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Lo stupore delle prese elettriche

I retroscena della crisi italiana. Pensioni, welfare, produttività. Fornero e Boldrin a Ca’ Foscari

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FORNERO

 

Perché è importante il sistema di welfare, cosa il sistema di welfare rappresenta, quali sono le distorsioni del sistema di welfare, perché è importante fare le riforme e seguirle nel tempo.

 

Di cosa si occupa il sistema di welfare: si occcupa dei rischi della vita delle persone. Tutte vivono nell’incertezza. L’incertezza si può risolvere in modo positivo o negativo. Vorremmo trovare degli schemi che danno la possibilità  di distribuire questi rischi nel modo più ampio possibile in modo che chi è colpito negativamente possa avere meno costi o essere indennizzato. Questa è l’idea del welfare.

Da noi l’welfare è pubblico perché pensiamo che non possa essere lasciato a singoli individui (anche se esiste welfare familiare) e non vogliamo lasciarlo tutto al mercato perché il mercato può assicurare molto cose ma non può assicurare tutto. Noi vogliamo un sistema di welfare che possa assicurare con un disegno assicurativo gli eventi che possono capitare a una persona.

 

Partiamo. Il modello di ciclo di vita di Modigliani. Da www.economicshelp.org

Il pilastro del sistema di welfare è quello previdenziale ma non dovrebbe essere l’unico.

Da zero a inizio lavoro succede tantissimo e devi fare attenzione. I bambini dovrebbero avere le stesse opportunità: accesso a sanità, a istruzione di qualità (spendere di più nelle scuole di periferia. A torino la dotazione è buona, tutte hanno la lavagna, le maestre di sostegno, le famiglie intervengono, le classi sono meno problematiche…in periferia è il contrario). Il fatto che l’welfare sia centrato sulle pensioni distoglie le risorse su quello che c’è prima in termini di opportunità. Ai giovani non vanno date garanzie ma opportunità che poi devono giocarsi. Più avanti negli anni le opportunità sono meno

Vita a 20 anni. Individuo lavora. Ha un reddito. Deve decidere i suoi consumi. Modelli di massimizzazione di utilità intertemporale. Comunque deve decidere quanto consumare del suo reddito e quanto risparmiare. Consumi meno perché sei lungimirante. Sai che arriverà l’età in cui avrai bisogno di avere accumulato ricchezza. Ogni risparmio accumulato aumenta la ricchezza. Vai in pensione e hai il massimo della ricchezza. Ti ritiri e consumi quanto hai risparmiato prima. Alla base della pensione c’è il risparmio di quanto hai accumulato nella vita lavorativa. Quindi bisogna lavorare, nella vita delle persone c’è il lavoro, il risparmio e la previdenza. La previdenza senza lavoro e senza risparmio si chiama assistenza (qualcuno ti dà i mezzi per vivere e è un’altra cosa).

Se pensassimo di essere in grado di risolvere questo problema da soli non avremmo avuto bisogno dell’welfare pubblico. In Europa diciamo che le persone non sono lungimiranti, hanno problemi, non sanno risparmiare, allora diciamo che il sistema è previdenziale, pubblico e obbligatorio. Lo stato dice che la differenza la chiamo contributo sociale, stabilisco che sia 33% della tua retribuzione (una parte va è a carico dell’azienda una parte a carico del lavoratore) e quella parte lì la devi dare al sistema previdenziale pubblico e la gestisce lo stato (non un privato come per le rca auto).

Inps è un’istituzione pubblica, quindi ha un dovere di sostenibilità nel futuro. Non è un luogo per l’esercizio di un potere politico. È la casa degli italiani presenti e futuri.

Schema di Modigliani. Non considera l’incertezza. Incertezza di trovare lavoro, incertezza del reddito, incertezza sulla continuità di lavoro, incertezza sulla salute, incertezza del matrimonio (in usa il gruppo a più alto rischio di povertà sono le vedove o le divorziate: se non hanno lavorato non hanno risparmi e è difficile trovare mezzi per la vecchiaia).

