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Lo stupore delle prese elettriche

Espansioni economiche e concorrenze fiscali

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Il mondo è in espansione economica da dieci anni (nel 2019). Gli Stati Uniti non hanno mai vissuto un periodo così prolungato di espansione. In Europa la disoccupazione non è mai stata così bassa. I deficit e i debiti calano e l’economia cresce. Ci si aspetta una recessione, in base ad alcuni segnali, ma non arriva. Questo significa che il sistema si è rafforzato dopo la crisi del 2008. A parte che i discorsi da fine del mondo di allora si sono rivelati ridicoli, c’è un’eccezione: l’Italia

 

La concorrenza fiscale è utile per stimolare i paesi più irresponsabili a responsabilizzarsi. Poi la crescita la danno il cambiamento tecnologico che dipende dagli investimenti privati all’interno di un sistema pubblico efficiente che favorisca per esempio l’istruzione e la ricerca. Gli investimenti vanno dove sono tassati meno e le imposte sui profitti sono regressive e dovrebbero essere zero

 

Sono i piccoli studi inefficienti che si reggono in piedi solo per le astrusità del sistema a dover essere in grado di competere oppure sparire, così magari anche i loro dipendenti o tirocinanti o o titolari stessi cercherebbero di acquisire quelle capacità che li farebbero entrare dove la produttività e l’efficienza sono superiori. La scelta di nominare i revisori spetta comunque ai cda. Piuttosto sarebbero da abolire gli ordini e le barriere all’ingresso. Per quanto riguarda Tremonti, buon tributarista e niente altro: ha pensieri assurdi, ignora tutto ciò che va oltre il fisco (di economia è massimamente ignorante), scrive stronzate decresciste in libri pieni di corbellerie logiche, è figlio di Craxi, al governo è stato forse il peggior distruttore di finanze pubbliche e ha il coraggio di parlare

 

 

 

L’Italia (assieme alla Grecia, e per certi versi la Spagna) è uno degli stati europei con più lavoratori autonomi. Alle varie sinistre piace chiamarne la maggior parte precari (sto togliendo per un attimo le categorie di lavoratori a progetto, dei lavoratori a chiamata ecc per concentrarmi solo sulle partite IVA). Alle varie destre piace chiamarli liberi professionisti. In entrambi i casi, la maggior parte di queste persone si configura in contratti a partita IVA. La flat tax che va a colpire questo tipo di persone (invece che le aziende VERE) serve a far quadrare i conti di chi già oggi lavora a partita IVA e si auto definisce “costretto/vittima” al lavoro nero (il così detto “senza fattura”) per far quadrare i conti della propria minuscola azienda. Serve a perpretare queste aziende minuscole (e inefficienti) in nome di una libertà d’impresa che è anche una maledizione. Questi sono i padri di famiglia (che oggi votano Lega e ieri probabilmente votavano Berlusconi). La flat tax così come vagamente proposta dalla Lega non dovrebbe permettere alle partite IVA di rimanere tali, non dovrebbe essere questa la soluzione. Bisognerebbe avere una flat tax per le imprese disposte a rischiare e assumere lavoratori per creare posti di lavoro. La flat tax dovrebbe aiutare le aziende che sono disposte a rischiare e generare incrementi del loro fatturato (e profitto) avendo come effetto collaterale la creazione di posti di lavoro. Il problema è l’inefficienza dello stato italiano che tiene la tassazione di imprese e lavoratori dipendenti tra le più alte dei paesi OCSE (i paesi più economicamente sviluppati al mondo). Lo stato deve tenere questa tassazione così alta non per fornire servizi (come ad esempio nei paesi del Nord Europa), ma per pagare la non-trasparenza dei propri apparati, la non licenziabilità dei propri dipendenti, i pensionamenti anticipati e il generale lavoro nero tipico dell’Italia che ne garantisce mancati introiti in tasse. Abbassare le tasse su chi è in condizioni di generare posti di lavoro dovrebbe essere la priori. Forzare imprese minuscole a fondersi assieme per diventare più efficienti dovrebbe essere la priorità. Avere un sistema di tassazione progressiva che vada a colpire i patrimoni non-reinvestiti dovrebbe essere una priorità. Ma stiamo parlando dell’Italia che si sente vittima e che incolpa gli altri. Stiamo parlando di fantascienza.

 

Considerazioni di Francesco Renne:
a) vero che anche in altri paesi europei il debito (in termini di livello complessivo) cresce, ma è comunque al di sotto del nostro livello sul Pil; (b) il loro Pil comunque cresce tuttora più del nostro; (c) il loro “rapporto debito/Pil” è dunque più contenuto per ENTRAMBE queste ragioni; (d) il “rapporto deficit/Pil” per noi non può essere allentato, proprio perché endemicamente abbiamo “obbligo necessario” di avanzo strutturale per ridurre il debito, essendo “I – G positivo” (cioè maggiore di zero, ovvero abbiamo tassi medi pagati sul debito maggiori della crescita nominale del pil);
chiarito ciò, le vere cause endogene della situazione, a mio avviso, restano: (i) la perdurante fragilità finanziaria (eccesso di debito che espone a shock di tassi), (ii) la stagnante (bassa) produttività (fin da ben prima dell’euro), (iii) il crollo degli investimenti pubblici e privati (avvenuto dopo la crisi lehman); oltre, per non farci mancare nulla, alla contraddittoria coabitazione di (iv) una (troppo) alta pressione fiscale (e, ancor peggio, con manifesti effetti distorsivi) contestuale a (v) un eccessivo (patologico) livello di evasione;
—> ora, cosa servirebbe davvero?..
a mio giudizio, (1) meno spesa corrente (riequilibrando semmai dove è oggi poca ma resta necessaria e tagliando i molti sprechi esistenti), (2) più investimenti pubblici mirati ad obiettivi di innovazione tecnologica e adeguamento infrastrutture, (3) rilanciare agevolazioni fiscali mirate per sostenere investimenti privati, (4) favorire un maggior accesso al credito condizionato a “piani di investimento e sviluppo attestati”, (5) un “authority fiscale garante dei contribuenti”, che consentirebbe di porre le basi per (6) una riforma tributaria coordinata e non distorsiva, mirata a ridurre, fra l’altro, il cuneo fiscale sul lavoro e a realizzare un miglior tasso di adesioni spontanee agli obblighi dichiarativi;

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