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Lo stupore delle prese elettriche

Economia delle foreste

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Alcuni siti con tantissime statistiche utili, anche per contrastare propagandisti e catastrofisti..

 

http://www.fao.org/forestry/fra/62219/en/

 

http://foris.fao.org/static/data/fra2010/RF2012.pdf

 

http://www.unece.org/forests/fpm/onlinedata.html

 

http://www.cngeologi.it/wp-content/uploads/2013/10/Geologi.INFO-Stato-del-suolo-in-Europa.pdf

 

 

UNO

Il legno serve per l’edilizia, per la costruzione di oggetti in legno, per il riscaldamento, per la carta.

Gli alberi puliscono l’aria, assorbono la co2, rilasciano ossigeno, sono importanti per lo sviluppo dei corsi d’acqua, sono un rifugio per la selvaggina.

Circa il 30% del mondo è coperto da foreste. Negli USA la percentuale è del 33% (in Maine del 95%).

Le foreste costituiscono il terzo elemento di uso della terra, dopo l’agricoltura e la pastorizia..

Gli alberi crescono lentamente, rispetto ai prodotti agricoli, e questo incide sugli aspetti economici..

Un gestore delle foreste cercherà di massimizzarne il rendimento, ma deve anche decidere il momento ottimale per raccogliere i prodotti, tagliare gli alberi, ripiantarli.

Col taglio e la raccolta diminuiscono altri valori: ricreativi, la bellezza delle foreste, l’habitat per la fauna ecc.

Per bilanciare i costi e i benefici, il criterio dell’efficienza è valido.

La deforestazione ha intensificato il cambiamento climatico, ha ridotto la biodiversità, ha causato il declino della produttività agricola, ha ridotto le culture tradizionali dei popoli indigeni. Anziché essere usate come base per i bisogni delle generazioni correnti e future, alcune foreste sono state solo “incassate.”

Nel global forest resource assessment del 2000, la fao ha riportato che negli anni 90 il mondo ha perso il 4,2% delle foreste naturali. Nello stesso tempo ha guadagnato l’1,8% con riforestazione o afforestazione (conversione di terreni non forestali in foreste). Il risultato è una riduzione netta del 2,4% non soddisfacente né per la sostenibilità né per l’efficienza.

Sostenibilità in questo contesto si riferisce a non raccogliere più di quanto possa essere rimpiazzato dalla crescita. Una raccolta sostenibile preserva gli interessi delle generazioni future assicurando che il volume del legname rimanente non declini nel tempo. Questo tipo di sostenibilità è coerente con il criterio di sostenibilità ambientale. Per il criterio di sostenibilità debole, invece, tale criterio sarebbe soddisfatto anche se il volume del legname declinasse nel tempo fornendo a compensazione un ammontare a di beni o servizi che vengano valutati di più.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DUE

 

 

Le foreste sono un esempio di risorsa rinnovabile e stoccabile.

Gli alberi che costituiscono una foresta hanno una crescita lenta inizialmente, poi una crescita rapida negli anni di mezzo e infine una crescita più lenta.

Chi raccoglie la legna beneficia di un ricavo immediato. Chi aspetta, beneficia di una crescita futura, il cui valore dipende dall’età della pianta.

Il taglio produce risorse vendibili e quindi può portare reddito. Gli alberi non tagliati sono un capitale.

 

Quando si deve raccogliere il legname? Quando è efficiente farlo. Cioè quando il valore attuale dei benefici netti è massimizzato. Vale a dire quando il valore attuale del ricavo marginale derivante da un ritardo di un anno nella raccolta è uguale al costo marginale del ritardo. Se si ritarda la raccolta, il costo addizionale supera i benefici. Se si anticipa, si hanno più benefici persi (in termini di incremento di valore del legname) che costi risparmiati. Per molte specie, l’età di raccolta efficiente è maggiore o uguale a 25 anni.

La crescita degli alberi dipende da vari fattori: il tempo, la fertilità del suolo, la suscettibilità agli insetti o alle malattie, il tipo di albero, la cura dedicata agli alberi, la vulnerabilità agli incendi o all’inquinamento ecc.

