there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Dieci giorni di emozioni. Vita da mondiali di nuoto dietro e davanti le quinte.

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“E così adesso ve ne andate tutti: è stato bello avere tanti piccoli pezzi di mondo qui con noi per due settimane. Speriamo di avervi aiutato a rendere la vostra presenza la più piacevole possibile. Ciao mondo.”

Ripartire è un po’ morire, scrivere è un po’ rivivere e allora riviviamo.
Quell’idea di andare a Kazan che si insinuò nella mia mente a Berlino per gli Europei del 2014, tra una pizza e una birra, ha vinto.

E adesso che i mondiali sono finiti, niente più ricerche su come ottenere il visto per la Russia, su come farlo da soli. Niente più no non vado seguiti da acquisti di biglietti. Niente più no non vado seguiti da prenotazioni di ostelli. Niente più no non vado seguiti da prenotazioni di voli e nuove prenotazioni di voli se te ne cancellano uno. Niente più no non vado e quindi vado in Irlanda. Sì, ok, vado in Irlanda, anche. Niente più no non vado e allora compro i biglietti per gli Europei di pallavolo femminile a Rotterdam. Ok, quello vedremo. Niente più ma quanta burocrazia per ottenere il visto e quanti soldi occorre spendere e quindi non vado. Niente più ricerche di agenzie, telefonate all’ufficio Italia Russia, stipula di assicurazioni russe, esecuzioni di fototessere perfette, compilazione di moduli di richiesta di visto, presentazioni delle dimostrazioni di volo e alloggio, richieste di inviti ufficiali da agenzie russe, consegna dei documenti a un centro visti da parte dell’agenzia e 216 euro tutto compreso.

Niente più paura che anche solo uno dei mezzi di trasporto da Stia a Kazan passando per Firenze, Milano, Dusseldorf, Mosca abbia qualche guasto. Niente più paura di non passare il controllo dei passaporti per chissà quali motivi. Niente più spaesamento all’arrivo a Mosca Domodedovo, ricerca dell’uscita giusta per trovare il bus dell’airhotel, tentativo di andarci a piedi, rinuncia al tentativo, attesa del pulmino insieme a due giovani viaggiatori inglesi dotati di grande zaino, arrivo all’hotel, partenza la mattina successiva e arrivo pieno di grandissima soddisfazione interiore a Kazan.

Niente più il tempo passato a dormire e a mangiare è tempo perso ma ogni tanto se ne ha bisogno. Niente più ricerca dell’wifi. Niente più scrivere articoli in tempo prima che se ne accumulino troppi. Niente più ascoltiamo qualche intervista, riguardiamo qualche gara, leggiamo qualche commento, guardiamo qualche sito come oasport o gazzetta o swimswam, leggiamo cosa scrivono sul forum di corsia4, controlliamo Facebook, Twitter, Instagram e vediamo cosa dicono i nuotatori, i commentatori, le federazioni, le pagine dei siti sportivi e specialistici.

Niente più mettiamo nello zaino biglietti, occorrente per le lenti a contatto, portafoglio, impermeabile e tutto quello che dovrà essere usato giorno per giorno. Niente più tiriamo fuori ogni giorno ciò che ci serve senza dover controllare dove lo abbiamo messo. Niente più alziamoci presto, diamo un’occhiata ai siti, casomai scriviamo qualcosa sui social network, prendiamo lo zaino, usciamo.
Niente più le cose scritte in appunti di viaggio

Niente più oddio ho sbagliato strada farò in tempo? Niente più ormai ho imparato la strada. Niente più coffee maker che mi ha riconosciuto quando era il tempo di ripartire e ha anticipato la mia richiesta di espresso senza zucchero. Niente viaggi in bus o in metro insieme ad atleti minori e a tifosi cosmopoliti: niente, nel senso che questo accadeva a Barcellona 2013 e a Berlino 2014, ma stavolta i percorsi di ognuno erano diversi.
Niente più vado a vedere da dove entrano ed escono gli atleti portati dai pullman dell’organizzazione o in modo autonomo. Niente bambini che supplicano autografi come a Barcellona, raggiungimento e osservazione delle vasche di riscaldamento, degli spogliatoi e delle zone massaggi delle squadre maggiori. Niente più attesa dell’uscita degli atleti mentre dei ragazzini suonavano delle bacchette per farsi sentire e loro li salutavano. Niente più “Camiiiiiiiilllllleeeeee” urlato con voce stridula da una ragazza adolescente che invocava il nome di Lacourt e saltellava animosamente per poi tradirlo con “I love you Sun Yang” e forse anche con “Hello Watanabe..”

