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Lo stupore delle prese elettriche

Geiranger

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18 LUGLIO. GEIRANGER (VOTO 9)

Ed eccoci al paesino pieno di turisti che se non fosse pieno di turisti non potrebbe campare di turismo ammesso che sia così. Che se non fosse pieno di turisti sarebbe meno turistico ma ci sarebbero anche meno mezzi pubblici e ci sarebbero meno tour organizzati e forse sarebbero cazzi amari. Se fosse un posticino sperduto in mezzo al nulla.
Dal paesino turistico parte il traghetto per Hellesylt e secondo la Rough Guide quello è il viaggio in traghetto più bello del mondo. Dura un’ora e d’estate ha corse piuttosto frequenti. Resterò con due dubbi: se fosse convenuto avere la base a Geiranger o a Hellesylt e se avesse meritato fare il geirangerfjord da o verso Hellesylt anziché sull’Hurtigruten. Ricordiamo che ogni scelta presuppone una rinuncia e secondo i miei calcoli, questo viaggio aveva a essere così, dati cause, pretesti e vincoli. Però può essere un’idea per chi deve affrontare questo viaggio: molti tour partono da Geiranger e quindi non è necessario alloggiare ad Alesund (ma se si vuole fare la Rauma railway bisogna prestare attenzione al fatto che poi non ci sono corse serali verso Geiranger). Inoltre da Hellesylt si può percorrere quella valle bella e sconosciuta di cui non ricordo il nome (e non ho voglia adesso di cercarlo sulla Lonely Planet soprattutto perché dovrei tirarla fuori dallo zaino.) Inoltre da Hellesylt si può prendere l’Hjorundfjord. Avrei potuto fare tutto questo e sarebbe stato più difficile fare la Rauma railway e avrei perso più tempo per raggiungere Alesund, che non avrei visto, e non avrei preso l’Hurtigruten, che invece è stata la prima scelta dopo Trondheim. Perché allora dico tutto ciò? Perché magari qualcuno che vuole fare un viaggio in Norvegia potrebbe pensarci e anche io la prossima volta.
Insomma arrivo a Geiranger e la prima cosa che si nota è il flusso di turisti. Poi si vedono i vari negozietti. Quindi l’ufficio turistico in cui si può prendere una bellissima carta dei sentieri. Inoltre si sente parlare in varie lingue: italiano, inglese, tedesco, spagnolo, francese, giapponese, cinese a gruppi.
Il primo posto che cerco è la fermata del bus per Alesund che dovrò prendere quella sera alle 19. Adesso sono circa le 14. Vedo un autista.
“Ehi, autista! Ho da..”
Prende il mio ticket. “Ah. Geiranger – Alesund. A che ora devi prenderlo?”
“Alle 19.”
“Sì, ma a che ora? Qui c’è scritto ritorno ore 15,40.”
“Sì, ma niente ritorno. One way. Alle 19. Il 18 luglio.”
“Sì, ma a che ora?”
E continuarono così per sei notti e sei giorni e il settimo si riposarono.
“E’ scritto qui. Ore 7 pm.”
“Ah. Pm. Sì, ok. La fermata è quella là.”
Ora in effetti lui voleva solo essere gentile e le fermate erano scritte dentro quel capannino che era, appunto, là. Bastava attraversare la strada. Qua passavano i bus turistici. Di là i bus pubblici, come quello che avrei dovuto prendere io.

Che ha a fare un’escursione? O restare qui a contemplare il paesaggio? Che un po’ è come fermarsi a contemplare l’Arno a Stia, il che è bello. Ogni tanto penso che questi posti siano come quelli delle foreste casentinesi col mare in mezzo. Oltre al fiordo la differenza sono i ghiacciai, a dire il vero, da cui sono originati i fiordi. Inoltre qua non è tanto il fatto che ci siano foreste, montagne, laghi, fiumi, fiordi, ghiacciai il punto (oddio: i fiordi europei sono quasi esclusivamente qua.) Il punto è che la Norvegia è un continuo susseguirsi di natura pura e viva. Chilometri e chilometri di natura con pochi insediamenti isolati, a parte ovviamente le città più grandi.

Inizio a salire per un’escursione. Arrivo a una chiesa. Mi fermo. Vedo una macchina arrivare. Vuole parcheggiare precisamente dove sono io. Rinuncio all’escursione. Vedo due ragazze che contemplano il fiordo dall’alto e un omino vestito da soldato giapponese che pensa ancora di essere nella seconda guerra mondiale che cammina. Scendo. Eccomi nella via dei negozietti. Sembra Campigna. Sento urlare: “No gho mia.” Dovrebbe essere un dialetto veneto. Un uomo dice alla moglie che non sta ritrovando la macchina fotografica. Non so come sia andata la storia e nemmeno come sia finito l’uomo.

