Da: http://conversableeconomist.blogspot.it/2015/12/cap-and-trade-lessons-of-experience.html
Cap and Trade. Cosa abbiamo imparato dall’esperienza?
Il cap and trade può essere utile per ridurre le emissioni di gas serra in un modo efficace ed efficiente? Il presidente Xi Jinping ha annunciato che la Cina lancerà un sistema di cap and trade sulla CO2 che coprirà le industrie chiave a partire dal 2017, per esempio. Negli Stati Uniti l’American Clean Energy and Security Act del 2009 (più noto negli USA come Waxman-Markey bill) era un approccio del tipo cap and trade per ridurre le emissioni di anidride carbonica statunitensi. La legge fu approvata dalla Casa Bianca, ma poi non fu mai portata alla discussione al Congresso.
Il cap and trade è un sistema attraverso il quale viene stabilito un livello totale di emissioni e poi questo ammontare viene diviso tra gli emittenti gli elementi inquinanti. Un’impresa può così comprare e vendere le loro quote di inquinamento. Come risultato l’impresa emittente ha un incentivo a emettere meno inquinante per unità di produzione, poiché in questo modo può: o aumentare la produzione stessa o vendere la quota di inquinamento extra a un’impresa che vuole espandere la produzione.
Il vantaggio potenziale di questo approccio è che invece di richiedere a ogni emittente di seguire le stesse regole, gli emittenti che riescono a ridurre l’inquinamento a costi inferiori avranno un incentivo a farlo. Inoltre le quote totali possono essere ridotte gradualmente, in modo che l’emittente a cui è permesso di inquinare un tot in un anno, avrà il permesso di inquinare l’anno successivo per il 95% dell’ammontare precedente (ad esempio) e gli ammontari permessi scenderanno in seguito. La sfida è che questo approccio può risultare lento o non funzionante.
Volete sapere quando il cap and trade ha funzionato meglio o peggio? Potete iniziare la ricerca leggendo il saggio di Richard Schmalensee and Robert N. Stavins, “Lessons Learned from Three Decades of Experience with Cap-and-Trade,” Gli autori offrono una panoramica dei programmi di cap and trade applicati nel mondo per affrontare i problemi legati all’inquinamento dell’aria. Una tabella riassuntiva dei risultati è riportata in questo articolo. Un risultato, comunque, è che il cap and trade è stato di successo quando ha riguardato il piombo, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto, ma non le emissioni di carbonio associate con un rischio elevato di cambiamento climatico.
Tre storie di successo negli Stati Uniti sono illustrate di seguito.
1. Nei primi anni Settanta fu deciso di ridurre le emissioni di piombo dalla benzina per il 90%. Questo fu fatto attraverso un programma di cap and trade tra le raffinerie di petrolio. I permessi di inquinamento da piombo via via diminuivano di dimensione. La flessibilità di questo metodo assicurò che la riduzione desiderata fu ottenuta ad un costo del 20% inferiore a quello che sarebbe stato sostenuto ordinando a ogni raffineria di ridurre da sé le emissioni.
2. Negli anni Novanta fu adottato il cap and trade affinché gli impianti di generazione di energia elettrica da fonti fossili emettessero via via sempre meno biossido di zolfo. Tra il 1990 e il 2004 la generazione di elettricità da impianti a carbone aumentò del 25%, ma nonostante ciò le emissioni di SO2 si ridussero del 36%. Non è facile stimare il risparmio dei costi rispetto a una soluzione “ordina e controlla” ma diverse stime suggeriscono che tale risparmio stato dell’ordine del 15%, se non superiore.
3. Le emissioni di ossido di azoto sono legate allo smog. A partire dal 1999, undici Stati del nord-est degli USA e il District of Columbia hanno fissato un sistema regionale di cap and trade per ridurre le emissioni di ossido di azoto da circa mille unità industriali e impianti di generazione di elettricità. Le emissioni sono cadute di quasi tre quarti e il risparmio di costi rispetto a un sistema di regolamentazione meno flessibile è risultato essere tra il 40 e il 47%.
Possiamo quindi dire che il concetto del cap and trade è in grado di produrre risultati anche molto buoni. Tale strumento può essere utile per ridurre le emissioni inquinanti in modo efficiente ed efficace.
Tuttavia non è chiaro se possa essere utile anche per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Ecco infatti tre esempi i cui risultati sono incompleti o non sono chiari.
1. Nove Stati del Nordest degli USA si sono uniti nella Regional Greenhouse Gas Initiative, che cercava di ridurre le emissioni di anidride carbonica dagli impianti di produzione di energia. Il tetto fu stabilito a un livello che non ha tenuto conto della diminuzione di domanda di energia elettrica seguita all Grande Recessione, né di quanto la disponibilità di gas naturale a basso costo avrebbe ridotto le emissioni. Come risultato, le emissioni effettive sono state sotto il livello del tetto stabilito dall’accordo, per cui nessuno scambio è mai avvenuto.
2. La California ha approvato una legge nel 2006 per ridurre le emissioni di gas serra usando un approccio cap and trade. Tuttavia l’applicazione della legge è iniziata nel 2013, ha riguardato solo il settore manifatturiero e l’energia elettrica, e si è protratta solo fino al 2015. Non ci sono ancora prove certe sugli effetti di questa legge.
3. Il sistema di scambio di emissioni di anidride carbonica più grande al mondo è l’ETS in vigore nell’Unione Europea. E’ stato adottato nel 2003 e ha trovato applicazione dal 2005. Il sistema copre circa la metà delle emissioni di CO2 in trentuno Paesi. Tra gli 11.500 emittenti regolati ci sono grandi impianti industriali e generatori di elettricità. Il programma non copre la maggior parte delle fonti nei settori residenziale, commerciale e dei trasporti. Tuttavia il prezzo dell’emissione di biossido di carbonio in questo sistema è stato molto basso. Anzi. E’ collassato a zero nel 2007 e negli anni più recenti è stato tra cinque e dieci euro, che non è abbastanza per guidare le necessarie riduzioni nelle emissioni. Ci sono molti problemi nella costruzione del programma, ma sostanzialmente se tu concedi molti permessi di emissione, hai anche molti più modi per rispettare le regole della riduzione delle emissioni (come lasciare che gli emittenti paghino per ridurre la CO2 da qualche altra parte del mondo anziché tagliare effettivamente le loro proprie emissioni,) allora il sistema probabilmente non funziona bene.
Chiaramente la progettazione di un sistema di cap and trade è importante per il suo funzionamento, come lo sono il problema ambientale che viene affrontato, nonché il contesto politico e quello economico. Il paper di Schmalensee e Stavins offre una panoramica utile di questi aspetti.
Ora. Quando si parla di emissioni carboniche, questi dettagli pratici rendono complicato scivere la legislazione. La legge Waxman Markey era alla fine composta da 1200 pagine in cui gli interessi speciali potevano entrare furtivamente.
Quattro paper interessanti sono stati illustrati in un simposio dell’inverno del 2013 sullo scambio dei permessi di inquinamento per il Journal of Economics Perspectives. I paper sono i seguenti.
“Markets for Pollution Allowances: What Are the (New) Lessons?” by Lawrence H. Goulder
“The SO2 Allowance Trading System: The Ironic History of a Grand Policy Experiment,” by Richard Schmalensee and Robert N. Stavins
“Carbon Markets 15 Years after Kyoto: Lessons Learned, New Challenges,” by Richard G. Newell, William A. Pizer and Daniel Raimi
“Moving Pollution Trading from Air to Water: Potential, Problems, and Prognosis,” by Karen Fisher-Vanden and Sheila Olmstead