Quanto segue è stato preso da articoli o commenti presi dai seguenti siti o rapporti:
Semplifica
Wired
Salmone
Blog di Dario Bressanini su “Le Scienze”
Biotecnologiebastabugie
Sono argomenti da rivdere e approfondire, come sempre
AGRICOLTURA BIOLOGICA
Biotecnologie: Basta Bugie! scrive:
Il tema del biologico è un tema delicato. Vediamo di scomporlo su 2 piani diversi. Uno personale e
uno globale.
Sul piano personale ciascuno è libero di mangiare quel che vuole e di operare le sue scelte non
solo sulla base di rigorosa razionalità, ma anche sulla base di scelte emotive (altrimenti tutti
mangeremmo vegetali tuttalpiù integrati da cose come il quorn o la spirulina). Sia chiaro, se uno
sceglie il biologico non necessariamente sceglie un prodotto più sano e migliore per l’ambiente,
semplicemente sceglie un prodotto che gli piace e che lo rassicura (anche su quegli aspetti).
Sul piano globale la produzione biologica risulta sostenibile solo a patto di rinunciare alle
produzioni zootecniche che oggi si “mangiano” gran parte dei raccolti. Se dovessimo produrre le
stesse quantità di oggi con sistemi a basso input la terra non basterebbe. Inoltre ogni ettaro in più
coltivato significa un ettaro in meno per la biodiversità del pianeta… quindi meglio produrre molto
con poca terra che poco con tanta terra.
Alcuni link di approfondimento:
1) cosa succederebbe al pianeta se facessimo solo agricoltura biologica.
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2008/05/che-ora-la-fine-del-mondo.html
2) perchè è meglio per la biodiversità produrre tanto con poca terra piuttosto che poco con tanta
terra (biologico).
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2009/05/ogm-e-biodiversita-hippo-pippo-dilemma.html
3) perchè l’agricoltura intensiva è indispensabile per la sostenibilità.
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2008/11/parlano-bene-ma-razzolano-male.html
AGRICOLTURA BIOLOGICA: DIECI VERO E FALSO
1)
L’agricoltura biologica non fa uso di pesticidi
FALSO
L’agricoltura biologica non può fare uso di pesticidi di sintesi, ma ne utilizza alcuni di origine
naturale. L’agricoltura moderna fa largo uso di prodotti per proteggere le colture da infestanti e
parassiti. Queste sostanze vengono collettivamente identificate dal termine pesticidi o più
correttamente agrofarmaci: erbicidi, insetticidi, fungicidi e così via. Queste sostanze sono
strettamente regolamentate e la maggior parte di esse non sono utilizzabili in agricoltura biologica
perché non di origine naturale. Alcuni prodotti naturali invece ammessi sono la famiglia di molecole
chiamate piretrine, lo spinosad, il batterio Bacillus thuringiensis, oppure alcune sostanze usate
tradizionalmente quali il solfato e l’idrossido di rame, lo zolfo, alcuni oli minerali e così via.
Nonostante siano di origine naturale alcune delle sostanze ammesse possono comunque avere un
impatto ambientale non trascurabile: il rotenone ad esempio, una sostanza naturale, era permessa
in agricoltura biologica ma a causa della sua tossicità è in via di eliminazione dai protocolli di
coltivazione. I sali di rame, ampiamente utilizzati come fungicidi, sono tossici, si accumulano nel
terreno e non vengono eliminati facilmente.
[http://www.cra-pav.it/bancadatibiologica/iniziale.asp]
2)
L’agricoltura biologica ha rese comparabili a quella convenzionale
DIPENDE
Le rese per ettaro dell’agricoltura biologica sono solitamente più basse di quelle dell’agricoltura
convenzionale, ma molto dipende dal tipo di coltura e dalle condizioni ambientali. In alcuni casi non
si sono riscontrate grandi differenze medie di rese tra i due sistemi agricoli, mentre in altri le
coltivazioni biologiche arrivano a produrre anche il 50 per cento in meno. Secondo una recente
analisi pubblicata su Nature se le rese sono solamente il 3 per cento in meno per la frutta
biologica, del 5 per cento in meno per i legumi e dell’11 per cento in meno per i semi oleosi, le
perdite di produttività per i cereali e gli ortaggi sono molto maggiori, attestandosi rispettivamente
intorno al 26 e al 33 per cento. Secondo questo studio globalmente le coltivazioni biologiche
producono il 25 per cento in meno, un valore simile a quelle riscontrate in altri studi.
