there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Volevano solo vendere magliette e palloni. (1)

Siamo nel 2005.
Vado a un colloquio presso un noto commerciante di articoli sportivi, che ha creato un impero. Lui è seduto su una specie di trono e, tra le altre cose, mi dice che è molto importante che partecipi a una convention di presentazione dell’azienda, a Perugia. Quello che segue è il racconto di quelle giornate e l’ho scritto all’epoca, principalmente attraverso le descrizioni di alcuni personaggi che hanno frequentato quel posto insieme a me.

Domenica sera, ore 21,30. Telefono ad Elena, collega di lavoro (scusate il termine): “Allora ho deciso. Domani non mi presento a Perugia per il primo giorno della presentazione aziendale e vengo regolarmente in ufficio a Firenze”.
Lunedì mattina alle 6.50 confermo quanto affermato e parto per Perugia.

Già durante l’andata ho rischiato di farmi recapitare:
1) Una sanzione per eccesso di velocità lungo la Bettolle-Perugia: c’era una macchina della polizia e un bellissimo autovelox pronto a segnalare i miei oltre-novanta chilometri all’ora;
2) una sanzione per eccesso di velocità nella località di Bibbiena dove sicuramente non andavo a cinquanta all’ora in presenza di postazione fissa autovelox (ahò, me n’ero dimenticato…però c’era la coda…forse non andavo forte…non ricordo…forse non c’ero …e se c’ero dormivo);
3) una sanzione per non aver rispettato il segnale di stop all’uscita Valdichiana dell’A1 per immettermi nel raccordo Bettolle-Perugia: stavo guardando un pullman dove c’erano ragazzi in gita scolastica e sono stato richiamato da una clacsonata che tra l’altro proveniva dai carabinieri, i quali si erano fermati ad aspettarmi dalla parte del bivio che non avevo imboccato…

Il luogo di destinazione è il centro congressi di un hotel. La cosa migliore è che c’è un parcheggio nel vicino centro commerciale che è sempre abbastanza sguarnito. La seconda cosa buona è che ogni mattina c’è un buon bar in cui poter prendere un caffè, andare in bagno e leggere il giornale.
“Lei non è adatta alla nostra azienda”, dice il boss già dopo il giro di presentazione: “Eh, sì. Era una brava ragazza, pulita, però qua si devono prendere decisioni, non si può aspettare, non si può essere indecisi”. E rideva, rideva come una jena. Succederà anche a lui di prendere delle decisioni sbagliate e di fallire, non vi preoccupate.

Il giorno dopo, al posto di questa ragazza, appare una tipa molto blowjob-face, determinata, dura, precisa. Sta a colloquio al buio nel retro della sala congressi col proprietario, che forse la conosce. Di sicuro i pettegolezzi su quell’ora e mezzo al buio si sprecheranno. Dichiarerà poi la donzella che non potendo fare il presidente avrebbe accettato il ruolo di segretaria. Non sappiamo che fine ha fatto: sarà stata inghiottita dal presidente?

Un’altra ragazza è la persona con cui legherò di più ed è anche l’unica ragazza che resiste per tutta la settimana. Sarà che abita lì vicino e infatti non viene mai a pranzo con noi. Lei è laureata in “Conservazione dei beni culturali” (il futuro dell’Italia non sono le fabbriche di mutande: l’Italia può e deve impostare un’adeguata programmazione dove ha risorse insostituibili come il turismo e la cultura, si legge sui giornali). Ha svolto progetti di ricerca all’università per cui ha anche ottenuto dei fondi. Solo che ora i fondi non ci sono più. Il suo prof è morto e all’università non si entra se non si è appoggiati. Sta dando lezioni private di filosofia. Ha detto di essere “idealista come te”, quando le ho detto che ho un sacco di idee che però tendono a non produrre utili. Ha detto che non avrebbe accettato il posto da super-manager, di cui parlerò, perché non è “manager dentro”. In fin dei conti aveva chiesto un posto all’ufficio estero, visto che ha viaggiato molto e le piacerebbe fare esperienza in Cina. Alla fine anche lei è stata contenta quando le hanno detto:” Per queste mansioni se ne riparla tra due o tre mesi”. Credo che sia l’unica ad aver vagliato le parole che sono state dette là dentro. Che abbia disprezzato alcuni discorsi. Non le ho sentito fare nessun elogio sperticato del proprietario se non dire “E’ un grandissimo imprenditore”, che infatti è vero. Qualcuno le ha anche chiesto come battuta se pensa di dover fare regali di tipo sessuale al proprietario in cambio di macchine e diamanti e la risposta è stata chiara: “Non me ne frega niente né delle macchine né dei diamanti”, da cui, cantava uno, “non nasce niente.”

