there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Appunti da New York (seconda parte.)

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Appunti da New York City. Martedi 4 novembre.
Giro fantastico dalla west 52 street alla west 4 street passando per tutte e dodici le avenues.
Entro nella Grand Central Station (7,5). Enorme, maestosa. Un treno fermo su un binario. Sul track 24 tante persone si muovono di fretta come formichine presumibilmente per andare a lavoro. Lo spazio è ampio, gli spostamenti sono ordinati ma frettolosi.
2. Un attimo per alzare gli occhi al cielo e appare maestoso il Chrysler Building(8). Mi dirigo verso il palazzo dell’Onu(6), anonimo. Passo lungo la first avenue, stavolta in discesa, e riprovo le emozioni della maratona.
3. Arrivo all’Empire State Building(7). Il grattacielo più alto del mondo per un po’, ma comunque il più noto e nominato. La vista dall’osservatorio è spettacolare perché mostra l’immensità della città, ma preferisco altre vedute, come quella dal traghetto per Staten Island, e inoltre resto un fan delle viste dall’alto di alcune città italiane.
4. Scendendo verso sud, dalla 30 street in giù, i quartieri sembrano più simili a paesini. Compaiono parchi, alberi, case meno alte e più colorate. Sul Madison Square Park(6,5), contornato di statue, appaiono molti bambini e ragazzi. È ancora mattina e un gruppo scolastico di età da scuole elementari fa visita al museo della matematica.
“Scusi, per la High Line?” Chiedo a un uomo che mi parla due ore, mi indica la direzione e poi ride quando gli rispondo:”ok, thanks, but at the moment I want to go to that park over there.” Dove “there” è la direzione opposta a quella che gli avevo chiesto e il parco è il Madison Square. Comunque il tipo mi dice:”Enjoy!” Dopo “Congratulations,” l’invito più ascoltato della vacanza. Da quelle parti si erge anche il Flatiron building (7.)
5. Chelsea (8)ha un che di Londra. Più parchi e più mattoni rossi. L’insegna Hotel del Chelsea Hotel, quello dove è morto Dylan Thomas, è un’icona, uno dei tanti simboli della città visti miliardi di volte in schermi o libri.
6. Al Chelsea Market (7,5)mi fermo per un grilled cheese roll in un locale bio organico, quindi faccio qualche giro tra odori e sapori del mondo. È quasi l’una. Esco e sono sulla High Line, all’altezza della 16th street. La Lonely segna un interessante itinerario tra le gallerie d’arte di Chelsea, ma non lo faccio e mi dedico alla high line e poi a west village.
7. La high line (9)era una ferrovia abbandonata e adesso è una splendida passeggiata sopraelevata. Là dove c’era una scarpata sono apparsi dei fiori. Vegetazione spontanea, sentieri tra alberi, vedute della città o dell’Hudson River dall’alto, perfino sedie a sdraio vista viale stretto tra grattacieli. Il tutto rende la passeggiata curiosa, piacevole, a che sorprendente, sempre rilassante. Quel giorno c’erano diversi atleti là sopra.
8. Tribeca e poi Greenwich Village, West village, New York University, Washington Square, Astor Place, pezzi di Soho, fino a Union Park. È il giro più bello fatto a piedi a New York.
Tribeca (8)e il Greenwich village (9)mi ricordano Dublino lungo alcune vie. Incontro un maratoneta che ha corso in cinque ore e parliamo un po’. Un bambino strattona la mamma e si congratula con me dopo avere visto la medaglia. Le strade sono acciottolate, le case a mattoni, i viali alberati. Vedo il condominio di quelli di Friends, quindi un parco con la statua di due donne che si baciano, per ricordare una donna che ha innescato una rivouzione libertaria.
Passeggiando per west village (“the place where everyone would like to live”,) vedo ragazzi che giocano a basket in un ambiente che ai fa sempre più multietnico. Due tipi che sembrano la reincarnazione dei Blues Brothers parlottano davanti al mitico cafè wah. Da quelle parti sono passati Hendrix, Dylan, Mark Twain e tantissimi altri artisti. Lì si trovano anche locali storici.del jazz.
Attorno alla New York University le strade pullulano di studenti. Washington Square, poi, è un riassunto antropologico del mondo:

Chi va in skateboard,
Chi corre coi jeans,
Chi porta una borsa Banana Republic,
Chi fa le parole crociate su una panchina.
Chi spippola su computer.
Chi passeggia pacatamente,
Chi passeggia zigzagando come un ubriaco,
Chi cammina col bastone,
Chi procede sulla sua strada determinato senza guardare niente e nessuno,
Chi ha i vestiti sdruciti,
Chi è in giacca e cravatta,
Chi ha i capelli turchesi.
Chi sembra Syd Barrett lucido.
Chi sembra Syd Barrett in acido.
Chi dorme sull’erba dei prati.
Chi prende il sole sugli scalini di una vasca di pietra.
Chi parla da solo,
Chi parla in coppia,
Chi ride in gruppo,
Chi siede e contempla l’universo,
Chi gioca a bocce da solo,
Chi è scazzato,
Chi è incazzato e tira pugni all’aria,
Chi porta il cane nel passeggino per bambini,
Chi porta sottobraccio un lettino da spiaggia,
Chi gioca con tre palle appoggiato a un albero,
Chi porta bimbi a passeggio,
Chi porta cani a passeggio,
Chi porta una tastiera di un organo a passeggio,
Chi telefona,
Chi si fa i selfie,
Chi fa le foto,
Chi fa il poliziotto,
Chi fa l’operaio,
Chi cura i prati e i giardini,
Chi osserva le statue,
Chi si dirige verso gli edifici dell’università,
Chi è grasso e sembra stare con una ragazza di venti chili più magra,
Chi indossa calzettoni di lana e minigonna;
Chi studia,
Chi mangia un gelato,
Chi mangia della frutta,
Chi chiede un cent,
Chi fa un pranzo completo su una panchina,
Chi ha pensato di dedicare una statua a Garibaldi.
Passano tutte le età, tutte le classi sociali, diverse nazionalità, vari popoli , tutti i modi di essere, di vestire, di comportarsi.
Passano artisti, intellettuali, studenti, professori, sportivi, giovani, anziani, barboni, cazzeggiatori, lavoratori ed
essenzialmente si fanno tutti i cazzi propri.
E dopo quella mezz’ora passata stando seduto su una panchina in Washington Square, che ricordi sono da segnalare?
Lo store e la libreria della New York University
Gli scoiattoli di Union Square.
I bambini che danno da mangiare agli scoiattoli in Union Square.
Gli scoiattoli che prendono le noccioline dai bambini in Union Square.
Gli anziani e qualche barbone seduti sulle panchine di Union Square.
Il poliziotto dentro Barnes and Noblrs che mi spiega la strada più veloce per andare al Madison Square Garden e poi mi chiede della maratona e poi mi dice “Bella, Firenze, spero di tornarci presto.”
La solita lista di libri fatta in libreria per poi essere messa nella lista dei desideri del Kindle.
L’ennesimo caffè da Starbucks, l’ennesima ricarica del cellulare, l’ennesimo restroom, l’ennesima connessione wifi.
Il Madison Square Garden: un tempio dello sport, spettacoli di animazione o pubblicità o giochi per tifosi nello spettacolo che interrompono troppo spesso la partita vera, cibo a volontà, assenza di code per cibo e bagni, controlli di sicurezza efficienti ed efficaci, steward che indicano gentilmente il tuo posto, partita di basket tra New York Knicks e Washington Wizards non molto entusiasmante, sconfitta dei Knicks, tifoso agitato di fronte a me, tifo presente nell’ultimo quarto, fischi agli avversari solo all’annuncio delle formazioni, maxischermo per rivedere le azioni, consegna di bacchette nell’ultimo tempo per fare il tifo, scarsa spontaneità, ma lo scenario è comunque spettacolare.

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