Sbobinatura
https://www.youtube.com/watch?v=v8MM5eeBqxE
Ecco il thread su twitter di Fabio Ghironi: https://threader.app/thread/1094284239795679232
Anche in punta di teoria le argomentazioni su svalutiamo e torniamo a crescere sono cretinate.
Il sovranista dice che Friedman ha detto che la svalutazione del tasso di cambio ha un impatto positivo. Questo argomento è parziale e limitato, basato su assunzioni specifiche sul modo con cui le imprese fissano il prezzo.
A Paperopoli fanno mele. A Topolinia fanno pere. Nei due paesi vogliono mangiare sia pere che mele.
Supponiamo che ci sia shock. A Paperopoli aumenta la produzione di mele. Che deve succedere ai prezzi affinché non ci siano eccessi di domanda ed eccessi di offerta? Affinché si raggiunga un equilibrio? Deve succedere che il prezzo delle mele prodotte a Paperopoli relativamente al prezzo delle pere prodotte a Topolinia deve scendere. C’è una crescita dell’offerta delle mele da shock asimmetrico. Il prezzo relativo delle mele deve scendere.
Pensiamo adesso che i produttori delle mele fissino il prezzo delle mele di Paperopoli in dollari.
Friedman faceva un’assunzione cruciale. Paperone fissa il prezzo delle mele a Paperopoli in dollari e lascia che il prezzo delle mele a Topolinia sia determinato dalla legge del prezzo unico, cioè dal prodotto del prezzo delle mele in dollari a Paperopoli per il tasso di cambio tra il tallero di Topolinia e il dollaro di Paperopoli.
Se vendo il vino negli Stati Uniti e la lira si svaluta rispetto al dollaro basta un dollaro e mezzo per avere il vino quando prima ce ne volevano due e si riduce il prezzo in dollari. Prima dell’avvento dell’euro se ero un produttore italiano che stava esportando in Francia fissavo il prezzo del parmigiano in lire per il mercato in lire e poi lasciavo che il prezzo nel mercato francese fosse il mio prezzo in lire aggiustato del movimento del tasso di cambio tra lira e franco francese. Il prezzo in Francia si muoveva in base al tasso di cambio.
Pensiamo al produttore italiano di parmigiano e al produttore francese di brie. Stiamo fissando i prezzi in anticipo rispetto alla formazione degli shock. Il produttore di parmigiano fissa il prezzo in lire. Il francese fissa il prezzo del brie in franchi. Fissiamo i prezzi in anticipo rispetto a quando in Italia cresce la produzione di parmigiano. Che deve succedere per tornare in equilibrio? Che si aggiusti il prezzo relativo. Che scenda il prezzo in lire.
Se il prezzo in lire del parmigiano e il prezzo in franchi del brie sono fissati in anticipo, quello che deve muoversi per aggiustare il prezzo relativo è il tasso di cambio. Questo è ciò che determina come i consumatori allocano la loro domanda tra i due beni. Se è salita la produzione di parmigiano rispetto al brie i consumatori italiani e francesi devono spostare la domanda in favore del parmigiano, che è diventato più abbondante. Affinché succeda, il prezzo relativo del parmigiano deve scendere. Se i due prezzi sono stati fissati, deve succedere che la lira perde valore rispetto al franco francese, cioè si svaluta oppure, in un regime di cambi flessibili, si deprezza. Con l’indebolimento della lira diventa più costoso importare brie in italia e più economico importare parmigiano in Francia. Questo è l’argomento di Friedman.
Friedman fa questo argomento in un certo contesto (inizio anni 50).
È desiderabile avere cambi flessibili o fissi? È un argomento importante. Fra chi sarebbe importante avere cambi flessibili? Non fra Massachussets e California ma tra il Giappone del tempo e la Germania del tempo o tra l’Australia del tempo e il Canada del tempo, cioè tra paesi molto separati e con bassissima mobilità dei capitali.
