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Non mi fa nessun effetto vedere del latte sprecato, sinceramente.
Non mi fa nessun effetto vedere quattro calciatori che, annoiati e scocciati, fanno finta che gli importi qualcosa.
Non mi fa nessun effetto vedere gli hashtag di chi solidarizza e empatizza per sport e moda.
Non mi fa nessun effetto (anzi si, mi fa alquanto schifo) vedere politici vari che parlano e promettono soluzioni.
Manifestare, reclamare, promettere e solidarizzare non risolverà mai nessun problema.
A meno che non ci si aspetti, come immagino sia, che QUALCUNO faccia qualcosa.
Non si capisce bene se il Governo, la Regione, l’Unione Europea, Dio o gli alieni.
Qualcuno.
Ora, il problema non sono gli industriali, che pagano poco il latte.
Il problema non sono neppure le importazioni di latte meno costoso e di qualità dubbia dall’estero.
Trovare dei colpevoli è facile, comodo e permette di scaricare la rabbia e il disagio.
Ma non serve a nulla neppure questo.
Al tempo stesso, proprio non ci riesco a criticare o dare consigli a chi si alza alle 4 del mattino, tutti i giorni dell’anno, non per andare a correre e fare meditazione ma per portare avanti uno dei lavori più duri del mondo.
Detto questo, gli allevatori hanno degli asset, delle risorse.
Terra e bestie.
Sono degli asset a tutti gli effetti, che non tutti hanno la fortuna di possedere o di ereditare.
E vanno sfruttati.
E io dico allora, come cazzo è che in Sardegna vivono un milione e mezzo di persone, gli allevatori saranno qualche decine di migliaia, e si pensa di risolvere questo problema qua invocando il PROTEZIONISMO, oltre al solito mix di Commissioni e tavole rotonde politiche, di prezzi minimi imposti, sovvenzioni e di altre cazzate stataliste?
Ma siete scemi (non gli allevatori, ma chi gli consiglia queste idee fallimentari)?
Cioè, il problema è davvero l’importazione di latte rumeno o polacco?
E non il fatto che non si riesce a vendere pecorino sardo (o romano, che poi è fatto col latte sardo) ad un prezzo esorbitante in tutto il mondo?
Perché il protezionismo funziona in entrambi i sensi ovviamente.
Non importi più latte dall’estero, non vendi più latte o formaggio all’estero.
E non so quanto latte o formaggio puoi far bere e mangiare a 1 milione di sardi o a 60 milioni di italiani.
Il problema è che gli industriali non sono disposti a pagare di più il latte?
Consorziarsi e organizzarsi per fargli la guerra (commerciale) è l’unica soluzione, non fare le manifestazione per strada e salutare mamma in televisione coi giocatori del Cagliari.
Non ci sono altre vie.
Il formaggio è un alimento di lusso in tutto il mondo, e così dovrebbe essere venduto.
Il formaggio più caro del mondo costa 1.100 € al chilo, ed è fatto in Serbia con il latte di asina.
Senza pensare di vendere il pecorino a 1.100 € al chilo, ma posso permettermi di dire che con 7 miliardi di abitanti, di cui milioni e milioni altospendenti e disposti a fare follie per il lusso italiano (incluso l’agroalimentare), uno sbocco al prezzo giusto per il latte prodotto da qualche migliaia di persone su un’isola lo si possa trovare?
Dovrebbe esserci scarsità, non abbondanza di latte.
Attenzione, non sto dicendo che sia facile.
Certo che è difficile.
Competere è difficile.
Ma un allevatore, abituato ad alzarsi alle 4 del mattino per andare al pascolo e lavorare sodo, non dovrebbe avere paura di questo.