Il rischio di cui si occupa il sistema pensionistico è quello sulla durata della vita.

Come finanziare la previdenza pubblica?

I contributi li dovete versare all’inps e non a Generali. È obbligatorio.

Come l’ inps gestisce i contributi?

Ci sono due metodi

Capitalizzazione. Il giovane mette i soldi nel porcelino, li impiega nei mercati finanziari, fanno capitale composto e all’età dovuta l’inps o le Generali ti danno la pensione per la durata di vita e magari anche la reversibilità. In questo sistema c’è il rischio finanziario. Si potrebbero perdere dei soldi nei mercati finanziari. Non usiamo questo sistema in nessun paese europeo oggi.

Ripartizione. Oggi lo usano tutti. Il giovane è uno, che mette i soldi oggi, il vecchio ritira la pensione. I soldi versati all’inps sono stati usati per pagare le pensioni. Contratto tra generazioni. Mettere insieme tutti. I giovani pagano. Gli anziani ritirano. Nello stesso momento. Quella cassa è sempre vuota. Quello che viene versato dai giovani oggi non basta. Lo stato mette quello che manca attraverso la tassazione o il debito. Rischi? La demografia. Voi siete gli attivi, tanti. I pensionati invece sono pochi. I politici vedono tanti giovani e dicono che entrano tanti contributi e possiamo pagare delle pensioni alte. Oppure possiamo fare delle stravaganze  come le baby pensioni (lasciamo che le donne tornino nelle famiglie fu la motivazione). Cecità? Incapacità di vedere?  Questa struttura demografica e questa crescita economica che danno lavoro continuerà? È il futuro che devi guardare perché questo è un contratto tra generazioni.

La piramide della popolazione è nota. Possiamo vedere come era ne 1971 o 2011 e come sarà nel 2061.

I baby boomers sono già in pensione o ci sono vicini. Poi si ha la riduzione. Rimangono le fasce centrali.

Vediamo che non è possibile mantenere quelle promesse pensionistiche quando la popolazione è questa. Perché o aumentiamo il tasso di contribuzione (al50%, nell’inpdap a inizio anni duemila l’aliquota di equilibrio nel sistema pubblico era più del il 60%  Uno avrebbe dovuto pagare più del 60% del suo stipendio al sistema pubblico per pareggiare le pensioni. Nel pubblico, che non è esposto alla concorrenza si potrebbe anche fare  ma è comunque una follia. Nel sistema privato non possiamo aumentare le aliquote ,anzi il tema è quello di ridurre l’aliquota contributiva e il cuneo fiscale per essere più competitivi) o alza l’età.

Poi la linea di reddito continua chi ce l’ha? Oggi le carriere sono ritardate, frammentate, discontinue, da redditi bassi perché è bassa la nostra produttività. Allora da un lato è difficile farsi una buona pensione. Inoltre i contributi che entrano ad alimentare una pop più anziana sempre maggiore e sempre più longeva non bastano. Siamo in disavanzo. Il sistema si deve riformare.

Siamo stati per venti anni e più fermi. Ogni volta che c’era un incontro a livello istituzionale con banca centrale europea ocse fmi ecc dicevano che bisognava riformare le pensioni. Modigliani diceva: bisogna eliminare le pensioni di anzianità, definite un furto a danno dei lavoratori.

Le riforme sono state fatte. Amato 92 dini 95 prodi 97 berlusconi 2001 maroni 2004 damiano padoa schioppa 2007 fornero 2011. Peccato che quelle che sono state fatte nel 95 e dintorni fossero molto diluite nel tempo: le fai ma andranno in vigore tra trenta anni. Non va bene. Dovevano entrare in vigore subito, pur con un minimo di gradualità. Le riforme fatte tra trenta anni non valgono. D’alema disse “noi abbiamo fatto la migliore riforma peccato che vada in vigore nel 2035”. Allora poi arriva il momento in cui gli squilibri aumentano e noi eravamo considerati il paese che metteva a rischio la tenuta dell’euro e l’intera costruzione europea. Vedi.” On the edge, copertina economist” o un articolo di paul krugman sul nyt del 2011, o la copertina di Time del novembre 2011 o il titolo “Italy world most dangerous”.

