Sbobinatura. Dinamica della crescita e presunta crisi del capitalismo
https://www.youtube.com/watch?v=gx-BnnzPyrY
https://www.youtube.com/watch?v=rd20ZHSnrMI
Cambiare modello di sviluppo dove? In alcuni paesi bisognerebbe cambiare il modello di sottosviluppo perché le persone ci vivono male.
Il sistema economico sociale costruito in circa 5000 anni sarebbe un fallimento totale?
Il termine capitalismo è ambiguo.
Sarebbe opportuno concentrarci su specifici sistemi economici. Italia e Stati Uniti hanno sistemi fiscali, redistributivi, di mercato del lavoro, proprietà privata ecc. diversi, per dire. In Italia tra tassazione, intervento pubblico diretto nell’economia, partecipate pubbliche, imprese formalmente private ma controllate dal tesoro attraverso la cdp, regioni, circa il 70% del pil è controllato direttamente o indirettamente dallo stato nelle sue varie formulazioni. In Usa le imprese pubbliche o partecipate sono più rare. La quota sarà il 35 40%, che non è comunque un piccolo numero.
I problemi sono diversi in sistemi diversi e danno risultati diversi.
Esiste una tradizione iniziata a inizio 800 di tipo filosofico e sociologico secondo la quale in occidente ci sarebbero crisi e declino. Le crisi in realtà non sono mai state catastrofiche: la catastrofe non è mai avvenuta.
Anche nel 2008 non è crollato il sistema finanziario. Le profezie catastrofiche sono fallite.
Si ritiene di essere parte di un pensiero critico e stimolante e si cerca di mostrare il male del mondo come se lo si capisse. La letteratura catastrofistica vede la crisi come qualcosa di negativo nei sistemi in cui viviamo, che loro chiamano capitalisti ma sono i più svariati. Questi sistemi sarebbero eternamente dannati e il mondo vivrebbe nell’attesa del crollo. È un tratto culturale e psicologico anche diffuso. Ci si aspetta anche il crollo dell’Italia.
È necessario cambiare delle cose, ma non ci sono i crolli, bensì ci sono i declini o le oscillazioni.
Ci sono elementi di criticità ma farlo per categorie ideologiche è futile e cambiare il mondo attraverso grandi rivoluzioni è un mito santificato dal marxismo in particolare. Questo danneggia. Le criticità vanno risolte in maniera pragmatica studiandole per quelle che sono.
Dietro l’immagine del crollo c’è un’immagine della quale certi divulgatori sono responsabili. Cioè il fatto che nei sistemi moderni di mercato, dove la scienza è applicata alla tecnologia, i sistemi creati negli ultimi 200 300 anni in Europa e si sono diffusi per il mondo, la crescita del benestare sociale è una specie di cosa garantita. Accade per definizione. La macchina è tale che deve offrire il miglioramento continuo delle condizioni di vita. Anche chi teorizza il declino, la necessità di fermarsi, di non fare aumentare il pil ritiene che si debbano migliorare le condizioni di vita di centinaia di migliaia di persone.
Per migliorare le condizioni di vita devi fare le cose in modo migliore, producendo più beni e servizi di migliore qualità con utilizzo pari o minore di risorse.
Migliorare le condizioni di vita quindi significa per definizione fare aumentare il pil perché il pil misura il valore aggiunto, sia pure in maniera imperfetta.
Quindi che tu costruisca case o macchine, migliore sanità o migliore educazione, o migliore arte fai aumentare il pil. Se smettessimo di guidare le macchine e facessimo tutti quadri o poesie nella misura in cui esiste un mercato per questi beni, si creerebbe valore aggiunto. Nelle società avanzate il pil è fatto dai pensieri, dalle idee, dall’intrattenimento: pensate all’enorme pil che viene da musica, teatro, lettura, tempo libero, turismo, guardare i paesaggi ecc.
L’immagine idiliaca deriva da dei modelli che certi economisti hanno usato per semplificare. Il pil pro capite è cresciuto a lungo in America, sia pure con oscillazioni e quindi è nata l’idea che la crescita tranquilla e lineare sia una caratteristica del sistema che funziona e invece una crisi, una recessione, un’oscillazione, una situazione di difficoltà, mancanza di crescita o distribuzione ineguale della crescita siano dei sintomi di malattia.
Questo è un modello erroneo dei sistemi economici sia di mercato che non di mercato.
Già Schumpeter ha messo chiaro che la crescita avviene per cicli e i fenomeni di crisi sono naturali nel processo di crescita. Non ci sarebbe crescita duratura, specialmente guidata dal progresso tecnologico, se non ci fossero fasi di crisi. Siccome gli uomini non sono perfetti e non possono indovinare sempre ciò che è meglio, ciò che funziona, ciò che la gente chiede o se i costi siano inferiori o superiori ai benefici (cost effectiveness), a volte si fanno errori collettivi: si investe troppo da un lato e poco da un altro, si pagano troppo certe case che poi si rivelano non valere, si punta su un’industria che non rende, ci si aspetta che una risorsa o una materia prima abbiano un’offerta a un certo livello senza variazioni di prezzi e invece il prezzo cambia oppure scoppia una guerra ecc. Allora la crescita si arresta e occorre prendere un’altra strada.
Prendendo la storia del mondo si vede che così è sempre stato. Gli esseri umani in forma diversa, in sistemi diversi, sotto vincoli e meccanismi culturali e credenze diverse su ciò che è possibile hanno sempre cercato di migliorare le condizioni di vita e molte volte hanno sbagliato.
Ci sono civiltà che sono collassate per una ragione o l’altra. Negli ultimi 200 300 anni c’è stata molto più crescita del benessere e della popolazione. Ci sono state meno crisi e meno catastrofi rispetto ai secoli precedenti. La nostra prospettiva recente è distorta. Si immagina che sia naturale una crescita continua e corretta ma le fasi di crisi sono fasi endogene in cui imprenditori, consumatori, intellettuali, scienziati cercano altre strade. Con migrazioni, guerre, cambi tecnologici, cambi di politiche, cambi di prezzi. Le politiche sbagliate aggravano la crisi come nel ‘29.
Concentrarsi sulla crisi come fattore drammatico è una lettura erronea e dannosa. Occorre capire i fattori di crisi specifici. Bisogna capire dove sono gli errori di investimenti, tassazione, pratiche quotidiane, comportamenti. Quindi bisogna vedere se ci sono dei meccanismi spontanei, di mercato, collettivi, politici, di tassazione che possano modificarli.
La crisi è un’opportunità. Sarebbe meglio vivere in un mondo senza crisi ma non è così. Accettiamo la fallibilità umana e dei nostri investimenti. Usiamo le criticità come occasioni per prendere direzioni diverse.