Qui le prime due parti:
La responsabile del personale: precisa, puntigliosa, devota all’azienda come un cane al padrone, pensa di avere un grande potere derivante dal controllare ogni minima spesa dei dirigenti. Il tutto fino alla prossima ristrutturazione: ricordo che entro dieci anni è prevista la FINE delle funzioni amministrative come le conosciamo oggi (una delle previsioni uccise dal persistere delle burocrazie?ndrr). Mi dà del tu in situazioni formali e del lei in situazioni informali. E’ un classico comportamento da azienda anni’50. Probabilmente resterà al suo posto finché si accorgeranno che il suo posto comporta solo costi e nessun cliente è disposto a pagare un prezzo maggiore perché l’azienda deve sostenga il suo. Voto 5.
La capo-area. Costretta a recitare il ruolo e quindi a venire alla convention malgrado fosse malata. Quando è il suo turno non riesce a parlare e esce dalla porta. La soccorrono con dell’acqua e si riprende. Si scusa ma sta male. Si scusa perché sta male. Il giorno dopo ci fa delle domande. Dimostra di avere qualcosa di umano quando afferma che non ne può più di girare (“ho un marito e un figlio”). Crede in modo sano nel progetto aziendale. Lavora da venticinque anni nella grande distribuzione. Supervisiona i direttori e i negozi: quando la vedono hanno paura. A Perugia ha scoperto che la cassiera rubava ed era coperta da chi eseguiva il controllo nella sede centrale. Non cambia troppo se stessa in base al ruolo che ha in quel momento. (Avete presente quelli che dicono: “Oggi parlo da impiegato, ieri da ministro, ieri l’altro da cittadino comune?” Persona seria, competente, ligia al dovere e all’azienda. Una professionista. Non farà mai rivoluzioni. Potrebbe votare Margherita o addirittura DS (che non è la Domenica Sportiva). Non è il mio tipo, ma non la disprezzo. Voto: 6,5.
Il socio. Non parlo di un noto libro di Grisham (6.5 allo scrittore e 7 al libro), ma di una persona che si è fatta vedere insieme al presidente il giorno in cui la Guardia di Finanza ha fatto il giro di tutti i negozi. Non c’era niente di contraffatto, per la cronaca. Questa persona è, appunto, socia del proprietario, relativamente ad alcune attività, compresi i negozi del Trentino Alto Adige. Un ragazzo di Arezzo nota che indossa una giacca da circa tremila euro. Io ovviamente non solo non lo noto, ma per me non ha niente di speciale (la giacca): a me sembra simile a quel giubbotto di renna (o di camoscio?) che ho a casa. Il proprietario comunque ce lo presenta come una persona che ha fatto una scelta di vita: aveva la cattedra di ruolo come professore di lingue in Trentino e ha lasciato per fare il dirigente, l’imprenditore, il socio. Sostiene di lamentarsi ogni tanto per la perduta maggiore tranquillità, ma afferma anche che così è riuscito a guadagnare quanto altrimenti non avrebbe guadagnato in tutta la vita. Io avrei fatto la scelta opposta: da dirigente a insegnante, ma il bello è che le persone sono diverse. In ogni caso, lui è riuscito a compiere la svolta. La sua svolta. Per questo merita un 7. (Conta anche il tipo di svolta, per ottenere un voto maggiore.)
Il direttore del negozio di Perugia. Laureatosi con 110 e lode a Perugia, non so in quale facoltà, a ventiquattro anni. Viene messo a tamponare una situazione che stava deragliando. Un ragazzo un po’ “yes-man”, in altre parole “leccaculo” nei confronti del direttore del negozio di Prato e ovviamente della proprietà. E’ quasi in lacrime alle prese con la Finanza. Fa troppi discorsi da persona vissuta, molti dei quali grondanti maschilismo. Cerca di mettersi al livello degli altri direttori, insomma. Comprensibile. Gli sono stati imputati degli errori nella gestione del negozio. Bonariamente, per ora. Cosa farà quando il fatturato sarà inferiore agli obiettivi? Lo vedremo piangere come un bambino? Assisteremo al giro di spalle di chi prima lo accoglieva bene? Assisteremo a episodi in cui i sorrisi e gli abbracci si trasformeranno in coltellate? In ogni caso, voto 5,5.
Il responsabile di reparto livornese del negozio di Pisa. Ci fa i complimenti perché eravamo notevolmente dotati dal punto di vista intellettivo in quanto laureati (mah!). Ci spiega l’organizzazione del negozio e la disposizione della merce. Non fa in tempo a illustrarci le caratteristiche delle scarpe tecniche (Asics, Mizuno, alcune Adidas…) rispetto a quelle esclusivamente commerciali o “fashion” (che si comprano non per farci attività sportiva, anche perché inadatte probabilmente anche a una semplice corsa: per esempio le Nike generiche. Un giorno sarei diventato quasi esperto, quattro anni dopo, ndrr). E’ affascinante quando spiega le caratteristiche delle attrezzature nei vari reparti. Quando va sul tecnico è favoloso ascoltarlo. E’ anche quello che più degli altri ci parla fuori dalle formalità. Spiega che inizialmente avremmo dovuto anche scaricare dei colli. Dice tutta la verità in modo semplice e naturale. Era stato direttore di negozio, poi declassato a responsabile di reparto per qualche motivo, poi la proprietà ci ripensò, ma lui disse che il suo mestiere era vendere e rifiutò di tornare direttore. Ogni volta che parla fa riferimento alla necessità di assistere il cliente, di sapergli dare consigli. Il negozio, secondo lui, non deve essere un supermercato e basta. Questa filosofia può costituire un “plus” rispetto alla concorrenza. Non di sola attenzione ai costi vive un manager.
Prima di entrare nel mondo del lavoro, ha svolto un sacco di sport anche a livello agonistico. Ricordo che ha fatto e ci ha parlato di mountain bike (“vi insegnerò a montare le bici”), ping pong, tennis (“ormai è morto e l’azienda infatti non ha quasi più niente di questo sport”), nuoto (“un nuotatore professionista non c’entra nemmeno qua dentro: il nostro target è semplicemente diverso, anche perché col tecnico, purtroppo, oggi non fai soldi”). Ci parla anche di atletica (sulle scarpe, soprattutto, sa tutto), pesistica e attrezzi da palestra, calcio e basket. Lui è un grande. Voto 9.