[“Comparing the yields of organic and conventional agricolture”, Seufert et al. , Nature 485, 229–
232 (2012)]
3)
I prodotti biologici hanno migliori proprietà nutrizionali
FALSO
Nel 2010 è stata pubblicata una rassegna sistematica, commissionata dalla Food Standard Agency
britannica, di tutti gli articoli scientifici pubblicati dal 1958 di confronto del contenuto nutrizionali tra
prodotti bio e convenzionali. I risultati mostrano una certa variabilità ma a parte casi specifici -ad
esempio i cereali biologici sono mediamente più poveri di proteine mentre i pomodori biologici
sono mediamente più ricchi di vitamina C- non ci sono prove che dimostrino sostanziali differenze
nutrizionali tra alimenti biologici e convenzionali. Conclude il rapporto: “Per la maggioranza dei
nutrienti esaminati non è stata rilevata una differenza nel contenuto di nutrienti e altre sostanze tra
prodotti biologici e convenzionali, il che suggerisce che i prodotti biologici e quelli convenzionali
siano largamente confrontabili”
Nel 2012, indipendentemente, dei ricercatori dell’Università di Stanford hanno pubblicato una
seconda rassegna sistematica, arrivando sostanzialmente alle medesime conclusioni.
[“Nutritional quality of organic foods: a systematic review.”, Dangour et al., The American journal of
clinical nutrition 90.3, 680-685 (2009) http://ajcn.nutrition.org/content/90/3/680.short
Smith-Spangler, Crystal, et al. “Are organic foods safer or healthier than conventional alternatives?
A systematic review.” Annals of Internal Medicine 157.5 (2012): 348-366. http://
media.dssimon.com/taperequest/acp75_study.pdf]
4)
I prodotti biologici hanno meno residui di pesticidi.
VERO
Nel 2009 l’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, con sede a Parma) ha pubblicato
un rapporto sui residui di pesticidi sugli alimenti nella UE. Sono stati analizzati 74.305 campioni di
circa 350 prodotti alimentari diversi. Il 96 per cento dei campioni sono risultati conformi ai limiti di
legge mentre nel 4 per cento dei casi sono stati superati i limiti legali per uno o più pesticidi. Se si
considerano gli alimenti biologici, la percentuale di prodotti con residui nella norma è del 98,76 per
cento mentre l’1,24 per cento era fuorilegge.
Uno studio effettuato in Lombardia tra il 2002 e il 2005 dal Centro Internazionale per gli
Antiparassitari e la Prevenzione Sanitaria, presso l’ospedale Luigi Sacco di Milano, ha mostrato
come il 73 per cento dei campioni di prodotti agricoli convenzionali non riportasse alcun residuo,
mentre esaminando i prodotti biologici questa percentuale arrivasse al 97 per cento.
5)
I prodotti biologici sono più sicuri di quelli convenzionali
FALSO
La certificazione biologica di un prodotto garantisce che durante la coltivazione o la produzione
siano state rispettate le varie normative e i regolamenti. Ad esempio che non siano stati utilizzati
fertilizzanti di sintesi o fitofarmaci non ammessi. Non è quindi una certificazione sulle proprietà del
prodotto finale ma sul processo di produzione. Tutti i prodotti agricoli in commercio, siano essi
convenzionali o biologici, devono rispettare rigorosi criteri di sicurezza e devono quindi essere
sicuri per il consumatore indipendentemente dal metodo di coltivazione.
6)
L’agricoltura biologica promuove la biodiversità
VERO
Uno degli obiettivi espliciti dell’agricoltura biologica è la preservazione della biodiversità. Una
rassegna pubblicata nel 2005 ha preso in esame 76 studi di confronto della biodiversità esistente
in campi coltivati in modo biologico e convenzionale. Nonostante una grande variabilità l’analisi ha
messo in evidenza una tendenza generale: spesso le coltivazioni biologiche supportano una
maggiore biodiversità di quelle convenzionali. Ad esempio su tredici studi volti a misurare il numero
di vermi presenti nel terreno, sette ne hanno trovati di più nei terreni biologici, due in quelli
convenzionali, mentre quattro studi non hanno osservato differenze. Simili risultati sono stati trovati
per uccelli, ragni, mammiferi, microbi e così via. Tuttavia è anche necessario considerare che
l’agricoltura intensiva, più dannosa per la biodiversità se misurata per unità di area, richiede
mediamente una minore superficie per produrre la stessa quantità di cibo e quindi permetterebbe
di lasciare incolta una maggiore quantità di terra e di preservarne la biodiversità, specialmente nei
paesi in via di sviluppo.