Gli altri esemplari della fauna umana dei pretendenti al posto si possono dividere in due gruppi: quelli che avevano un’alternativa e non hanno dato la disponibilità finale al posto e quelli che hanno dato la disponibilità. Di questi almeno tre l’hanno data perché non avevano alternative e due perché ci credevano davvero.
“E’ una favola! Hanno scelto noi su quattrocento! Saremo all’altezza? Se non si fanno queste sfide oggi quando si fanno? Dobbiamo metterci in gioco!”. Bene. Probabilmente loro due, ma forse anche gli altri, saranno futuri direttori di negozio. E’ possibile anche che un giorno arrivino in Bentley al lavoro (“Io non voglio gente che mira a guadagnare milioni al mese, io voglio gente che miri ad avere miliardi: gente il cui obiettivo non sia la mercedes, ma la Bentley. Voglio gente che sappia mettersi in gioco continuamente. Non persone che non valgono un cazzo”, annuncia lunedì pomeriggio il proprietario), a meno che il mercato dell’articolo sportivo in Italia non remi contro…

Come sempre le cose più interessanti non si ascoltano nelle occasioni ufficiali, ma al di fuori. Già il primo giorno ascoltavo cose del tipo “Ne rimarrà solo la metà”, “Chi non è portato per questo lavoro verrà semplicemente fatto fuori”. Intanto, comunque, si parla anche di altro. A volte faccio perfino delle domande mentre siamo in sala congressi. Sono anche quello che fa più domande una mattina quando ci fanno fare un colloquio di gruppo informale dentro il negozio di Perugia. Avete presente quando si dice: “Dare fiato alla bocca?”. Ecco. Diciamo che siccome ritengo di dover dire qualcosa, la dico, che sia sensata o meno.

Al ristorante i discorsi vertevano sui seguenti argomenti:
1) sesso;
2) sesso;
3) sesso;
4) ragazze;
5) personaggi che ci provano nei modi più disparati per la “legge dei grandi numeri”;
6) ragazze che la danno al primo schiocco delle dita di uno con adeguato carisma;
7) tentativi di approccio alla cameriera (“questo piatto non è delizioso quanto il tuo sorriso”, “sei gentilissima” ecc.ecc.). La cosa curiosa è che almeno tre ragazzi non possono avere numeri di telefono di ragazze nel telefonino pena l’impiccagione! Oltre a dover subire altre pressioni di questo genere dalle consorti;
8) giudizi sulle portate: piatti buoni, a volte ottimi, ma tendenti all’effetto mattone sullo stomaco. In particolare i dolci, per quanto buonissimi, erano solitamente bombe nucleari. Da segnalare cosa dice un ragazzo il primo giorno, visto che la bottiglia di vino era piena: “Qua non ci sono bevitori!”. Vedi. La reputazione di una vita stroncata così…
9) vita serale nelle città di origine (Perugia, Arezzo, zone limitrofe). Scopro così che i miei compagni di convention gente che gira per discoteche e locali vari. Hanno citato dei nomi, come “La Villa”, hanno detto anche quali sono locali per fighetti e quali per gente del tipo laureato-trentenne-che-vuol-divertirsi-ma-soprattutto-trovare-modo-di-conoscere-meglio-se-in-senso-biblico;
10) Siena è una città di gente provinciale e scorbutica e il Palio fa schifo, secondo un ragazzo di Arezzo;
11) di italiano nel mondo non c’è rimasto più niente. (A parte gli italiani? Ndrr)

 

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