Di Massimo Fontana:
Oggi parliamo di derivati.
C’è infatti una ossessione molto italiana su tali prodotti finanziari, che vengono visti da un lato e da alcuni come i veri responsabili della crisi economica scoppiata con il fallimento Lehman (falso, in quanto il responsabile sono stati i mutui subprime, che non sono derivati), dall’altro come una bomba pronta a scoppiare nella pancia delle banche, soprattutto tedesche.
Ovviamente la realtà è ben diversa e per l’appunto oggi cerchiamo di capirlo.
Innanzitutto bisogna spiegare di cosa stiamo parlando.
La Bis , ovvero la banca per i regolamenti internazionali ci viene in aiuto, illustrandoci il totale e la composizione dei principali derivati in circolazione, qui https://www.bis.org/statistics/d5_1.pdf e qui https://stats.bis.org/statx/srs/table/d10.1
Come possiamo leggere nella prima metà del 2018 il totale nozionale dei derivati OTC ( ovvero over the counter , quindi fuori da mercati regolamentati ), era poco meno di 600.000 miliardi dollari.
Di questi la parte ampiamente preponderante è rappresentata dagli ” interest rate contracts ” il cui valore è di circa 481.000 miliardi di dollari .
Vengono poi con quote minoritarie i “foreign exchange contracts”, i “credit default “, con rispettivamente 95.000 e 8300 miliardi di dollari, e buoni ultimi gli “equity linked contracts” con 7000 miliardi di dollari.
Esaminiamo velocemente i vari contratti nel caso più diffuso di swap, ovvero di scambio tra le parti .
Partiamo dai più importanti, ovvero gli interest rate.
In questo caso abbiamo un soggetto qualsiasi che ha un contratto finanziario che potrebbe essere un bond che paga un determinato interesse fisso.
Ad un certo punto questo soggetto, per un qualsiasi motivo vuole proteggersi dal rischio che il tasso d’interesse sul mercato muti. Ecco che allora chiama un cosidetto “dealer” e si accorda per scambiare i pagamenti che lui riceve ad un determinato tasso però variabile.
All’inizio del contratto entrambe le parti sono in equilibrio .
La cosa muta se cambia la parte del contratto coperta, ovvero il tasso d’interesse .
Quale sarà l’onere eventuale ?
Ovviamente la differenza sul tasso d’interesse .
Passiamo ai foreign exchange.
Anche qui il sistema è lo stesso, solo che ciò che si vuole coprire sono gli effetti del cambio.
Ovvero una azienda potrebbe voler assicurare una obbligazione emessa in una valuta ad un certo tasso contro il movimento del cambio .
Abbiamo poi i credit default swap.
Questi sono i più semplici e proteggono dal rischio insolvenza di un soggetto.
In cambio di un premio un soggetto X assicura il soggetto Y contro l’insolvenza eventuale di Z .
Infine ci sono gli equity linked, che proteggono dal differenziale di rendimento di un indice o mercato azionario.
Il punto importante di tutto il discorso è che quello di cui stiamo parlando, ovvero l’ammontare astronomico dei derivati in circolazione è il valore nominale dei derivati, ma il valore nominale dei derivati, con l’eccezione dei Cds, non è quanto una banca o un emettitore del derivato può eventualmente perdere, ma semplicemente il valore di quanto assicurato.
Facciamo un esempio riguardante la parte più importante dei derivati, ovvero gli interest rate .
Ipotizziamo che venga emesso un derivato sui tassi d’interesse per un valore di 1 miliardo di dollari.
L’emettitore copre il miliardo ?
No, l’emettitore copre la parte riguardante gli interessi.
Non a caso si chiamano “interest rate”.
Di più, l’emettitore non copre nemmeno tutti gli interessi, ma solamente la parte che differisce da quanto previsto.
E se una delle due parti che ha sottoscritto il derivato fallisce ?
Anche qui, non succede niente di devastante, perché ciò che salta non è il miliardo emesso, ovvero il valore del contratto, ma in questo caso la parte di interessi diversi da quanto previsto che una delle due parti avrebbe dovuto ricevere, ovvero una minuscola frazione del valore nozionale.
A questo punto avrete già capito che questi mastodontici derivati che secondo alcuni dovrebbero rappresentare un rischio terribile per il sistema finanziario mondiale altro non sono che una forma diversa di contratto assicurativo e che anzi, al contrario dei contratti assicurativi veri e propri che in caso di incasso sono obbligati ad erogare realmente il valore nozionale di quanto assicurato, sono obbligati ad erogare al massimo una piccola frazione del valore totale.
Cosa diversa per i Cds, ma non a caso, il mercato totale di questi prodotti, rappresenta ormai e fortunatamente una frazione minimale dell’intero ammontare di derivati.
Sicuramente una migliore regolamentazione del settore andrebbe fatta, ma non c’è nemmeno una bomba atomica finanziaria alle porte, come immaginano molti.
A torto.
Al limite ci sarà solo un ulteriore intervento della Fed e della Bce