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Lo stupore delle prese elettriche

corse e ricorse

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La storia inizia per la visita medica per l’ottenimento dell’agognato certificato medico per poter svolgere attività sportiva agonistica. Il certificato è richiesto da una legge regionale e va presentato alle varie gare competitive che si svolgono in Italia. Io non avevo intenzione di pagare il pizzo alla Fidal, quindi non avevo intenzione di fare gare competitive e inoltre l’obbligatorietà del certificato sa anche di stato etico.

Ciò non toglie che una visita medica basata sull’ECG da sforzo sia utile per tenere la situazione del cuore sotto controllo e per avere un punto di riferimento, un inizio. Tanto più che se vuoi iscriverti in palestra o andare in una pista pubblica o in piscina il certificato è comunque richiesto. La visita testimonia un miglioramento dei valori pressori e anche del peso rispetto all’anno scorso. Già questo è positivo, ma ci deve essere stato un click mentale inconscio che mi ha fatto pensare, uscendo, dall’Istituto Leonardo Da Vinci di Firenze: “Io correrò un giorno la maratona di Boston”.

Il “Mai una gioia” è sempre in agguato, però. Per fare la maratona di Boston ci vuole il tempo limite, che era già quasi irraggiungibile quando ero al massimo della forma, due anni fa. Figuriamoci adesso. Poi in questo momento non ho intenzione di dedicare la mia vita extra lavorativa alla corsa, come dovrebbe essere se intendessi preparare seriamente una maratona. Adesso voglio fare più cose, quindi cicloturismo, trekking, pseudo pugilato. Poi potrò anche tornare a correre novanta chilometri a settimana o più, visto che quando lo facevo mi piaceva.

Comunque chi ben comincia è a metà dell’opera e anche se il pensiero è diventato “Mi avanzano da correre le maratone di Chicago, Londra e Berlino” ho voluto vedere a quale ritmo avrei corso dieci chilometri. L’idea era di provare una volta a correrli a sette minuti al chilometro, poi una volta a sei e trenta e così via, in una settimana.

Sono andato a Strada in Casentino. C’è un viale che porta nel paesino. C’è una chiesa, nel cui parcheggio ho parcheggiato la macchina. Ci sono dei giardini. Dal viale arrivi fino a un bar e per non sbatterci addosso o vai verso il paese o giri tornando indietro e prendendo il controviale. In pratica se fai il giro completo percorri poco più di un chilometro. Quanto sia il “poco più” adesso mi sfugge. Quel “poco più di un chilometro” è comunque stato sempre molto utile quando preparavo le gare durante l’estate e non ero a bollire in quel di Firenze, perché è uno dei pochi chilometri interi in pianura che si possono trovare in Casentino.

Sono partito pensando e ho subito smesso di pensare, visto che il Suunto Ambit 3 Run mi diceva che andavo a 5’40”/km. Mi sono detto: perché non continuare a questo passo, che mi sembra di reggere tranquillamente? Al limite farò meno chilometri, ma intanto vado…

Il “Mai una gioia” era di nuovo in agguato. Il Suunto si è scaricato. O meglio: ha scritto “Necessario ricaricare” sullo schermo, ha disabilitato il gps e le indicazioni sulla distanza e sulla velocità ed è diventato un normale orologio. Ha fatto tutto da solo, eh. Senza chiedere niente a me. Comunque allora mi sono messo a contare. Se adesso sono le 9,44, quando sarò in questo punto dovrà essere un’ora tra le 9,49 e le 9’50, perché vorrà dire che un chilometro l’avrò corso in meno di sei minuti e sarebbe fantastico. Così sono andato avanti chilometro dopo chilometro a vedere quanti minuti passavano facendo il giro e notando sempre cose belle. Ovviamente oscillavo anche tra il dire “finirà tutti e dieci i chilometri previsti” e “potrei smettere a sette o a otto o a nove”. Ovviamente, perché funziono così da sempre. Inoltre mi dicevo che sarei potuto andare in macchina a vedere l’ora, visto che quando ho iniziato erano le 9,36 e quindi più o meno avrei potuto sapere in quanto tempo avevo percorso il numero di chilometri complessivi. “Ho finito il quarto, ho finito il quinto, mi fermo, no poi non riparto perché rischio di non avere voglia di ripartire, ho finito il sesto, mi sembra di non essere più affaticato che all’inizio e continuo a fare sempre meno di sei minuti al chilometro, potrei anche finire qui, dai faccio il settimo, dai adesso l’ottavo, a otto si smette, dai facciamo il nono. Ok. Al nono, fatto anche cercando di andare più veloce, ho smesso. Però se ogni km sono poco più di un km, nove giri potrebbero essere quasi dieci km”.

Così alla fine posso dire di avere corso quasi dieci chilometri a un ritmo tra i 5’40” e i 6’/km. Questo vuol dire che non devo ricominciare da sotto zero, ma semplicemente da zero: dal test del moribondo, che vuol dire correre sei chilometri in un’ora. Questo mi ha fatto pensare che dai magari in un certo numero di anni potrei anche recuperare la forma per qualificarmi per Boston, no?

E niente. Alla fine quelle corsette lente fatte ogni tanto e poi smesse durante questi due anni a qualcosa devono essere servite. In settimana farò delle controprove e poi il sol dell’avvenire potrebbe splendere e materializzarsi sotto forma di tante mezze maratone fino ad arrivare al nuovo sogno: Boston, appunto.

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