Da: “Scegliere i vincitori, premiare i perdenti,” di Franco Debenedetti.
Lo stato doveva creare condizioni sviluppo e industria al sud. Inizialmente la Cassa doveva essere uno strumento pubblico ma fuori dallo stato.
1956: piano di opere pubbliche e piano di incentivi a pmi. Poi si cambia. 1962 Le imprese pubbliche devono creare stabilimenti al sud per legge.
Fuori c’era chi dissentiva: la causa dell’arretratezza, scriveva Giorgio Ceriani Sebregondi, non è la carenza di iniziativa privata, ma il contrario: sono le convenzioni sociali, le protezioni accordate agli interessi di parte, le strozzature del sistema sociale e politico a scoraggiare l’iniziativa privata. Invece di sostituirsi con interventi straordinari delle sue aziende, lo Stato dovrebbe garantire un programma continuativo della pubblica amministrazione che assicuri alle imprese quel complesso di servizi (formazione, mobilitazione di capitali) la cui mancanza disincentiva il dispiegarsi dello spirito di iniziativa. I processi di industrializzazione settoriale calati dall’alto o gli incentivi elargiti dallo Stato servono tutt’al più a rallentare l’allargarsi della forbice tra Nord e Sud. Il doppio obbligo del 60-40% e la decisione di Segni del 1959 danno il via alla costruzione del quarto centro siderurgico a Taranto.
Alfasud.
L’azienda provvede ad assumere il personale selezionandolo in base alle attitudini e alle esperienze, considerando anche i luoghi di provenienza, per ridurre i costi di inserimento. Non la pensa così il ministro Dc Carlo Donat-Cattin, che impartisce disposizioni perché vengano applicate alla lettera le norme del titolo V dello Statuto dei lavoratori, quello sulle assunzioni. Queste non saranno fatte in base alla politica aziendale, ma dovranno derivare da un sistema di quote per contingenti assegnati in diverse zone della Campania «per giustizia distributiva». Risultato: nel biennio 1974-1975 si registrano 2920 fermate per scioperi, di cui solo 143 indette dagli organismi sindacali di fabbrica. L’assenteismo, diventato espressione di disagio individuale e di simpatie anarchiche, sale a livelli non riscontrabili in nessuno stabilimento automobilistico al mondo. Per l’Alfetta, che doveva ripetere i successi della Giulietta, l’azienda ha previsto il rafforzamento del centro di Arese. Non così il Cipe, che ha il potere di autorizzazione degli impianti: l’Alfetta non si farà ad Arese, ma nel Mezzogiorno, anche se non necessariamente a Pomigliano. In una drammatica riunione Luraghi è costretto a lasciare la direzione dell’Alfa Romeo. Nel 1975 due terzi delle ingenti perdite del bilancio consolidato Iri sono generate da imprese localizzate nel Mezzogiorno e da Alitalia. Si apre la discussione sugli oneri impropri, sulla loro definizione e quantificazione. La Cassa viene soppressa nel 1984.
Poi ricompare e riscompare.
Due anni dopo ricompare con il nome di Agenzia per il Mezzogiorno, che pure sarà soppressa nel 1992. Il compito di coordinare gli interventi pubblici, invero assai scarsi, passa al ministero dell’Economia e delle Finanze, finché nel 1998, dopo la decisione di entrare nell’euro, è la volta della Nuova programmazione: nuovo dovrebbe essere il modo di affrontare il problema; in realtà la «novità» è spendere un multiplo di quanto aveva fatto la Cassa del Mezzogiorno nei suoi sette-otto anni migliori.
Fabrizio barca, teorico della nuova programmazione, diventa ministro. Poi Triglia. Anche Renzi segue l’idea della nuova programmazione. Ma al sud i soldi sono il problema e non la soluzione