Il tasso di cambio al tempo era determinato pochissimo dai flussi dei mercati finanziari. Fino a inizio anni 80 chi voleva muovere i capitali li portava in Svizzera con gli spalloni. I movimenti erano essenzialmente di merci e i cambi erano determinat dalla purchase empower parity, dal movimento di beni e servizi, dall’import export.
Oggi i tassi di cambio non sono più determinati dai flussi commerciali (beni e servizi) ma finanziari (i movimenti di capitale hanno volumi enormi sul mercato dei cambi).
Anche pensando in termini di flussi di merci si trascura il fatto che le imprese oggi fissano i prezzi direttamente nella valuta del consumatore. Il produttore di brunello stabilisce il prezzo in euro in Italia e il prezzo in dollari negli Stati Uniti. A questo punto il prezzo relativo diventa insensibile al movimento dei tassi di cambio.
Supponiamo di essere un consumatore a cui piacciono il parmigiano e il brie. I due pressi sono quelli fissati prima della crescita di produzione del parmigiano. Quando valuto se comprare più parmigiano o più brie decido in base ai prezzi già fissati prima. il tasso di cambio è ininfluente. I suoi movimenti sono solo una fonte di volatilità per i redditi degli esportatori. In questa situazione la cosa ottimale da fare è un cambio fisso. Tecnicamente si parla di local currency pricing o consumer currency pricing.
Ecco il thread su twitter di Fabio Ghironi: https://threader.app/thread/1094284239795679232
Da cui:
Quante mele e quante arance compreranno nei vari paesi? Dipende da preferenze individuali e da rapporti tra i prezzi.
All’aumentare del prezzo relativo si consuma di meno del prezzo del bene aumentato.
Supponiamo che valga la legge del prezzo unico. I due rapporti saranno uguali
Il prezzo relativo del bene è lo stesso nelle due nazioni quando lo esprimiamo nella stessa valuta.
Il prezzo delle mele in dollari a p è uguale al tasso di cambio per il prezzo delle arance.
I prezzi variano da città a città, da negozio a negozio, da paese a paese. C’è un tasso di cambio fisso anche in Italia. I beni venduti a Milano sono venduti a Palermo a prezzi diversi.
I produttori li fissano diversamente nei vari luoghi a seconda della concorrenza del costo della vita ecc.
Lo champagne costa importi diversi in paesi diversi ecc
Argomento di Friedman era che i prezzi erano fissi nella tua valuta e si muovevano istantaneamente all’estero in funzione del tasso di cambio. Ma allora potrebbe essere cambiato il prezzo anche qui. Perché cambiarlo istantaneamente solo là? Comunque il caso di Friedman era un caso teorico riferito a quel periodo. Il caso teorico, uno dei tanti, va poi visto nella sua applicazione pratica.
Se fisso i prezzi prima in tutte la valute non c’è influenza del tasso di cambio e non vale più la legge del prezzo unico.
C’è un’evidenza empirica mostruosa. La legge del prezzo unico non vale tra paesi diversi nel breve periodo. Vale nel lungo periodo dopo aggiustamenti fatti non dal cambio ma dai produttori che possono variarli a seconda dei movimenti indipendenti dei tassi di cambio dovuti ai movimenti di capitale
In queste situazioni il cambio genera volatilità dei redditi e il cambio fisso è ottimale. Una variazione del tasso di cambio cambia il valore reale a cui si vendono le merci e quindi cambia il valore reale dei redditi che vengono acquisiti. Queste variazioni danneggiano i produttori quindi se si mantiene un tasso di cambio invariato si ha un guadagno di benessere per produttori e lavoratori. La libertà di movimento dei capitali e i tassi fissi quindi sono un bene.
I tassi di cambio variano molto per movimenti di capitale e non sono determinanti per il commercio internazionale. A questi movimenti i produttori si adeguano.
Inoltre oggi le catene del valore sono estremamente integrate.
Molta della produzione che esporti viene assemblata in un altro posto. Le variazioni del tasso di cambio creano instabilità nella catena del valore. Si scelgono fonitori ecc per il medio lungo termine e le variazioni del tasso di cambio possono essere dannose per i vari operatori, quindi si cerca di sterilizzarle.