Niente più controllo di sicurezza: posa gli strumenti elettronici, accesi mi raccomando, fai passare lo zaino allo scanner, riprendi, gli oggetti, ascolta il volontario o la poliziotta russa che ti parlano in russo e tu dici inglese e qualcuno passa al linguaggio dei gesti e dice che sembra che ci sia un ipod che non ho più da dieci anni e alla fine è comunque sempre tutto ok.
Niente più volontari che al megafono annunciano le direzioni di marcia per raggiungere gli impianti o salutano le persone. Niente più dai mi piace come suona la lingua russa bisogna che la studi.

Niente più controllo dei biglietti, ingresso all’arena, instant coffee ai distributori di cibo e bibite chiamati in modo diverso (kebab city, sushi city, burger city) ma tutti con le stesse cose da mangiare e bere. Niente più instant coffee, dicevo, ma non capivano, allora indico dove è scritto nel menu posato sul tavolo, allora eccolo qua. Niente più ti faccio vedere quanto devi pagare sullo schermo della calcolatrice. Niente più passaggio alle toilette, visione dei souvenir al negozietto, accesso al mio settore, saluto del volontario all’ingresso o del volontario addetto alla sicurezza, posizione nel mio posto a sedere con spostamenti possibili soprattutto la mattina e soprattutto se il tipo con la telecamera o la ringhiera di fronte a fila uno ostruivano la vista. Niente più security staff che sono pronti a non farti usare il flash o a non farti avvicinare alla ringhiera che va sul bordo vasca o sono appunto addetti alla sicurezza.

Niente più spettacolino danzante sul podio, animazione da parte delle mascotte, giochini per intrattenere il pubblico, riscaldamento degli atleti fino a un quarto d’ora prima dall’inizio delle gare, sorridi alla camera se ti inquadrano o mostra il bicipite o fai finta di suonare la chitarra o balla. Niente più dai battete le bacchette che vi sono state date all’ingresso del settore, fate un po’ di rumore, seguite i volontari che ballano o dettano il ritmo o applaudono ogni volta che parte la musica: cerimonie di premiazione, gare, batterie, intervalli tra le gare. Attenti alla telecamera di quelli di Sport Production che vi inquadra. Attenti che se vi prendono quei due vestiti da pesce vi fanno fare lo spettacolino. Bambini, fatevi le foto con le mascotte, ma non ostruite la vista delle partite di pallanuoto. Niente più non se ne può più dopo dieci giorni di spettacolini però dai erano carini e non invadenti.
Niente più batterie di nuoto la mattina alle 9,30, finali di nuoto dalle 17,30, controllo dei tempi da ranking, curiosità delle prime batterie, chissà quante storie dietro ciascuna di quelle vite, poi arrivano quelli forti, attento alla tecnica o alla gara o al tempo di italiani e primattori. Niente più attesa di chissà stasera cosa faranno e chissà poi domani. Niente più turbinio continuo di gare, nuotate, tempi, risultati, premiazioni. Niente più urla, applausi, pianti, risate, felicità, speranze, sogni, delusioni, illusioni, disillusioni, gioia, tristezza da parte dei tifosi e degli atleti. Niente più inni, alzarsi in piedi, mano nel cuore gli americani, canti sorrisi e gesti spiritosi dei simpaticissimi australiani e di tanti altri atleti. Niente più bandiere, guance colorate, cartelli, cori, cosmopolitismo. Niente più Rassìa! Let’s go USA! Italje! Italia!