 

L’età in cui la raccolta è efficiente dipende dalle circostanze. Se la terra può essere immediatamente ripiantata, è più efficiente anticipare il momento del taglio, perché bisogna considerare tra i costi del ritardo quelli derivanti dal fatto che il raccolto successivo avverrà più tardi. Se invece la terra può o deve essere lasciata libera per del tempo senza ripiantare, è efficiente ritardare il taglio.

 

Costruiamo un modello economico che preveda un solo raccolto e con prezzi del legname fissi.

Maggiore è il tasso di sconto e quindi il costo opportunità del capitale, più efficiente è anticipare il taglio. Se il tasso di sconto è alto conviene tagliare, vendere il raccolto e investire i soldi da qualche parte anziché lasciar maturare il capitale “foresta”. Ripiantare gli alberi avrebbe un costo che non verrebbe ripagato dalla crescita degli alberi, troppo lenta per un profit maximizer. Il costo del planting potrebbe essere superiore al valore commerciale ottenuto dai prodotti e in questo caso non è efficiente ripiantare.

In realtà la gestione della foresta prevede una sequenza continua di raccolte, tagli, replanting: non si ha un solo evento. Quindi passiamo a considerare un modello di pianificazione dall’orizzonte temporale infinito. In questo modello, più realistico, vanno considerati i costi e i ricavi marginali derivanti dal ritardare di uno o più anni il ciclo di raccolta-replanting-crescita. Il costo opportunità del ritardo deve essere compensato dal guadagno nella crescita.

La rotazione ottimale, a parità di condizioni, è più breve se sappiamo che ripianteremo (anticipiamo un nuovo ciclo) anziché se sappiamo che il terreno non sarà più usabile. Se i costi di planting e raccolta hanno un andamento crescente, la rotazione ottimale sarà allungata, perché dopo il taglio i costi del nuovo ciclo sarebbero più alti.

Rimuoviamo l’ipotesi dei prezzi fissi. In effetti il prezzo del legname tenderà nel medio termine a crescere. Se i prezzi crescono a un tasso costante, la rotazione efficiente è più lunga, perché a prezzi più alti corrispondono tassi di sconto più bassi.

Se il mantenimento della foresta fornisce “amenity values” come benefici ricreativi (il piacere per le persone che vanno nel bosco o lo osservano, per esempio) o la gestione della selvaggina, la rotazione efficiente sarà più lunga. Se tali amenity values sono molto alti, l’efficienza preclude ogni raccolto della foresta, che sarebbe economicamente preferibile lasciare allo stato selvaggio.

 

In assenza di esternalità, distorsioni causate da politiche del governo o tagli illegali, un proprietario privato che cerca di massimizzare il proprio profitto ha un incentivo ad adottare la rotazione efficiente e a sotto-effettuare investimenti che incrementano la sola produttività della foresta. Quindi la massimizzazione dei profitti può essere compatibile con la gestione efficiente delle foreste, sotto queste circostanze.

 

 

Però esistono o sono esistiti diversi problemi che portano o hanno portato a perdite sia di efficienza che di sostenibilità. In una parola: alla deforestazione. Vediamo quali sono gli incentivi perversi che favoriscono la deforestazione.

 

INCENTIVI PERVERSI PER I PROPRIETARI (Esempi.)

Il governo brasiliano ha tenuto spesso le tasse a livelli bassi su agricoltura e allevamento, incentivando la deforestazione e favorendo la trasformazione dei terreni per usi agricoli (o destinandoli al pascolo) anche quando la coltivazione o l’allevamento non sarebbero stati profittevoli in assenza di sussidio. In pratica i tax payers brasiliani hanno sussidiato la deforestazione, perdendo per di più un loro stock di capitale. (Adesso queste politiche di sussidi sono scomparse.)

