there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Appunti da Edimburgo

La gente sembra tranquilla. La fretta è emigrata da qualche parte.

Un ragazzo somigliante a un Harry Potter universitario, con occhialini, giacca azzurra da college, appena uscito da uno stereotipo, inciampa su uno scalino. Tra qualche anno avrà una bombetta, un ombrello e diventerà un membro della camera dei Lord. Era inglese, of course. In tasca aveva una bustina di tè Twinings.

Di diverse persone si notano il colorito chiaro, i capelli chiari o colorati azzurri o verdi, le guance paffute.

Tre ragazzine indossano le tipiche gonnelline scozzesi e corrono per Princess Street. Sghignazzano amorevolmente come se stessero per andare a una festa da ballo in un film di Walt Disney.

Come dice la mini Lonely Planet è possibile ancora incontrare da Jenners delle anziane coi capelli azzurrati che di solito passano le giornate a spiare i comportamenti altrui dalle proprie case. È più facile che picchino un pastore protestante piuttosto che ti parlino se le chiami, dice sempre la guida.

Ovunque si ricorda chi ha lottato per l’indipendenza o chi ha guerreggiato per la Scozia o chi è semplicemente morto: qualcuno ha anche l’onore di un ricordo sulle panchine sparse per la città. Le panchine sono sempre un segno di rispetto da parte di una città nei confronti dei visitatori.

Un prete parla in pubblico a una coppia in una chiesa. C’è troppa poca gente per essere un matrimonio. Un altro spiega a un pubblico immaginario, fuori da una delle chiese sul Royal Mile, da dove veniamo e dove stiamo andando. In qualche modo ci mette in mezzo un dio.

Due clochard sono seduti a gambe incrociate davanti a un negozio con l’insegna cachemire ridono e si danno delle pacche sulle spalle.

Una specie di Bob Marley canta e suona reggae all’angolo di una strada.

Un gruppo di ciclisti su delle cyclette si sono messi davanti a una chiesa e raccolgono fondi per la Siria.

Un uomo accanto al mio tavolino nel bar dove mi sono cimentato in una full Scottish breakfast ridacchia e balbetta parole. Entra una coppia e lui si inchina. Poi saluta ed esce.

Kira, la ragazza che mi ospita, si presenta in canottiera e shorts, mi lascia la casa libera, mi suggerisce viber, around me, whatsapp, yelp per ogni tipo di necessità e mi dice che esce e non sa quando torna.

Siano lodati Airbnb e Google Maps. Continuo a prendere le direzioni sbagliate, malgrado quest’ultimo. Figuriamoci se non ci fosse.

Leggo “all you need is Leith” in un cartello mentre corro. Leith è il quartiere dove si trova l’appartamento di Kira. Sulla Lonely Planet è definito come la Culonia di Edimburgo, ma è vicino alla partenza della gara. Anzi. È vicino a tutto, date le dimensioni della città.

Per fare body building da queste parti è sufficiente aprire e chiudere le porte delle chiese.

I semafori hanno le stesse stranezze di quelli di Dublino: o sono tutti rossi contemporaneamente o hanno delle durate lunghissime. Si fa prima a dare un’occhiata per la strada per vedere se passano le macchine. Occhiata che va data sia a destra che a sinistra, così non si sbaglia.

Ad un faircoffeepub non mi fanno pagare il caffè perché si erano dimenticati della mia ordinazione e quindi ho aspettato troppo, seduto nella stanza dedicata alla lettura. Io in realtà ero tranquillissimo: leggevo i giornali e scrivevo su paddy.

Katherine, cameriera nel pub dove ho preso un fish and chips, tiene a spiegarmi tutti gli ingredienti e tutte le possibili combinazioni presenti sul menu. Dopo aver ordinato un cappuccino insieme al fish and chips, è viene al tavolo, mi chiede di dove sia e mi domanda “is everything ok?” (Qua si vuol far notare solo la gentilezza della ragazza. (Nothing else, e.g. what I ordered.)

Avvistato anche un uomo obeso con barba arancione e faccia molto paffuta, molto bianca e con capelli castani castani chiari, seduto in un pub.

A un pub vicino a casa guardo la finale di Champions mentre due vecchi signori si azzuffano bonariamente e cospargono il locale di birra: uno cammina sorretto da un bastone e un altro è piuttosto claudicante e con le mani che tremano. Quest’ultimo mi dice di non bere la birra da sola, ma di provarla con del rum. Una ragazza giovane poi abbandona il fidanzato per un attimo, viene dal signore accanto a me e lo prende in giro mentre lui dice che ormai con la moglie non combina più niente. Infine resta affascinata dalle inquadrature di Cristiano Ronaldo.

