’India, che chiedeva un ciclo di revisione ogni dieci anni..
LOSS AND DAMAGE, (cioè le compensazioni economiche per aiutare in Paesi in via di sviluppo in mitigazione e adattamento nonché per compensare i Paesi colpiti fin da adesso in misura massiccia dal climate change.)
E’ stata prevista la costituzione di un fondo di 100 miliardi di dollari all’anno a partire dal 2020. L’accettazione di questo punto ha portato a un compromesso nel senso che mancano obblighi e sanzioni (difficili da comminare anche perché non è chiaro chi le avrebbe comminate.) Non è nemmeno stabilito come sarà ripartito il fondo né come si genererà o chi vi parteciperà. E’ stata eliminata la parte del testo in cui venivano previsti degli obblighi collettivi di breve termine. In sostanza i Paesi sviluppati hanno riconosciuto il pericolo di danni permanenti, di perdite naturali e umane, di scomparsa di territori o di isole intere, con ciò acconsentendo a stabilire una quota da destinare a chi subirà in anticipo e con più forte intensità i danni causati dal cambiamento climatico (Maldive, Vanuatu ecc.)
La presenza di obblighi e sanzioni nel testo avrebbe reso difficoltosa se non impossibile la ratifica dell’accordo da parte del Congresso statunitense. ”. I 100 miliardi l’anno a partire dal 2020 sono un punto di partenza e ulteriori fondi devono essere stanziati in misura che sarà decisa nel 2025. Mancano dettagli sulle effettive dimensioni di questi finanziamenti, su quando e su come saranno forniti
Tutti i meccanismi previsti per il funzionamento dall’accordo di Parigi andranno inoltre messi a punto nel tempo: quelli sulla cooperazione internazionale, sull’adattamento, sul trasferimento tecnologico e sugli aspetti finanziari.
Dunque, la strada è lunghissima, secondo alcuni ancora troppo legata alla volontà dei singoli governi (attuali e futuri). Essi non sono soggetti a nessun vincolo giuridico-legale e non saranno sanzionati in caso di non raggiungimento degli obiettivi da loro stessi indicati. L’accordo riconosce anche l’importanza di investire di più in adattamento e contrasto, ma anche qui non entra nello specifico di azioni concrete e fondi stanziati, pur stabilendo che dovranno essere i Paesi sviluppati a fornirli. Conferma poi il Meccanismo di Varsavia per la valutazione delle perdite e dei danni subiti da alcuni paesi a causa del riscaldamento globale, anche se esclude la possibilità di individuare responsabilità civili o di stabilire risarcimenti specifici.
ALTRO
E’ consentito l’uso volontario di certificati di scambio di emissioni.
Il testo non fa menzione delle emissioni legate ai trasporti aerei e a quelli marittimi, a differenza di quanto richiesto dall’Unione Europea.
La cerimonia ufficiale di firma sarà il 22 aprile 2016 a New York e l’entrata in vigore del trattato, non prima del 2020, avverrà entro 30 giorni da quando almeno 55 parti responsabili di almeno il 55% delle emissioni di gas serra lo avranno ratificato
Fonti:
http://www.vox.com/2015/12/12/9981020/paris-climate-deal
http://www.qualenergia.it/articoli/20151212-cop21-c-%C3%A8-l-accordo-finale-i-punti-principali
http://www.carbonbrief.org/analysis-the-final-paris-climate-deal
http://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/12/12/cop21-accordo-parigi-clima/
http://www.nytimes.com/2015/12/13/world/europe/climate-change-accord-paris.html
http://www.nytimes.com/interactive/2015/12/12/world/paris-climate-change-deal-explainer.html?smid=fb-share&_r=3
https://cop21wwf.wordpress.com/2015/12/11/non-inventatevi-formule-ambigue-meglio-le-emissioni-zero/