Le imprese e le famiglie o le persone vanno a supplicare la banca di prestare loro dei soldi.
La banca non ritiene di concedere i prestiti.
Le imprese e le famiglie in difficoltà fanno pressione sui politici o sui giornali perché intervengano.
Le imprese magari chiudono e le persone restano senza lavoro.
Ulteriore pressione sulla banca.
Che succede? Fin qui è come dovrebbe andare. In un regime di concorrenza le imprese e le famiglie possono ricevere i prestiti da altre banche che sono più solide o più perspicaci o chiedono tassi più alti e garanzie maggiori o cosa vi pare. Le imprese o le famiglie possono cambiare i loro comportamenti per farsi ritenere più solvibili ecc. Ma torniamo al caso limite.
Che succede? Se la banca non concede i prestiti è vista come cattiva.
La banca, secondo l’opinione pubblica, dovrebbe regalare soldi ai bisognosi e agli inefficienti senza chiedere niente in cambio e non pretendere nemmeno la restituzione dei debiti: come si permette? Inoltre deve anche pagare tassi elevati ai risparmiatori, ça va sans dire. Comunque: la gente vuole che la banca sia gestita in modo inefficiente e conceda prestiti a tutti.
Mettiamo che la banca conceda i prestiti e faccia ottenere anche più voti ai politici. Magari la banca emette delle obbligazioni a tasso doppio rispetto a quello di mercato. Le persone si ingolosiscono del rendimento doppio (che vuol dire rischio doppio, ma se ne fregano) e vanno a sottoscrivere queste obbligazioni.
Gli azionisti pensano che qualcuno interverrà dallo Stato in caso di difficoltà e non si curano della gestione. Se le azioni e le obbligazioni non sono quotate è la banca stessa che decide il prezzo e la quantità di vendita e sa bene che l’obbligazionista o il piccolo azionista non potranno liberarsi facilmente dei titoli sottoscritti senza saperne un tubo.
Le imprese, per vari motivi, vanno in crisi e non riescono a restituire i prestiti. La banca si trova in difficoltà. Inizia magari a concedere linee di credito ai politici sperando che chiedano l’intervento dello Stato (= dei contribuenti attuali o futuri) per salvarla. Intanto continua a vendere titoli rischiosi, un po’ confidando sull’ignoranza dei clienti e un altro po’ sulla loro ingordigia.
La banca finisce in crisi. Che succede?
La banca non deve essere salvata! Dicono alcuni, magari gli stessi che volevano che fosse gestita ad minchiam. Questo significa che perdono soldi gli azionisti, gli obbligazionisti, i depositanti e i correntisti. Inoltre le imprese devono rientrare dai mutui e le famiglie pure. Le imprese non ancora chiuse rischiano la chiusura e così via. Inizia la pressione sui giornali e sui politici. Se la banca chiude, i dipendenti perdono il posto di lavoro.
La banca è ancora vista come il cattivo perché è andata in crisi, ha venduto titoli ai risparmiatori senza che questi sapessero a cosa andavano incontro (certo: compravano qualcosa che rendeva il doppio rispetto al valore medio di mercato. Che semplicemente volessero un rendimento elevato e un rischio scaricato sulle spalle altrui?) La banca, inoltre, è vista come cattiva perché è stata gestita male. Qualcuno forse dirà che la banca non avrebbe dovuto prestare i soldi a tutti. Che se li ha prestati male la colpa della mancata restituzione del debito è sua, del creditore, e non del debitore (assurdità del genere si sono lette durante la crisi greca, ndrr.)
Peccato che se non avesse fatto quei prestiti a certe imprese (Mabo? Sacci? Unoaerre? Deltongo? Nel caso di BancaEtruria) forse quelle imprese sarebbero andate in malora prima. Certo: era giusto così. Se dalle valutazioni della banca quelle imprese non erano più solvibili, quei fidi non avrebbero dovuto essere concessi (poi ci sono vari distinguo che si possono fare. In un mercato di vera concorrenza altre banche avrebbero potuto concederli. Le imprese avrebbero potuto cercare di essere più efficienti e così via.) Invece, anche per timore di pressioni politiche, la banca ha deciso di concedere quei prestiti, magari bussando alla porta dei politici e dicendo “oh, guardate che noi non dovremmo dare quei prestiti a quelle aziende, ma se non lo facciamo qua viene giù tutto, con le imprese chiuse e la gente senza lavoro: poi danno la colpa a voi e non vi votano. Ricordatevene se le cose dovessero mettersi male per noi.”