Così devi fare una riforma in venti giorni. Non puoi fare un dialogo sociale in venti giorni. Convincere le persone che bisogna aumentare l’età pensionabile, che bisogna  ridurre le pensioni di anzianità, che bisogna equiparare l’età pensionabile degli uomini e delle donne. Le riforme sono un processo lungo, che richiedono comprensione e un po’ di condivisione. La riforma è un cambiamento sociale importante. Se non c’è condivisione le riforme trovano subito un politico che dice che le riforme sono schifose e le toglie.

La riforma Fornero ha dato sostenibilità al sistema pensionistico a una condizione: che l’economia funzioni. E l’economia funziona quando cresce e quando dà occupazione. Perché se non è così tu puoi fare le alchimie che vuoi ma se hai dei giovani a cui dici che la vita sarà per loro povera ma “vi daremo una garanzia pensionistica tra 40 anni” non è una grande consolazione. Preferisco un governo che si impegna per fare in modo che abbiate un lavoro e un reddito e che possiate garantirvi voi la vostra pensione attraverso i contributi. Poi ci può e deve essere solidarietà. Senza crescita e senza occupazione concentrarci sulle pensioni è un atteggiamento perdente e un circolo vizioso che ci rende più poveri.

Sostituzione tra lavoro degli anziani e dei giovani: propagandata e non realizzatasi nei fatti e con scarsissimo fondamento nelle nostre conoscenze economiche.

 

BOLDRIN

La produttività dipende da tante cose piccole.

I motori del sistema pensionistico sono due: andamento demografico e produttività del lavoro. A meno di una diversificazione perfetta internazionale del risparmio che rende ciò  che succede nel tuo paese di origine abbastanza irrilevante c’è l’home bias nella portfolio allocation. Il che implica che i tuoi risparmi tendi a investirli a casa tua. Alla fine l’andamento complessivo dell’economia di casa tua non influenza solo il sistema pensionistico di tipo pay as you go ma anche a capitalizzazione. Il capitale viene investito in quel paese e è comunque molto legato alla produttività del lavoro di quel paese.

Quindi se vogliamo capire la rilevanza del tema produttività occorre guardare questa tabellina. Demo.istat.it “situazione demografica della popolazione residente al 1 gennaio 2019 per età sesso stato civile ecc anche per regione provincia ecc

 

Oggi 450000 persone hanno un anno. I ventenni sono quasi 600000. Quelli che frequentano l’università sono il 30 40% della coorte anagrafica dei venti venticinquenni. Tra i 45 e i 55 anni c’è quasi un milione di persone anno per anno. I 63enni sono 750000 . Le coorti che stanno andando in pensione sono con numeri molto variabili perché sono anni in cui agli uomini vengono gli infarti ma comunque i 60enni sono 796000 61enni 787000 62enni 795000 63enni 753000. Sono comunque molte di più le persone anziane delle giovani.

Le coorti che vanno in pensione hanno dimensioni sui 750000. La dimensione delle coorti che iniziano a lavorare sono sui 600000. La dimensione delle coorti che nascono e che comunque pagheranno le pensioni a chi va in pensione adesso (ammesso che non salvino il paese riducendo la loro vita sotto i venti anni a partire da oggi) sono 450000.