 

Un’altra politica che ha avuto effetti disastrosi in Brasile è stata quella dello squatting. Dal 1850 vigeva una legge (ops: ancora il governo di mezzo) per la quale se tenevo e gestivo la terra per cinque anni, questa diventava mia e potevo rivenderla. Chi era senza terra era incentivato a deforestare. La terra era riconosciuta fino a tre volte l’ammontare di foresta ripulita: anche questo era un incentivo. Oggi non c’è più nemmeno lo squatting.

 

Il governo brasiliano ha però inventato i “resettlements programs”, finalizzati alla costruzione di porti, autostrade, strade, dighe, impianti idroelettrici che modificano il valore della terra e incentivano la deforestazione.

 

Inoltre, se il mercato del latte, della carne, dei bovini tirano, la deforestazione è incentivata visto che i proprietari possono non riconoscere valore a tutti i benefici derivanti dal mantenimento della foresta.

Dove il terreno è meno adatto all’agricoltura o all’allevamento, perché l’umidità è più alta e piove troppo, come nell’Amazzonia occidentale, la deforestazione è ridotta o evitata.

 

Nell’estremo oriente degli Stati Uniti, semplicemente, i proprietari non riconoscono gli amenity values e quindi tagliano in modo inefficiente.

 

Un ulteriore problema è legato alle concessioni alla raccolta. Conviene tagliare tanto e subito se la concessione dura poco ed è slegata dal pagamento di rendite. Queste sarebbero legate al valore commerciale derivante dall’avere, in futuro, alberi più grandi e vecchi. Questi alberi potrebbero avere oggi un’età per la quale il taglio sarebbe economicamente inefficiente. Non vincolando la concessione al pagamento di rendite o lasciandola di durata troppo breve determina un vantaggio per i concessionari, concesso dal solito governo che così riesce a fare cassa immediata.) La ricchezza va a piccoli proprietari o a imprese, però, e non al governo che potrebbe usarla per obiettivi sociali o di riduzione della povertà. (Per chi ci crede.)

Le concessioni a breve termine incentivano la deforestazione, quindi, e inoltre possono portare a costruire strade senza criterio, a rovinare le piante, a eliminare gli elementi naturali protettivi ecc.

 

Infine ricordiamo il taglio illegale: chi lo compie assume un tasso di sconto infinito, cioè non assegna nessun valore al futuro. Del resto un tagliatore illegale non è incentivato ad aspettare il raccolto: preferisce prendere i soldi e scappare.

In tutto ciò le popolazioni indigene che vivono nella foresta e traggono la sopravvivenza sono costretti ad andarsene dalle loro terre. (Che forse dovrebbero essere assegnate a loro? Diritti di proprietà garantiti? Diventerebbero deforestatori pure loro?ndrr.)

 

INCENTIVI PERVERSI PER LE NAZIONI.

Si tratta di costi esterni che travalicano i confini nazionali, per cui le singole nazioni possono non voler affrontare il problema e occorrono accordi internazionali per risolverlo..

 

Biodiversità. L’Amazzonia è la regione più ricca di fauna e flora del mondo. La deforestazione causa l’estinzione di molti abitanti animali o vegetali che non hanno più il loro habitat. L’estinzione è un processo irreversibile e la deforestazione ne è una causa. La diversità delle forme di vita nel pianeta diminuisce ad un tasso notevole.

E’ ironico che oggi questa biodiversità potrebbe essere sfruttata. E’ possibile trasferire dei geni da una specie a un’altra o creare specie resistenti alle malattie o ai pesticidi. Ma il pool di geni deve essere diverso per servire come “donatore di geni.” Le foreste tropicali hanno anche contribuito a creare da sole materiale genetico per aumentare la resistenza alle malattie di “cash crops”, come il caffè o il cacao e sono stati la fonte di nuovi cibi.

Un quarto delle medicine derivano da sostanze trovate in piante tropicali.

 

Climate change. La deforestazione impedisce l’assorbimento della co2 e bruciare gli alberi fa sì che la co2 venga rilasciata nell’atmosfera.