La banca, insomma, ha gestito le cose in modo inefficiente, sostenendo imprese inefficienti, allocando quindi male il capitale investito presso di essa, per motivi legati alla politica, al legame col territorio e ad altre minchiate. La banca inefficiente, però, ha fatto comodo a molti. Anche agli stessi obbligazionisti a rendimento doppio, visto che per un po’ gli interessi, queste persone li hanno avuti ed erano ben contente del rischio che stavano assumendo.
Torniamo al punto della banca che finisce in crisi, adesso.
Quelli che dicevano che la banca non doveva essere salvata adesso dicono il contrario: salvare gli azionisti, gli obbligazionisti, i dipendenti, i correntisti. (Che tutti questi siano colpevoli per non avere valutato adeguatamente le proprie scelte e non averle seguite nel tempo non entrerà mai nella testa di molte persone.)
Dire di voler salvare tutta questa gente significa che improvvisamente adesso le persone che erano contro i salvataggi, adesso dicono che bisogna salvare la banca. Vabbe’. Avranno cambiato idea.
Come va salvata? Paghino gli azionisti! Ops. Ma i piccoli no perché hanno investito in capitale di rischio, ma non lo sapevano, poverini! Poi gli azionisti hanno permesso di dare i soldi alle aziende che altrimenti sarebbero chiuse: perché mai farli pagare? Poi tra gli azionisti ci sono le nostre amate fondazioni bancarie controllate dai partiti che tanto fanno del bene al nostro bene comune.
Allora paghino gli obbligazionisti! Ops. ma loro sono stati ingannati da dei perfidi funzionari di banca a cui si sono rivolti chiedendo solo di investire tutto il capitale che avevano in un unico strumento che rendesse tanto. Ah. Qualcuno dice che siano stati ingannati. Qualcun altro dice che se si sono fatti ingannare è colpa loro, ma lasciamolo stare.
Allora paghino i funzionari! Avevamo escluso la liquidazione, però. Poi questi poveri dipendenti obbedivano ad ordini superiori, come a Norimberga.
Potremmo andare avanti e non troveremmo un responsabile. Forse sì: gli amministratori, ma fare una class action contro di loro è difficile già perché si dovrebbe dimostrare un eventuale reato penale e poi ci sono governi che fanno leggi che blindano le loro posizioni.
Tralasciamo le accuse ai capri espiatori di origine straniera e sovranazionale e arriviamo al punto finale.
Ma certo! Saranno gli investitori che hanno fatto delle scelte diverse, investendo in altre banche, a rimborsare chi ha investito peggio di loro, nel nome dell’efficienza, ovviamente.
O ancora meglio! I contribuenti! Dai! Creiamo un fondo e rimborsiamo, a carico della collettività che vedrà aumentare le tasse (e quindi anche i costi che rendono difficile effettuare investimenti produttivi e creare posti di lavoro) questi sventurati investitori che quando guadagnano sono speculatori e quando perdono sono risparmiatori da tutelare.
Sembra che questi risparmiatori non siano soddisfatti dell’importo rapinato ai contribuenti: vorrebbero di più. Certo: i profitti per sé e le perdite scaricate sugli altri. Lo stesso retropensiero che animava i comportamenti di quasi tutta la popolazione italiana e, nel caso in oggetto, sicuramente rendeva sicuri gli azionisti, gli amministratori, le fondazioni, gli obbligazionisti, i funzionari di banca ecc.
Qualcuno ha un’idea perfino migliore! Dai! Non aumentiamo le tasse! Facciamo deficit! Ancora stiamo pagando i deficit creati negli anni 70 e 80, ma sono quisquilie. Facciamo altro deficit, no? Più deficit oggi vuol dire più tasse domani, ma chi se ne frega? Le pagherà chi ci sarà allora.
Se non saranno rimaste solo le macerie del sistema Italia.