[“Does organic farming benefit biodiversity?”, Hole et al. Biological conservation, 122, 113-130
(2005)]
7)
L’agricoltura biologica ha un impatto ambientale minore rispetto all’agricoltura
convenzionale.
DIPENDE
Nel 2012 è stata pubblicata una analisi che raccoglie i risultati di 71 studi indipendenti sull’impatto
ambientale dell’agricoltura biologica in Europa prendendo in esame i vari aspetti: la qualità del
suolo, la biodiversità, il rilascio di composti azotati nella falda acquifera, il consumo energetico e
così via. I risultati mostrano che è sempre necessario distinguere caso per caso. Ad esempio la
produzione biologica di olive e carne di manzo causa meno emissioni di gas serra della produzione
convenzionale, mentre per il latte, i cereali e i maiali è vero il contrario. In generale lo studio mostra
come le pratiche dell’agricoltura biologica abbiano generalmente un impatto positivo sull’ambiente
per unità di superficie, ma a causa delle minori rese non necessariamente per unità di prodotto. In
altre parole, un’azienda agricola biologica che produce ortaggi può, a parità di superficie coltivata,
rilasciare meno azoto nella falda, ma ogni singolo ortaggio raccolto nei suoi campi potrebbe avere
un impatto sulla falda maggiore di uno analogo prodotto in modo convenzionale.
[“Does organic farming reduce environmental impacts?–A meta-analysis of European research.”,
Tuomisto et al. Journal of environmental management 112, 309-320 (2012)]
8 )
I prodotti biologici sono più contaminati da micotossine
FALSO
Le micotossine sono sostanze tossiche prodotte da alcuni funghi o muffe in condizioni climatiche
favorevoli che possono contaminare cereali e derivati, arachidi, semi oleosi e altri prodotti agricoli.
Poiché alcuni cereali entrano a far parte della composizione dei mangimi, queste tossine si
possono ritrovare anche in prodotti come il latte o i formaggi. Le micotossine più note sono le
aflatossine, cancerogene e genotossiche. È diffuso il timore che i cereali biologici possano essere
più predisposti alla contaminazione da micotossine a causa della limitata protezione delle colture
biologiche dall’attacco di funghi e muffe. Tuttavia i confronti pubblicati in letteratura sino ad ora non
mostrano mediamente una maggiore contaminazione dei cereali biologici rispetto a quelli coltivati
in modo convenzionale.
9)
La produzione biologica in Italia è in continua crescita
FALSO
L’agricoltura biologica in Italia ha avuto una crescita molto rapida per tutti anni ’90 passando da
10.000 operatori nel 1995 a più di 60.000 nel 2001, con un corrispondente aumento della
superficie agricola utilizzata da 200.000 ettari a più di 1.200.000 ettari. In seguito il numero di
operatori è diminuito per arrivare a stabilizzarsi attorno ai 50.000 negli ultimi otto anni, mentre la
superficie coltivata si è stabilizzata a valori poco inferiori ai massimi raggiunti nel 2001. Nel 2012
l’agricoltura biologica rappresentava il 9% della superficie coltivata totale in Italia, la maggior parte
dedicata a produzione di foraggio per animali, di cereali, adibita a pascolo o alla coltivazione
dell’olivo. In Italia i consumi di prodotti alimentari biologici rappresentano l’1,45% del totale.
10)
L’agricoltura biologica non può fare uso di OGM
VERO
Le normative che regolano la produzione biologica vietano la coltivazione di piante geneticamente
modificate. È altresì vietato l’uso di OGM come mangimi negli allevamenti biologici per la
produzione di latte o carne. Alcuni OGM in commercio, ad esempio quelli resistenti agli erbicidi,
sono in totale contrasto con i principi dell’agricoltura biologica, perché sono pensati per essere
utilizzati congiuntamente ad un diserbante. Sarebbe però possibile produrre piante geneticamente
modificate, ad esempio resistenti naturalmente ad alcuni insetti o virus, che potrebbero essere
coltivate in modo biologico senza violare i principi a cui si ispira questo tipo di agricoltura.
