Fissare i prezzi per legge non ha alcun senso.
Cercate price ceiling e price floor su Google o meglio su qualche buon testo di microeconomia per capire i problemi che comporta in termini di distorsione del mercato, inefficienza, peggioramento del benessere economico della società.
Alcune considerazioni in merito le ho riportate in altri articoli.
Si può capire perché qualche testa pensa che sia giusto stabilire un limite al rialzo dei prezzi, cioè per rendere i prodotti abbordabili, salvo il fatto che in questo modo i prodotti si rendono inesistenti (e se esistono è grazie al mercato nero).
Non si capisce la ragione dei saldi solo in certi periodi o del fatto che debba essere una legge a stabilire se i prezzi non possano essere fatti scendere da un commerciante o da un’impresa. Del beneficio apportato ai redditi dei consumatori e dei possibili utilizzi del maggior reddito disponibile frega niente a nessuno. Quel che manca è la considerazione della funzione allocativa dei prezzi, i quali, del resto, non sono stati compresi da nessuno tra i peggiori guru economici (Marx, Keynes, Sraffa, Leontief…).
Le decisioni di prezzo fissate dall’alto presuppongono che questo “alto” abbia accesso a tutte le informazioni possibili.
Come hanno mostrato decenni di prezzi amministrati e liberalizzati, l’efficienza e anche il prezzo più basso lo assicura la concorrenza più che la legge. Naturalmente le condizioni di libera concorrenza vanno assicurate a monte e non a valle: è meglio farlo prima che si formino cartelli che non dopo che si sono formati.
I tentativi di controllo dei prezzi sono stati quasi sempre fallimentari: da Diocleziano ai paesi dell’Europa centrale negli anni Venti, ai regimi fascisti in Italia, Spagna e Germania, ai regimi comunisti del Dopoguerra, ai regimi peronisti del Sudamerica.
In merito al fallimentare esperimento di controllo dei prezzi di Diocleziano ecco alcuni link di riferimento:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Riforma_monetaria_di_Diocleziano