Tra venti anni i signori liberati dal lavoro che oggi hanno 60 anni continueranno a mangiare, vivere, vestirsi. Il loro consumo dovrà essere garantito da un numero di persone che è circa il 60% di loro (sempre che lavori ecc). Anche fossero duecentomila. Provate a fare la percentuale. 200/700 fa 29%. Pensate. Il numero di potenziali lavoratori in uscita (persone che devono essere mantenute) è il 29% più grande dei nuovi lavoratori. Ne ho tre nuovi che arrivano in pensione e due che arrivano a lavorare e a rimpiazzarli. Immaginate che chi entra a lavorare deve mantenere un livello di consumo e reddito disponibile  simile a quelli che escono. Quelli che escono vogliono mantenere un livello di consumo simile a quello che avevano quando lavoravano. Domanda. Di quanto deve aumentare in un anno la produttività del lavoro dei nuovi entranti? Più o meno del 30% (non esattamente perché bisogna fare i giochetti ma quello è l’ordine di grandezza). Andate su istat e guardate il tasso di crescita annuale della produttività del lavoro italiano. Si calcola così: si prende il pil di un anno, si mette al denominatore le ore lavorate e si ottiene un numero. Poi si prende il pil dell’anno prima e le ore lavorate dell’anno prima, si calcola lo stesso rapporto e si ottiene un numero. Si sottrae il primo rapporto dal secondo, sperando che venga positivo, si divide per il secondo e c’è un tasso espresso in percentuali. Il numero che troverete per il paese è tipo zero. Per un paese fichissimo come la germania trovate 1 o 1,2. Se andate in usa trovate quando va bene 2% all’anno. Ecco l’impossibilità di mantenere livelli di reddito totale costante (nemmeno crescente) di fronte a un disastro demografico di questo tipo. Questi numeri sono spaventosi. Venti anni fa studiavamo sistemi pensionistici in islanda con fornero stiglitz e altri. Quante ne abbiamo bevute con joe. Ancora non aveva preso il premio nobel e non sragionava. Ci sentivamo in ritardo a discutere del problema demografico. A ragionare su questo. Era un gruppo di economisti, statistici, demografi di venti paesi avanzati. Abbiamo pubblicato anche volumi del tutto inutili. Questa cosa non è una novità. Era  evidente già nel 95.

Questo è un retroscena. Questa è una cosa che gira da 35 anni. Il coniugarsi di due fenomeni che non sono risolvibili facilmente da policy, il calo di fertilità totale delle donne occidentali e il rallentare della crescita della produttività sono due fenomeni epocali che vanno studiati e capiti. Bisogna cercare di capire come si possono modificare e gestire ma bisogna anche avere l’intelligenza e umiltà di capire che non sono reversibili in forma totale. È inutile dire “riporteremo la fertilità delle donne occidentali a tre figli”. Non avverrà mai. A meno che non si introduca schiavismo di gender. Le donne faranno un numero di figli tra 1,5 e 2. Come in tutto il mondo avanzato. Questo fenomeno era chiaro a chiunque già 30 anni fa a chi avesse visto i fatti.

Lo stesso vale per la produttività. La produttività è quella cosa che cresce perché cambi le maniere con cui produci le cose. Io zappavo la terra a sei anni ma la mia produttività era bassa. Aumentarla richiedeva l’uso di attrezzature meccanizzate. Così cresce la produttività. Quando sei un paese molto arretrato come italia del 1962 nel padovano dove l’agricoltura di qualità veniva fatta con sistemi manuali, aumentare la produttività era facile perché bastava imitare quel che facevano nei paesi più avanzati e introdurre le macchine. Macchine, sementi, tecnologie che erano già state inventate. Miracolo economico è questa cosa qua. Un paese povero, agricolo, sottosviluppato, che dice “facciamo come in America”. Poi arrivi vicino all’America. O a chi ha le tecniche migliori nel campo. A quel punto la maniera per migliorare te la devi inventare da solo. Quando vedi Germania, Giappone, America (che non poteva imitare se stessa) vedi che i tassi di crescita della produttività sono calati. Anche 30 anni fa era assurdo pensare che la produttività potesse crescere 5% all’anno ma su queste percentuali si facevano delle ipotesi di riforma pensionistica). Affermare nel 97 che la soluzione al problema pensionistico non consisteva nel modificarlo ma nella speranza che la produttività sarebbe cresciuta del 5 o 6% come nei 60 era prendere in giro. Abbiamo  nascosto  il problema anche in accademia e non abbiamo saputo dirlo negli anni 80 e 90, quando era affrontabile e risolvibile senza misure drammatiche e si sarebbe potuto affrontare lentamente. In maniera non indolore (nulla è indolore) ma in maniera certamente molto meno pesante e conflittuale di quanto sia stato necessario negli ultimi anni.