3) Sebbene l’impressione su scala locale può essere di praticare una
agricoltura sostenibile e a basso impatto ambientale, se rapportato su scala globale il risultato è
molto negativo perchè richiede più terra per produrre le stesse quantità e di fatto questa terra la
sottrae alla biodiversità e agli habitat naturali. Noi forse non ce ne rendiamo conto, ma l’Italia
importa il 50% del grano duro e il 92% della soia, per non parlare della carne. Tutto ciò è prodotto
in altre parti del mondo che usano la loro risorsa terra per sfamare noi che, nemmeno con un
agricoltura intensiva riusciamo a produrre abbastanza. Quanta Amazzonia in più dovremmo
disboscare se facessimo solo agricoltura biologica?
4) Sulla carne c’è da dire che noi consumiamo più di 90 kg carne/anno/persona. Ridurre queste
quantità non è un problema, basta un po’ di cultura ed educazione alimentare. Il problema esiste
semmai per i paesi emergenti come la Cina che dal 1980 ad oggi è passata da 10 kg a 50 kg/
anno/persona e stiamo parlando di più di 1 miliardo di persone. Pensare di produrre con metodi
biologici tutti i mangimi necessari a rispondere a questo aumento di consumi di carne rasenta
l’impossibile. Tieni presente che per fare 1kg di carne bovina servono 6kg di cereali. Per il suino
4kg. Per il pollo 2kg.
5) Ancora sul naturale contro artificiale. L’aspirina è fatta con acido acetilsalicilico e non con acido salicilico (il composto
“naturale”). L’acetilazione chimica è stata introdotta per ridurre le CONTROINDICAZIONI
(irritazioni alla gola e allo stomaco) che la sostanza NATURALE provocava. Questo a
dimostrazione del fatto che NATURALE MIGLIORE DI SINTETICO non ha alcun razionale.
Analogo ragionamento potrebbe essere fatto sul DDT, ma la storia si farebbe lunga.
http://www.unibas.it/progetto_lauree_scientifiche/MaterialeDidattico/Sintesi%20Aspirina.pdf
6) Con i metodi “convenzionali” spari nel mucchio.
Scassi il DNA qua e là e poi, tra 150.000 piante, scegli quelle 2-3 che hanno caratteristiche
interessanti. Con le biotech invece decidi cosa vuoi fare, identifichi il gene che potrebbe funzionare
allo scopo ed lo inserisci nella varietà che ti interessa. Questo ti porta a fare modifiche più mirate.
Un’altra grande differenza sta nel fatto che con le tecniche convenzionali sei limitato a usare la
biodiversità genetica che esiste all’interno della specie o, con qualche trucchetto, delle specie più o
meno simili (facevamo l’esempio del grano tenero). Nel caso degli OGM invece il sistema ti
permette di inserire “geni” (qualunque sia la loro origine). Da questa potenzialità sono nate ad
esempio tutte le favole sulla fragola pesce (mai esistita).”
7) Anche se è vero che nel pianeta c’è spazio per una coltivazione che supera di 3 volte il fabbisogno
del genere umano, nell’adottare questa soluzione vi sono delle forti controindicazioni:
1) quell’affermazione è vera facendo il calcolo dei m quadri disponibili sul pianeta non tenendo
conto dei territori non attualmente coltivabili, cioè i deserti e le arie boschive ad esempio. Nel primo
caso bisogna modificare il dna della pianta per farla sopravvivere in condizioni non favorevoli (e
torniamo all’OGM) nel secondo caso dobbiamo disboscare tutto creando un danno all’ecosistema
maggiore del ricavo apparente (basti pensare alle frane).
2) Gli spazi effettivamente sfruttabili sono una minima parte del pianeta, meno del 10%, e questo,
porterebbe alla fame l’umanità in poco tempo.
3) Vasti territori coltivabili non è detto che vengano coltivati semplicemente perché non conviene economicamente e non si troverebbero produttori.
8) Gli studi della Malatesta e della Ermakova (insieme a Seralini)
rappresentano praticamente la totalità degli studi che evidenziano “problemi” legati all’uso degli
OGM. La Malatesta ha condotto i suoi studi non adottando standard di ricerca
internazionali e nelle sue conclusioni peraltro è cauta.
Su Seralini e Ermakova (2 gran cacciaballe a dirla tutta):
Seralini: http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/search/label/Seralini
Ermakova: http://biotecnologiebastabugie.blogspot.com/2007/10/per-un-ratto-pi-pericoloso-viveremosca.