 

Qual è il problema? Che i benefici del mantenimento della biodiversità o delle foreste sono percepiti come benefici esterni dal proprietario raccoglitore e dalla nazione dove si trova la foresta. I costi della conservazione e del mantenimento sono interni a questi Paesi. La stessa perdita di biodiversità è maggiormente sentita nelle nazioni industrializzate che nei paesi ospitanti. Anche le tecnologie genetiche sono usate dai paesi ricchi. Gli stessi danni del cambiamento possono essere percepiti maggiormente nei paesi occidentali. (L’ambiente fa parte dei normal goods: al crescere del reddito disponibile, aumenta il suo valore.)

Fermare la deforestazione comporta la perdita di lavori e il venir meno di redditi e quindi a protestare sono soprattutto le persone dei Paesi esterni a quello deforestato. (Sono gli occidentali, spesso, a porsi questi problemi: non tanto le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, a parte alcuni sensibili e i popoli indigeni.) Date queste esternalità non ci si può aspettare che siano i governi nazionali a occuparsi del problema.

 

 

POVERTA’ E DEBITI

La povertà fa sì che chi è senza terra veda un’opportunità nella deforestazione, quindi nella coltivazione ecc. Dare la terra ai senza terra può essere un’opzione per i governi anche per evitare il sovraffollamento urbano, tensioni politiche, ricerca di lavoro superiore alla disponibilità.

In Africa del sud e dell’est si sono creati dei loop per cui la deforestazione e la povertà si rinforzano a vicenda. Si tagliano le foreste per il legno e per i raccolti agricoli. La foresta sparisce, il legno usabile come carburante pure, si bruciano i rifiuti animali per riscaldarsi e non si usano come fertilizzanti. Meno alberi comportano più erosione del suolo e meno raccolto e più denutrizione. Questo provoca meno resistenza alle malattie. Si ha meno disponibilità di riscaldare l’acqua impura o cucinare.

In caso di alti debiti può essere necessario usare il denaro per ripagarli anziché per finanziare attività sostenibili. Si può anche essere costretti a vendere le proprie risorse come forma di pagamento del debito. Questo si è verificato empiricamente per il legno, ma non per altre risorse e quindi il concetto non è generalizzabile.

 

SOLUZIONI POSSIBILI PER I PROBLEMI INTERNI ALLE NAZIONI

 

  1. SUSTAINABLE FORESTRY

La gestione delle foreste richiede la raccolta, la conversione, il replanting.

Correggere le inefficienze economiche può promuovere sia l’efficienza che la sostenibilità, ma non è sempre necessariamente così.

Secondo il criterio di sostenibilità ambientale la gestione sostenibile si può avere se le foreste sono sufficientemente protette in modo da mantenerle per sempre e quindi la raccolta sia limitata alla parte di foresta in crescita, lasciandone il volume complessivo inalterato.

Massimizzare il valore attuale dei benefici netti della gestione implica un confronto tra l’incremento di valore del ritardo nella raccolta (dipendente dalla crescita nel volume degli alberi) con l’incremento in valore del taglio e dell’investimento dei profitti (dipendente dal tasso di interesse guadagnato sugli investimenti). Con foreste composte da alberi che crescono lentamente può essere attuata una raccolta tale che assicura l’efficienza ma non la sostenibilità (cioè la crescita netta della foresta.)

Al contrario alberi che crescono rapidamente rendono attraente il replanting poiché i fondi sono legati a quell’investimento per poco tempo. Le specie possono essere raccolte e ripiantate a costi più bassi. Piantagioni sono state impiantate per fornire biocombustibile o fornire carta per le imprese cartarie sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo.

La riafforestazione di questo tipo è controversa: viene coinvolta una sola specie di alberi, che risulta un habitat povero per la selvaggina e richiedono molti fertilizzanti e pesticidi.

In alcune parti del mondo l’ecosistema è resiliente e la sostenibilità è raggiunta. Malgrado decenni di raccolta insostenibile, dagli anni quaranta la crescita netta delle “timberlands” negli USA è stata superiore rispetto alle quote tagliate.