In un campetto di calcio ci sono dei ragazzi e delle ragazze a giocare. Qua il calcio femminile va per la maggiore. Passo attraverso un fiume e vedo alla mia destra un campeggio pieno di gente, auto, motori, tende, mentre inizio la salita per un sentiero che conduce a delle cascate impressionanti. Vedo le case con gli alberi sui tetti. In tutto questo regnano la pace, il silenzio, la tranquillità. L’unico rumore forte e continuo è quello del fiume, come a Trondheim era quello dei gabbiani, penso. Manca il traffico! Ecco cosa noto. Anche le persone non rompono l’armonia, nemmeno i bambini (non troppo) chiassosi.

Waterfossen. Si diceva delle cascate. Impressionanti, maestose, vertiginose. Un bianco che più bianco non si può che scende dal monte. Una discesa fragorosa di masse d’acqua che si trasforma in un fiume dai colori intensi. Bianco, che non è un colore, ok, verde, azzurro.

“Nicola! Basta cartoline!” Una volta sceso dalla scalinata che porta alle cascate, mi siedo a pochi metri da un supermercato e la prima cosa che sento è questa. Dietro di me ci sono alcuni negozi di souvenir. Davanti a me ci sono le auto e oltre loro il fiordo. Ora fa caldo. Mi muovo verso altri negozi, il ristorante, un altro locale rinomato anche dai locali di cui non ho voglia adesso di cercare il nome sulla Lonely Planet (compratela e guardate da soli!) Arrivano i turisti che devono rientrare sulla nave enorme della Costa Crociere, adesso chiamata Costa Favolosa. Sono tutti italiani. Qualcuno è seduto al tavolino del chiosco dei gelati-hotdog-fishandchips-troiaivari. “Come mai conosci la Paola? Eh. Il mio ex e il suo ex andavano sulla stessa barca. Andavamo a mangiare la pizza insieme. Adesso si è separata.” Sento questa conversazione così per caso e poi non sto a indagare, cioè ad ascoltare oltre perché mi dirigo verso le panchine sopra il fiordo. Mi fermo a contemplarlo e ho come la sensazione che stamani non mi sia reso conto di esserci entrato. Inizio a pensare ai vari tipi di viaggio possibili: sarebbe stato meglio usare macchina e tenda? O alloggiare al mitico Eplet e da lì fare un fiordo solo con mille attività oppure nessuna? O girovagare e fermarmi a piedi o in auto anche entrando in mezzo ai boschi o ai parchi naturali e facendo grandi percorsi? Tutte cose che possono essere rimandate a viaggi diversi. Questo doveva essere esplorativo di più cose possibili, limitatamente alla regione dei fiordi e anche abbastanza guidato: del tipo io sto fermo a pensare mentre voi autisti mi guidate. Un po’ come feci in Irlanda. Anche perché c’è da trovare un nuovo senso alla vita, ma non mi metto ad annoiarvi su questo.
Mangiamo? Sì, dai. Fish and chips 85 corone. Oggi non ho speso più di quindici euro per mangiare. In Norvegia! Fantastico, direi.
Torno al porto a contemplare. Adesso c’è la Costa Favolosa che se ne va e finalmente il fiordo appare più libero. “Aspettate che l’orda delle grandi navi e dei grandi flussi turistici se ne vada e il luogo tornerà alla sua naturale tranquillità in balia dei residenti, pochi, dei turisti stanziali, dei campeggiatori e degli escursionisti a piedi o in bici, molti, per essere nei fiordi.” Così è scritto sulla Rough Guide, mi sembra, e in effetti questa sensazione di inizio della veglia serale dopo una giornata di impegni (turistici e lavorativi) da parte del paesello l’ho avuta. Alle 18, in pieno giorno. Senza che comunque prima poi ci fosse il caos, come già detto.
Il fiordo, insomma, si è liberato dalla presenza ingombrante delle grandi navi e adesso possiamo vederlo nella sua pienezza. Alla mia destra, quasi sul punto di entrarci dentro, una ragazza lo sta fissando da un bel po’ di minuti. Il fiordo è veramente bellissimo, tra il verde e il blu scuro. E’ quasi circolare Lo domina il monte Dalsnibba. Sulla sinistra rispetto al porto c’è il paesino, con le case che risalgono il monte. Allungando lo sguardo in avanti vedo altre case, probabilmente fattorie disabitate, su prati verdissimi. Volgendomi verso destra ecco la strettoia da cui passa l’acqua tra le montagne. Alle mie spalle le montagne sono più brulle e più ripide. Da lì parte la Eagle Road, di cui parleremo presto.
E se comprassi una tenda?
Niente. E’ scritto così negli appunti. Volevo rendere pubblica questa cosa. Non ho mai viaggiato in tenda. Perché non cominciare? Perché le tende non hanno le ruote, forse? Ok. Lasciamo le battute ai tennisti e le domande ai presentatori di quiz televisivi e torniamo a Geiranger dove continuano ad apparire anche ciclisti, escursionisti e qualche corridore.

Alle 19, proprio nel punto indicato dall’autista qualche ora prima, proprio dove ci sono i cartelli che indicano Alesund verso ovest e Andalsnes verso est e proprio dove si è formato un capannello di cinesi, arriva il bus per Alesund. Be’. Sarà un gran bel viaggio, soprattutto all’inizio

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