L’AGRICOLTURA BIOLOGICA PROMUOVE LA BIODIVERSITA’?
Pemessa:
a- Dal 1961 la superficie agricola globale è cresciuta dell’ 11% ( da 4.51 a 4.93 miliardi di Ha)
(FAOSTAT 2009).
b- La popolazione mondiale è destinata ad un incremento approssimativo del 30% 2entro il 2030
(Scherr & McNeely, 2008),
c- 109 ettari di terreno saranno convertiti ad indirizzo agricolo entro il 2050 (Tilman et al. 2001).
.
Una delle principali minacce alla biodivesità è la frammentazione degli habitat (Krauss et al. 2010
Foley 2005). Ovvero un processo antropogenico, innescato – principalmente – da agricoltura e
urbanizzazione, che porta alla perdita e disgiunzione di habitat in porzioni sempre più piccole e
isolate.
Forse preferire metodi
che, pur deprimendo la biodiversità su scala aziendale, possono limitare l’utilizzo di terra e la
conversione di aree naturali in agricole (maggiori rese) POTREBBE, in futuro, significare apportare
meno danni alla biodiversità su ampia scala (che è la cosa più importante).
Ottenere rese unitarie maggiori, quindi, potrebbe essere un grande vantaggio non solo per
l’agricoltore!
A.B. E ARSENICO
Lo zolfo usato in agricoltura biologica (che è diverso da quello usato per gli
oidi in agricoltura convenzionale) è inquinato da arsenico naturalmente.
L’arsenico, tanto usato in frutticoltura 70/80 anni fa, cioè in un’epoca in cui tutto era genuino e puro agli
occhi della gente, è il solo elemento usato in agricoltura dimostratosi veramente cancerogeno.
AGRICOLTURA BIOLOGICA: ELEMENTI NEGATIVI
I motivi per cui il biologico è una risposta tardiva, (in parte) sbagliata e controproducente ad un
problema che era reale, sono:
– Non è in grado di rispettare il primo requisito dello statuto IFOAM: mantenere la fertilità dei suoli.
– Non è un sistema alternativo perchè si limita alla produzione degli alimenti più semplici e
voluttuari, ma non è in grado di produrre quelle commodities che sfamano il mondo.
– Non è ecocompatibile: qualora sostituisse completamente i sistemi agricoli tradizionali,
dovremmo dire addio alla biodiversità.
Mi limito a considerare i primi due aspetti: la fertilità dei suoli e la limitazione produttiva. Da quanto
ne so, meno del 20% delle aziende biologiche fertilizzano i terreni utilizzando prodotti di origine
biologica. Tutte le altre utilizzano fertilizzanti organici derivanti dall’agricoltura tradizionale. D’altra
parte la zootecnia è poco praticata e nella maggior parte dei casi si limita a quei sistemi estensivi,
(animali al pascolo) che non permettono di raccogliere le deiezioni per poi utilizzarle come
fertilizzanti organici. Come può definirsi serio un metodo che non è in grado di rispettare nemmeno
il suo primo requisito?
La maggior parte delle aziende si limita a produrre alimenti facili (frutta, verdura, alcuni legumi,
ecc) ma poche sono in grado produrre quelle commodities che sfamano il mondo: grano, mais,
riso, soia, ecc.
FRUTTA E VERDURA BIOLOGICA
La frutta e la verdura biologica che ha caratteristiche se non uguali , ma molto simili alla
convenzionale, è un imbroglio.
Se io produco biologico non riesco a difendere la mia frutta e verdura come quando uso metodi
convenzionali, quindi la frutta e la verdura dei due modi di coltivare non si possono presentare
esteriormente in modo uguale. La più o meno bontà è un fatto soggettivo che non è mai apparso
dimostrato in tutte le prove fatte.
Vengo dal fare una prova al mercatino del mio paese, dove movimenti ideologici obbligano le
amministrazioni a darsi una parvenza ambientalista obbligandole ad organizzare mercatini
biologici. Mi sono presentato che una cassetta di mele Gala di mia produzione con almeno 2 “ospiti
per frutto” e con frutti completamente deformati dagli attacchi precoci di ticchiolatura. La gente
guardava, buttava l’occhio e se ne andava un po’ schifata. Evidentemente ho presentato la mia
cassetta con un cartello con su scritto “l’unica frutta veramente biologica presente sul mercato”,
ben sicuro di quello che dicevo perchè alle due piante non faccio mai nessun trattamento, mi
mangio le mele sotto la pianta gustandomi la parte non avariata, l’altra la butto.