La città? Nero spettrale delle costruzioni e verde scozzese dei prati. Una colorazione  affascinante. Un parco molto selvaggio. Alcuni bei monumenti. Vie in saliscendi un po’ labirintiche. Ogni tanto piove, quindi compro saggiamente un ombrello. Sono vestito in modo quasi estivo e sono nove gradi, quindi compro una felpa e un giacchetto. Al ritorno dalla mezza maratona, che corro la domenica, entro in un negozio prima di congelare e mi provo un maglione che non mi sta. Il motivo? E’ un maglione per donne. Faccio il cambio e riparto.

 

edimburgo

 

La gara? Piove prima della partenza. Fa freddo. L’ho comunque preparata per quattro mesi seguendo il metodo Hansons. Smette di piovere quasi subito. Facciamo un bel percorso vario che ci porta lungo il mare fino a una città distante una decina di chilometri. Non sono mai sulle gambe. Vado costantemente a cinque e dieci al chilometro e chiudo sotto l’ora e cinquanta: 1h49’53”. E’ il mio record personale sulla mezza maratona. Sono soddisfattissimo. Insieme a me hanno corso tre ragazze del gruppo della Fontanina. Con loro faremo un breve giro per negozi e andremo a cena a un ristorante nella zona del porto la sera prima della mia partenza. Dato il poco tempo a disposizione per dormire, tre ore, decido di andare in aeroporto e sdraiarmi sulle sedie della hall.

SCRITTE RIPORTABILI

Lose yourself in another story.

Energy = MilkCoffee^2 (in un bar.)

If there are no tables available please ask to share to make new friends and enjoy a cuppa. (Nel pub dove ho ingurgitato una Full Scottish Breakfast.)

There is another world, but it is in this one. (Alla mostra dei villaggi scomparsi, alla biblioteca nazionale.)

I live in one village, but I dream another one. (Come sopra.)

Tho’ the northern wind blaws freezing Friendship warms baith you and me (da “happy we are A’Thegither”, canto tradizionale, citato nello Starbucks di Canongate.)

By sitting in this bench I am open to a conversation with a complete stranger. (In una panchina davanti a un pub.)

by sitting in this bench

 

 

AL RISTORANTE ITALIANO

Giuliano:”Maria, vie’qua.” Parla un po’ in italiano e un po’ in inglese. Si muove nel suo ristorante come un’anguilla. Vede tutto. Sposta tavoli. Va alla cassa. Entra in cucina. Rimprovera la povera cameriera Melissa per non aver disposto i piattini su un tavolo. A un certo punto esce. (Sarà andato a comprare i frutti di mare? O a pescarli? Per me ne è capace.) Lei, all’ordinazione degli spaghetti, non mi riconosce come italiano, ma poi sente che rispondo con “Pronto!” al telefono e si gira di scatto. Un ragazzo addetto al servizio bar si mangia costantemente le unghie. Anche una signora, in piedi per tutta la serata tra la cucina e la cassa, come se fungesse da vedetta, si mangia le unghie. Può darsi che poi le servano come condimento.

Mentre mangiavo, la signora si è messa a sedere e ha bevuto un bicchiere di vino bianco. Melissa si è messa a ballare sulle note di O Vita Mia, ha preso le mani dell’addetto al bar chiamandolo Ciccio. Lui ha mosso un po’ la testa ed è rimasto col corpo rigido, come me insomma. Melissa è uscita dicendo “non lo voglio sapere” al proprietario, con cui adesso scherzava, e dicendo a se stessa “is it raining?” È rientrata in tempo per beccarsi la mancia da parte mia. Per trovare le due sterline necessarie ho dovuto svuotare la tasca e il portafogli.

Ciccio aveva intanto portato un toast alla signora seduta al bar, che canticchiava sulle note di una canzone napoletana a me sconosciuta che dice “ehillallà” o cose del genere. Un’altra cameriera, invece, deve essere l’adetta a sparecchiare: metto i gusci delle vongole sul piattino apposito e me lo porta via. Si accorge che ho da sgusciare un gamberone e mi porta un altro piattino con nonchalance. Vede che scrivo sull’ipad e si avvicina con fare guardingo: prendo subito la forchetta in mano per evitare che pensi che gli spaghetti restanti non mi vadano. Vede che ho finito e balza subito a prelevare il piatto. Per il conto manda in avanscoperta Melissa, però anche del maneggiamento dei soldi se ne occupa lei, compresi quelli che dovrà dare, forse a malincuore, forse con rabbia, forse fregandosene, alla ragazza più giovane.

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