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Lo stupore delle prese elettriche

Cottarelli sulla spesa pensionistica

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Da “La lista della spesa” di Carlo Cottarelli

 

La spesa previdenziale era il 43% della spesa primaria nel 2013

La spesa previdenziale è in maggior parte a favore degli anziani

La spesa pensionistica sul pil è tra le più alte al mondo non solo perché siamo un paese di vecchi ma anche per le condizioni generose del sistema.

Questa spesa comprime le altre e la possibilità di ridurre le tasse.

Spesa primaria degli enti previdenziali nel 2013: 320 miliardi, bilancio inps. Tolte le spese di gestione si tratta di trasferimenti fatti a individui a diverso titolo, soprattutto pensioni.

Spesa per pensioni e liquidazioni: 265 miliardi, 83% del totale. Il resto sono altre prestazioni sociali per cui i lavoratori hanno pagato contributi (indennità di malattia, maternità, disoccupazione ecc) e altre per cui non hanno pagato contributi e quindi vengono considerate assistenza (pensioni sociali, di guerra, invalidità, ipovedenti ecc).

Spesa per pensioni senza liquidazioni 255 miliardi, 16,3% del pil

I confronti tra paesi non sono facili. Secondo l’ageing report la spesa pensionistica dell’Italia è comunque superiore a quella di quasi tutti gli altri paesi avanzati anche escludendo la quota per l’assistenza.

La fetta di pil assorbita dalle pensioni è cresciuta nel tempo: 9% nel 1990, 13,5% nel 2000, 15,5% nel 2010. Dagli anni 60 è cresciuta nel mondo, per l’invecchiamento e per le migliori condizioni pensionistiche. Solo che in Italia è cresciuta di più. La popolazione invecchiava ma l’età media di pensionamento non veniva adeguata.

Popolazione di età superiore ai 60 anni nel 20104 era il 27%, nel 2002 il 24%, nel 1992il 20%, nel 1980 il 16%. Sono aumentati con gli ultrasessantenni anche i pensionati.

Ci sono 16,5 milioni di pensionati, quasi un terzo della popolazione e sono tutti potenziali elettori. Il numero delle pensioni è 23,5 milioni (c’è chi riceve più di una pensione, come quella di reversibilità).

La fetta di pil assorbita dalla spesa per pensioni dipende però non solo dal numero dei pensionati rispetto alla popolazione ma anche dal rapporto tra pensione media e reddito medio pro capite. Se il reddito dei pensionati aumenta più rapidamente del pil procapite la fetta di reddito assorbita dalle pensioni aumenta anche a parità del numero dei pensionati rispetto alla popolazione.

Il reddito medio dei pensionati è rimasto abbastanza stabile rispetto a quello medio italiano, 45 50%, dal 1980 al 2007. Ha raggiunto nel 2’012 il 58%. Perché? Le pensioni sono indicizzate all’inflazione e quindi costanti in termini reali. Il reddito reale degli italiani si è ridotto di oltre l’11% dal 2007, anche per il forte aumento del numero di disoccupati o di chi ha un lavoro precario o part time. I pensionati arretravano meno di altri.

Secondo uno studio del FMI la spesa per pensioni dovrebbe aumentare ovunque nei paesi occidentali ma non in Italia in futuro perché l’Italia ha approvato riforme strutturali (la Fornero) che influiranno in modo drastico sulle tendenze future della spesa.

Questo andamento, favorevole per le finanze pubbliche, meno per i pensionati futuri, proseguirà nei prossimi venti anni. Nei prossimi dieci la spesa resterà tra le più alte al mondo rispetto al pil, per motivi demografici e per la maggiore generosità degli assegni di chi si è ritirato dal lavoro prima delle riforme. Intorno al 2050 la maggiore spesa italiana sarà dovuta solo a motivi demografici.

Queste ipotesi sono comunque basaste su una crescita annuale della produttività dell’1,5% e non dello 0.

Inoltre si ipotizza che l’impianto delle riforme non sia modificato (per esempio da quota 100), sia come età che come tasso di sostituzione.

Comunque le riforme comportano un rallentamento della spesa pensionistica nel lungo termine perché sono stati ridotti i benefici per chi attualmente lavora e non è ancora andato in pensione.

La spesa attuale è elevata perché chi già si è ritirato dal lavoro ha avuto condizioni più favorevoli mentre le riforme hanno colpito chi lavora. Non sono i pensionati del tempo ad aver già dato ma i pensionati futuri, a ogni riforma.

Il reddito medio dei pensionati è di circa 15 500 euro, su un reddito medio di 25 500 euro procapite, quindi il 60%. L’85% delle pensioni è di meno di 26000 euro lordi annui. I pensionati con redditi superiori sono solo un paio di milioni. Però in Germania, per dire, sono 650 000 (e il reddito procapite tedesco è circa un quarto superiore a quello italiano). È vero che durante la vita lavorativa gli italiani hanno pagato più contributi mentre i tedeschi hanno potuto comprare pensioni integrative. In ogni caso le pensioni erogate in italia sono più elevate di quelle giustificate in base ai contributi pagati. Se fossero basate sui contributi sarebbero in media più basse. Quindi le pensioni pagate sono alte rispetto ai contributi pagati e anche agli standard di altri paesi.

Inoltre la sanità è sostanzialmente gratuita, soprattutto per gli anziani, quindi i pensionati risparmiano spese che i lavoratori devono sostenere. Inoltre i lavoratori hanno anche i figli da mantenere. Una riduzione delle pensioni sopra un certo livello di reddito potrebbe essere assorbita da una riduzione dei risparmi dei pensionati e non da una riduzione dei consumi e degli standard di vita.

I figli sono disoccupati? Anche a causa delle tasse sul lavoro che servono a pagare le pensioni. Sarebbe meglio se le tasse fossero più basse, i giovani non fossero disoccupati, i pensionati non dovessero risparmiare per sostenere i figli.

All’interno del sistema previdenziale le cose restano. Se riduci le tasse sul lavoro saranno favoriti i futuri pensionati. Se lasci inalterate le distorsioni distruggi il futuro previdenziale.

Come intervenire? Agendo per quanto possibile sulla parte retributiva delle pensioni in essere. Vaste programme.

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