Ci sono stati anche errori di politici e cittadini che non hanno mai chiesto quei cambi istituzionali ecc che avrebbero permesso non di far crescere la produttività del 6% ma di farla almeno crescere di un 1,5% annuo come han fatto tedeschi francesi e giapponesi.

 

 

 

Se fosse ministro del lavoro ora che misure per favorire l’occupazione giovanile e qualificata?. Che misure per l’allocazione ottimale della spesa pubblica? Come si pone rispetto alla questione degli esodati?

 

Nel 2011 c’era la sensazione che non ci fossero più risorse per pagare pensioni o servizi. Il governo non può emettere soldi. Poteva chiedere credito. Il paese non era credibile. Rischiava di non avere soldi per il suo funzionamento. Doveva fare qualcosa in venti giorni. Il governo tecnico doveva risolvere. La politica dovrebbe dare una direzione. Dare una linea strategica. Invece la maggioranza era formata da chi aveva pensato solo a guerreggiare per 20 anni.

Dopo la riforma delle pensioni in dieci giorni arriva la necessità di fare la riforma del lavoro. Una riforma del lavoro è complessa.

Come volete voi il mercato del lavoro? Esistono una domanda e una offerta di lavoro. Vogliamo regolarlo? Ma come?

La Fornero ha scelto due obiettivi. Stanno nel primo articolo. Vorremmo realizzare un mercato del lavoro inclusivo (che tira dentro il maggior numero di persone che sono in età di lavoro, che comprendono i giovani e le donne e i non troppo anziani per la pensione e in buona salute) e dinamico (ridurre i tempi di attesa tra uscita dal mondo della formazione e entrata nel mercato del lavoro. Quel periodo può essre costoso perché il capitale umano si perde facilmente e se stai fuori il cv ne risente).

Altra cosa. Il lavoro si può perdere. Non dobbiamo impedire che la persona si separi dal posto di lavoro (se il posto di lavoro non produce valore aggiunto è inutile tenere una persona lì, perché è uno spreco). Devi ammettere che una persona possa essere licenziata ma rientri presto. Occorrono le politiche attive. Esistono uffici del lavoro che sanno far comunicare la domanda e l’offerta, sanno seguire i giovani nel nordest. La modifica dell’articolo 18 non era per togliere diritti ma teneva conto del fatto che se una persona è iperprotetta sul suo posto di lavoro il datore di lavoro ci pensa molto prima di assumere qualcuno. È peraltro improbabile che i bravi vengano licenziati.

Tornerei a regolamentare l’apprendistato che oggi è stato abbandonato. Una delle cause delle difficoltà dei giovani a trovare lavoro è il divario culturale e di pregiudizi tra mondo del lavoro e della scuola e della formazione. Si pensa “tanto perdi tempo se vai a fare stage”. Nell’impresa si dice “questo mi fa perdere tempo”.

Insisterei sul dialogo tra scuola e lavoro, su politiche di riduzione dei tempi di attesa. In molte zone del paese queste cose sono realtà. Dobbiamo esportarle dove non si conoscono, al sud in particolare. È  più difficile fare politiche attive al sud ma bisogna farle. Ci vogliono meno assistenzialismo e più formazione permanente. Occorre incentivare le possibilità di entrare nel mercato.  Le conoscenze acquisite da giovani non bastano perché tutto cambia velocemente. Vecchi e nuovi governi dovrebbero lavorare nella direzione di migliorare l’efficienza e anche l’equità del mercato del lavoro.