 

 

 

  1. PUBLIC POLICIES

Per ripristinare incentivi efficienti:

  1. le concessionarie dovrebbero pagare il costo intero per il diritto di gestire e raccogliere da terre controllate pubblicamente, inclusa la compensazione per il danno alla foresta circondante gli alberi di interesse;
  2. la terra trasferita agli squatters non dovrebbe superare l’ammontare della foresta tagliata;
  3. i diritti degli indigeni dovrebbero essere rispettati.

 

COINVOLGERE IMPRESE CLIENTI E CONSUMATORI OCCIDENTALI

Un approccio coinvolge il potere dei consumatori. Sono imposti ai produttori degli standard attraverso certificati indipendenti che verifichino il loro rispetto e permettano ai fornitori di fregiarsi di etichette.

Affinché il sistema funzioni bene, bisogna che il processo di certificazione sia attendibile e che i consumatori si fidino di tale processo.

Inoltre i consumatori devono essere disposti a pagare un prezzo maggiore rispetto ai prodotti non certificati, il che può rendere la certificazione un’opzione attraente per le imprese che gestiscono la foresta. I loro ricavi dovrebbero evidentemente essere sufficienti almeno a coprire i costi maggiori, compreso quello di certificazione. Niente garantisce che queste condizioni si verifichino. (anche se questo tipo di coinvolgimento piace molto a diverse associazioni occidentali che cercano anche di instillare sensi di colpa. Non che sia un male andare a protestare contro le imprese clienti e i consumatori per sensibilizzare le une e gli altri, ma non dimentichiamo che i primi colpevoli restano i governi e i proprietari del luogo. Certo che se nessuno comprasse prodotti derivanti dalla deforestazione nessuno deforesterebbe. Si porrebbe il problema di come potrebbero vivere quelle popolazioni, ma è una questione diversa., ndrr)

In effetti molti di questi cambiamenti (public policies e certificazioni) possono essere imposti dalle nazioni per proteggere le loro foreste: il costo delle inefficienze è superiore al beneficio, per definizione, e quindi i Paesi possono riuscire a costruire il sostegno politico per effettuare i cambiamenti. Una cosa che quindi i paesi, le associazioni, i consumatori consapevoli potrebbero fare è quella di spingere i governi a compiere questi passi.

 

 

 

SOLUZIONI PER I PROBLEMI TRANSFRONTALIERI

Le nazioni tropicali possono e devono agire per riconoscere e correggere gli incentivi perversi in modo da ripristinare efficienza e sostenibilità, ma da sole tali azioni non forniscono una protezione adeguata per gli interessi globali sulle foreste tropicali.

Sei schemi sono stati disegnati per internalizzare alcuni di questi benefici transfrontalieri:

debt nature swaps

extractive reserves

royalty payments

carbon sequestration credits

forest certification

conservation easements

 

DEBT NATURE SWAP

 

Funziona così:

Il Paese povero ha un pesante debito estero.

Le banche preferiscono avere strategie alternative a quella di dovere stracciare il debito. Riducono le perdite e non incentivano altri debitori a seguire l’esempio e non pagare.

Interviene una ong che fa da intermediario: si accolla il debito in cambio di azioni a favore dell’ambiente da parte del Paese.

Il primo caso è successo in Bolivia nel 1987. Poi altri casi si sono susseguiti in Ecuador, Filippine, Zambia, Giamaica, Madagascar, Guatemala, Venezuela, Argentina, Honduras, Brasile.

In Madagascar, tra il 1989 e il 1996, con l’intervento del wwf, sono stati raccolti 12 milioni di dollari e ci sono stati nove accordi di scambio. Un programma prevedeva l’educazione di 320 agenti di protezione della natura, che si è focalizzata sul coinvolgimento di comunità locali nella gestione della foresta.

 

EXTRACTIVE RESERVES

Si creano delle riserve per evitare la deforestazione e per proteggere la popolazione indigena.

E’ successo dopo la morte di Chico Mendes nella regione brasiliana di Acre.