Puoi immaginare il putiferio suscitato e le inalberate degli altri banchi che vendevano frutta
biologica. Si è instaurata una discussione e molti agricoltori accostatisi hanno informato i cittadini
che per la qualifica di biologico si fidavano più della mia frutta che quella degli altri. Non solo ma ho
anche mostrato come si può mangiare una mela bacata e quali sono le accortezze per mangiarla
senza incorrere nell’inconveniente di ingoiare una larva di carpocapsa, che, tra l’altro è tutt’altro
che un veleno, anzi sono proteine nobili e prontamente assimilabili….
Sopra ho detto che l’esigenza di un’agricoltura più rispondente alle esigenze ambientali è
comprensibilissima, però nessuno spiega che questa esigenza è ormai entrata negli obiettivi
ricercati da ogni frutticoltore professionale (e se è professionale non può non essere serio perchè
agendo nel rispetto dell’ambiente risparmia) e che il dire che il frutticoltore tratta
sconsideratamente è solo una leggenda metropolitana.
Vogliamo fare la cronistoria dei prodotti di
trattamento usati nei tempi che da tutti sono considerati l’eden della naturalità?
Per fare questo mi servo dei miei libri di scuola di giovane studente perito agrario e del manuale
dell’agronomo del Tassinari. Edizione 1951
Come insetticidi si avevano a disposizione solo i polisolfuri, le poltiglie solfocalciche o
cuprosodiche che usa oggi anche chi fa biologico, ma come non risolvevano o risolvevano solo in
parte allora i problemi, anche oggi non li risolvono, per di più essendo cambiata l’agricoltura
l’inoculo è enormemente aumentato e modifiche genetiche nei parassiti sono intervenute, quindi a
maggior ragione poco si risolve. Ma si usavano anche prodotti mercurici che non sono elisir di
lunga vita.
La gamma degli anticrittogamici usati era tutta qui, ora invece abbiamo una gamma di prodotti di
una sicurezza talle e con periodi di carenza limitati che ci permettono di salvare la frutta ed offrire
prodotti totalmente esenti da residui.
Per gli insetti ad apparato boccale masticatore si usava l’arseniato di piombo (l’arsenico è l’unico
elemento per ora sicuramente scoperto essere cancerogeno) non solo, ma l’arseniato di piombo è
un veleno pericolosissimo per l’uomo, infatti molti delitti famigliari sono stati perpetrati tramite
l’arseniato di piombo.
Come insetticidi organici sintetici avevamo
L’acido cianidrico come fumigante, si usava appunto sugli agrumi mettendo le piante sotto tenda
(tanto per intenderci è il gas usato in USA nelle camere a gas), si usava Solfuro di carbonio e
tetracloruro di carbonio per la conservazione di cereali e e legumi e tutti i fagioli e legumi secchi
erano trattati con solfuro di carbonio in camere stagne per uccidere i tonchi che avrebbero bucato i
granelli dei legumi.
Vi erano poi anche i derivati alifatici. alogenati, nitrilati, quali Bromuro di metile, cloruro di etilene,
cloropicrina ecc. ecc. che servivano per poter disinfestare i sili granari e le stive delle navi granarie.
Gli americani, con il piano Marshall ci hanno mandato derrate assoggettate a questi trattamenti,
ma non perchè volevano avvelenarci , ma perchè era l’unico modo per arrivare oltreatlantico
cereali utilizzabili.
Poi avevamo l’esaclorocicloesano ed il DDT i cui residui ancora si trovano nella catena alimentare.
Ho quindi parlato veramente dell’epoca in cui tutti credono di aver mangiato genuino e salutare.
Oggi cito un solo prodotto commerciale usabile perfino negli orti contro gli insetti ed è il Decis che
ha solo tre giorni di periodo di carenza, cioè dopo tre giorni che hai trattato la molecola ha perso
tutti i suoi effetti perchè non lascia residui e puoi mangiare la frutta e la verdura..