Niente più cibo veloce prima di spostarsi da un impianto all’altro e ripetere tutta la trafila. Niente più acquisto di biglietti con mesi di anticipo (22 dicembre 2014, 29 marzo 2015, 12 luglio 2015) e acquisto dei rimanenti in loco con gli addetti che parlano inglese lasciati nelle retrovie dei botteghini. Niente più tipa che siccome vede che non capisco il russo parlato pensa che scrivendomi la domanda capisca meglio. Non ho mai visto tante gare come quest’anno. Oltre a tutto il nuoto, tutte le gare di pallanuoto maschile e femminile dai quarti in poi, compresa una semifinale tra il quinto e l’ottavo posto. Inoltre tuffi dal trampolino tre metri donne e tuffi misti dal trampolino tre metri. A Berlino non c’era la pallanuoto e vidi più gare dei tuffi, eliminatorie di alcuni comprese. A Barcellona i tuffi erano terminati prima che io arrivassi.

Niente più giri per il villaggio, intrattenimenti musicali e danzanti vari, shopping Arena o Speedo, shopping di souvenir, cibo su cibo di cucine più o meno locali, artisti di strada, intrattenitori di bambini e adulti, miscugli tra atleti in libera uscita, atleti minori, parenti di atleti, gente curiosa, tifosi di nuoto, tifosi degli eventi socializzanti, tifosi del cosmopolitismo.
Niente più viaggi per la città, che a Kazan sono stati solo due e sono durati un’ora il primo e tre ore il secondo, ma a Barcellona e a Berlino ogni giorno bisognava visitare uno o due quartieri e mangiare al mercato, nelle due ore di tempo utilizzabili dopo le batterie della mattina, prima delle tre del pomeriggio quando iniziavano ad arrivare gli atleti e poi la sera se non c’erano partite di pallanuoto, altrimenti più tardi. A Barcellona ricordo certi ristorantini sotto casa alle due di notte che erano fantastici. Niente più incontri con la nazionale italiana di nuoto che andava a cenare e a festeggiare la chiusura dei mondiali al ristorante Il Basilico in centro a Kazan.
Niente più francesi accanto, fino al prossimo mondiale o europeo. Niente più incontri casuali con italiani, cori in tribuna di pallanuoto, festeggiamenti a bandiere sollevate delle medaglie azzurre, esaltazioni collettive per la 4x200sl donne, per la pallanuoto femminile, per la 4x100sl uomini, per Paltrinieri. Niente più discorsi di nuoto e di nuotatori con gente interessata e convinta o scoperte e curiosità sul mondo del nuoto durante una grande manifestazione, almeno fino alla prossima. Niente più Fratelli d’Italia cantato al villaggio. Niente più carabinieri che protestano per una sigaretta accesa e poi si mettono a ridere. Niente più carabiniere e ragazza del security staff che sorridono ai cori “Italia!” per uscire dal villaggio e ai fischietti e poi scambiano i saluti “Ciao Italia.” Niente più incitamento durante la premiazione della pallanuoto donne. Niente più invito al Setterosa a presentarsi sotto la tribuna. Niente più ragazze del Setterosa che ci salutano e poi arrivano a esultare sotto di noi. Niente più “Ma scusate, lo voglio sapere, cosa ci siete venuti a fare a Kazan?”

Niente più atleti all’aeroporto di Kazan: tedeschi, russi, svedesi (Sarah Sjoestrom che prende un caffè al tavolo accanto al mio.) Niente più atleti sul mio stesso volo da Kazan a Mosca: Titenis, Ruta Meylutite, diversi russi. Niente più atleti all’aeroporto di Mosca Domededovo la notte tra lunedì e martedì: Singapore e australiani. Niente più “can I take a photo with you two?” alle sorelle Campbell.

Niente più “Sei stato a vedere i mondiali di nuoto?” da parte del controllore dei passaporti a Mosca e dall’addetta dell’agenzia cambi a Verona.
Niente più non poterne più di giorni e giorni di gare continue. Fino alle prossime, ovviamente.

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