Queste riserve permettono alle popolazioni di mantenere le proprie attività di cacciatori e raccoglitori.

 

CONSERVATION EASEMENT AND LAND TRUST

(Internalizzare i benefici legati alle amenity values o altri.)

Accordo tra il proprietario e un ente pubblico o privato: io riduco lo sviluppo legato alla deforestazione e tu mi offri dei benefici. Per esempio garantisco di conservare la foresta e tu mi fai pagare meno tasse. In pratica si separano i diritti che si hanno sulla terra. Così in parte può essere usata e in parte no. I diritti possono essere venduti separatamente.

I problemi: verificare il controllo degli accordi può essere costoso. Soprattutto lo sono le azioni legali. Inoltre può succedere che in futuro il valore più alto non sia la conservazione ma lo sviluppo.

Un land trust è un trust di una ong o di una comunità che costituisce un fondo per conservare la foresta. Chi entra in possesso delle terre può anche decidere di vendere le attività commerciali esistenti.

 

 

WORLD HERITAGE CONVENTION

Accordo internazionale nato nel 1972 tra molte nazioni per conservare e identificare i siti naturali e culturali più importanti del mondo.

Le nazioni che ratificano l’accordo ricevono sostegno per attività promozionali per la conservazione del patrimonio e per lo sviluppo di materiali educativi, Inoltre possono ricevere assistenza finanziaria e il coinvolgimento di esperti.

L’un per cento del contributo annuo della nazione all’Unesco viene obbligatoriamente pagato dallo Stato all’whc. Circa tre milioni di dollari ogni anno servono per finanziare assistenza tecnica, progetti di addestramento, sviluppare progetti di conservazione, assistenza in casi di emergenza.

 

 

 

ROYALTY PAYMENTS

Le industrie farmaceutiche, tra le altre, hanno interesse a produrre nuovi prodotti basati su flora o fauna presenti in vari Paesi e in particolare nelle foreste tropicali.

Stipulare un contratto in base al quale le imprese pagano delle royalty per ogni prodotto usato incentiva la conservazione delle erbe come risorsa per le industrie come ricavo per i Paesi.

I ricavi sono usati anche per studiare le erbe, per inventariarle, per imparare come conservarle. Esempio: nel 1996 si è formata una joint venture tra la Medichem Research e il governo del Sarawak relativo al brevetto esclusivo per l’uso di due composti che promettevano di essere efficaci nella cura di alcune forme di cancro. Al governo era concessa l’esclusiva di fornitura delle materie prime. Inoltre scienziati del paese erano coinvolti nella selezione, lo studio, gli esperimenti.

In sé è implausibile che le industrie di un solo Paese abbiano una domanda tale da favorire una conservazione sufficiente. Ed è implausibile che i paesi poveri intendano sobbarcarsi tutto il peso dei costi derivanti dalla conservazione. Si tratta di un caso in cui i benefici e i costi devono essere visti in ottica transfrontaliera.

Questi accordi favoriscono l’incentivo alla conservazione e la capacità dei paesi di accrescere la capacità di percepire il valore della biodiversità in futuro.

Sawarak-medichem.com

 

CARBON SEQUESTRATION CREDITS

I proprietari possono ignorare o disconoscere i benefici derivanti dalla proprietà della foresta che ricadono su altri.

Il CSC è un modo per ridurre lo sbilanciamento.

Gli alberi raccolgono co2, togliendola dall’atmosfera e mitigando il climate change.

Il CSc cerca di internalizzare il beneficio dell’assorbimento di carbone dando ai proprietari dei crediti derivanti dal fatto che i loro alberi trattengono la CO2. Possono ottenere questi crediti investendo in sequestro di carbone addizionale (cioè piantando alberi).

Questi crediti possono essere venduti a chi, inquinatore, ne ha bisogno per rispettare dei target sulle emissioni.

Ci sono delle prove che suggeriscono che ridurre il carbone con questo strumento è più economico di molte altre misure. Il REDD ne è un esempio.

 

 

 

 

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