In conclusione, quando è pubblicato da tutti gli organismi ufficiali che il 98% dei controlli su frutta e
verdura che i campioni analizzati o non hanno nessun residuo evidenziabile (e i mezzi di analisi
non sono quelli di una volta, pensa solo al gascromatografia) o hanno residui ben al di sotto della
soglia di qualsiasi pericolo, vale la pena pretendere biologico? Certamente no, perchè ritornando
alle mie mele, esse sicuramente contenevano più molecole naturali prodotte dalla pianta a scopo
di difesa che non i prodotti che passano per le vie ufficiali della distribuzione. Le molecole
antiparassitarie naturali prodotte dalle piante per autodifesa non sono elisir di lunga vita.
Non solo, ma si arriva al paradosso che si fidano di più del contadino pinco pallino che vende
prodotti in campo, quindi che non sono transitati attraverso lo screening dei controlli, che non del
frutttivendolo che si rifornisce al mercato ortofrutticolo controllato.
Siamo al delirio.
http://www.nature.com/embor/journal/vaop/ncurrent/full/embor201259a.html
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05/28/suicidi-cotone-trilussa/
CHIMICANDO
L’uso dei concimi chimici e l’aumento delle potenzialità produttive è stata un’accoppiata che ha
fatto schizzare le produzioni. Certi terreni che prima non producevano sono divenuti, mediante le
somministrazioni d’azoto, dei terreni pari ad altri con maggiore fertilità intrinseca. Anzi spesso sono
divenuti terreni migliori perché non temendo di destrutturarsi potevano essere lavorati meglio ed in
tempi più dilatati.
Certo diverso è il discorso della concimazione in un terreno ben dotato di
sostanza organica rispetto a un altro che ne è privo: nel secondo il rendimento del concime è
nettamente inferiore.
La concimazione o l’apporto di particolari sostanze chimiche non è un
fenomeno tipico della rivoluzione verde, ma data inizio secolo scorso quando la correzione degli
eccessi di acidità e alcalinità non permettevano la coltivazione.
Però con l’apporto di calcare e di
altri ammendanti si sono acquisiti terreni nuovi all’agricoltura.
Certo, fare un preventivo di
concimazione su un terreno con rotazione delle coltivazioni, risulta più limitato che non farlo sulla
monocoltura.
Il fare buona agricoltura non è appannaggio dei fautori della decrescita, ma al
contrario è appannaggio dei provetti agricoltori che hanno come obiettivo la crescita e non la
decrescita della produzione. All’agricoltore è chiesto di usare i concimi con parsimonia perché
l’azoto, per captarlo dall’aria, ha bisogno di molta energia ed inoltre una volta distribuito
nell’ambiente in sovrappiù determina entrata in falda e la sua trasformazione in nitriti nociva per la
salute.
Non si creda però che si sia al punto zero: è da tempo che le coltivazioni sono concimate
con molta più oculatezza. Nei cereali a paglia ormai si concima a bilancio nel senso che si guarda
di pareggiare gli asporti ed inoltre la distribuzione è frazionata e vicino ai periodi di maggior bisogno.
Ora si comincia a tener conto di quanto azoto vi è nel terreno all’uscita dell’inverno, cioè quanto
azoto organico è stato mineralizzato e reso disponibile. Tale processo è un processo legato
all’andamento dell’inverno (temperatura, piovosità).
Alla fine del XIX sec. furono introdotti i primi
pesticidi ed erano in parte di origine vegetale (nicotina, rotenone e piretro) ed in parte di origine
minerale (Sali di rame, di zinco, di maganese, di ferro , di arsenico, piombo e mercurio). Tutte
sostanze ormai messe fuori legge. Era il periodo degli attacchi di fillossera sulla vite e nessuno
immagina quali e quanti interventi ad effetto tossico devastante sono stati escogitati di fronte a
quel flagello.
Ci si vuol rendere conto che per buona parte del XX i frutteti sono stati trattati con
l’arseniato di piombo, un veleno potentissimo per tutti gli esseri viventi? Il Rotenone, solo
ultimamente proibito per gli effetti sul Morbo di Alzaimer, è stato il pilastro della protezione da
parassiti animali dei prodotti agricoli derivati da agricoltura biologica e anche degli
alveari per combattere gli acari che attaccano le api, con conseguente inquinamento del miele.
Senza dimenticare l’uso indiscriminato dei Cresoli come disinfettanti e con azione nociva sulla
fauna acquatica, o l’azione diserbante, insetticida e acaricida dei DNOC (Dinitrortocresoli) sui
cereali a paglia come il frumento. La molecola di questi composti ha interazione venefica elevata
con mammiferi, pesci e uccelli. E’ considerato un mutagene di categoria 3.
Già alla fine della 2° guerra mondiale molti dei prodotti prima citati sono stati sostituiti da molecole
di sintesi un po’ più elaborate, più efficaci e con tossicità ridotta rispetto al piombo, arsenico e
mercurio.
E’ l’inizio di una sensibilità nuova, checché ne dicano i catastrofisti e gli ecologisti
radicali, che ha avuto come obiettivo non solo l’efficacia insetticida per quel parassita specifico, ma
anche imperativi criteri di sicurezza nei confronti dell’ambiente e dell’operatore.
Sono veramente esenti da rischi i cibi biologici? Sono immuni da residui? Certamente no! Paolo
Cabras et al nel 2002 hanno trovato un olio biologico che sorpassava di 10 volte l’LMR del
Rotenone (0,04 mg/kg contro 500 ppb rivelate). Nel 2008 molte partite di uva biologica in Francia
avevano LMR sorpassate in fatto di zolfo (LMR 50 mg/kg) e rame (LMR 15 mg/kg). Tutte queste
analisi sono passate sotto silenzio o ridimensionate dalla stampa e la ragione è sempre stata che
comunque si tratta di pesticidi naturali, come se il solfato di rame fosse estratto da miniere.
Lo stesso zolfo era sì un tempo estratto da depositi naturali, ma ora non più: tutto lo zolfo che si usa
deriva dalla defosforazione del olio combustibile, quindi non si vede la differenza con una molecola
di sintesi.
Inoltre nessuna misura i pesticidi prodotti spontaneamente dalla pianta che sono molto
più presenti nei cibi biologici che non nei cibi convenzionali. Al consumatore non è mai stato detto
che l’agricoltura convenzionale di 30 o 40 anni fa non esiste più, si sono imposti ripensamenti sia
per l’aumento della cultura ambientale presso i coltivatori che per il bisogno di trovare forme per
mantenere intatta la produttività e diminuire i costi.
Ora si parla di metodologie nuove, come
l’agricoltura ragionata (che pone prioritariamente il concetto di valutazione dei rischio di attacco e
solo in funzione della valutazione del pericolo si mette in atto un trattamento chimico.
Si valuta anche il rapporto costi/benefici prima di intervenire) e l’agricoltura integrata (dove non si abolisce
l’uso di metodi di lotta chimica, ma si integrano con metodi di lotta biologica e di creazione di
zone di compensazione ecologica.)
Vogliamo analizzare un altro tipo di alimentazione, quella vegetariana? E’ più salutare in assoluto?
No di certo! L’AFSA ha verificato che un vegetariano ingerisce una dose settimanale di 5,4
microgrammi/kg corporeo di cadmio, elemento presente naturalmente nell’ambiente , quando la
dose tollerabile ammessa è solo di 2,5 microgrammi. Eppure il cadmio si sostituisce allo zinco e
deprime il sistema immunitario.
Vogliamo una volta tanto analizzare il problema del rame e dello zolfo in agricoltura biologica?
L’AB
rifiuta anche i concimi chimici per una questione che possiamo far risalire fino ad Aristotele, che
diceva che il nutrimento delle piante (essere vivente) può venire solo da (sostanza vivente), da qui
discende la teoria dell’humus che è sufficiente a nutrire la pianta. Ebbene. Un modo di pensare di
questo genere è ideologico in quanto gli apporti al terreno di sostanza organica, in particolare le
deiezioni animali, non sono altro che un ritorno di elementi chimici presenti nel terreno perché la
loro formazione deriva da rocce contenenti potassio e fosforo, proprio le stesse rocce usate
dall’industria chimica per ricavare gli elementi fertilizzanti.
Per quanto riguarda l’azoto poi esso è
contenuto nelle feci animali anche perché vi sono delle piante che lo prendono dall’aria, quell’aria
cioè che l’industria chimica ha imparato ad usare per estrarre, con metodologie industriali, proprio lo
stesso azoto che captano le piante.
Quindi il bandire i concimi di sintesi è solo un non accettare un
metodo a maggior rendimento.
Ma la contraddizione più lampante a mio avviso, sta nel fatto che
nel protocollo dell’agricoltura biologica che si basa solo sulla concimazione organica non vi sia
l’obbligo di avere in azienda un allevamento animale che gli produca la sostanza organica
necessaria per apportare humus nel terreno.
Si riforniscono a destra ed a manca e con poco
rispetto della provenienza.