 

Spesa pubblica. Ci sono stati dei commissari alla spesa pubblica. La lista delle spese inefficienti è già fatta tutta. Perché è difficile ridurre la spesa? La riduzione maggiore di spesa pubblica è stata la riforma delle pensioni. Con l’invecchiamento che abbiamo la spesa aumenta. Non ci fosse stata la riforma nel 2020 non saremmo stati lontani da impiegare il 18% del pil sulle pensioni. La gobba c’è ancora ma è attenuata. Se andiamo avanti a quota 100 si ricrea tutta.

Il problema è che dietro a ogni spesa pubblica c’è una persona e tu devi dire a uno che è un’inefficienza pubblica e si deve accomodare o deve spostarsi o deve cambiare modalità di lavoro e lui magari pensava di essere utile. La Fornero è stata l’unica ad aver chiuso una authority, quella per il terzo settore. Nel ministero c’era un dipartimento di dieci persone. Una authority costa e trova mille occasioni di spesa. È stato difficile fare fuori quell’authority.

Esodati. Dovevamo salvaguardare i diritti pre esistenti rispetto a chi si stava per allontanare dal mercato del lavoro. Il ministero del lavoro è povero di infrastrutture tecniche. Affronta l’Inps, che le ha e il ministro del tesoro, che vagliava le cose e diceva che non bastava ancora. Avevano detto che gli esodati erano 55000. L’Inps aveva un presidente che veniva ad avvisare di  diffidare del direttore generale e il direttore che diceva di non fidarsi del presidente. L’Inps e il Tesoro litigavano tra loro. Alla fine, chiusi in una stanza per decidere, hanno detto che gli esodati sarebbero stati 65000. Invece qualcuno ha fatto circolare un documento che ne enumerava 380000. Il governo ha deciso di salvaguardarne 130000. Dopo otto provvedimenti siamo arrivati oggi a 170000 persone tutelate. I famigerati 380000 non sono mai esistiti. Questo cosa dice? Che il sistema informativo della pubblica amministrazione è tanto complicato da essere un peso su tante cose ma è debole per il sistema informativo. La Fornero ha disposto che chi fa accordi di prepensionamento comunichi questo al ministero o all’Inps. Adesso si parla di nuovi esodati a seguito di quota 100. Allora quella disposizione non è stata applicata.

 

 

Il paese non riuscirà mai a provare a capire quali sono i problemi finché spacciamo come disciplina insegnabile all’università i minibot. Il sistema mediatico italiano racconta ai cittadini da dieci anni attraverso pseudo esperti delle bugie di economia monetaria.

 

Modello generazioni sovrapposte, è un modello senza moneta, è un modello reale. Non è con la stampa della moneta che tu elimini la mancanza di beni e servizi prodotti. La mancanza di moneta nel senso di capacità di acquisto, di liquidità che circola tra creditore e debitore, nel senso di sistema creditizio di offrire la liquidità dove sembra appropriata e necessaria per l’investimento è un problema complicato, epuò essere un fattore di crisi. Quindi la moneta non è un velo. Ma la stampa di moneta non può risolvere il problema del numero di pensionati superiore al numero di lavoratori perché puoi stampare cosa vuoi ma bisogna produrre qualcosa da mangiare, da vestirsi, da coprire il tetto, da guidare. Il sistema pubblico consuma più oggetti materiali nella sua attività di quelli che vengono prodotti e quindi crea debito di oggetti materiali. Il debito è solo il velo che misura quella mancanza. Se dici che basta stampare moneta per annullare il debito stai solo prendendo in giro.

 

 

Sulla rappresentatività dei giovani. È responsabilità tua di cittadino di dire “no non si invita questo perché non è esperto e le cose che dice sono palesemente false”. Vale anche per i giovani. Muovete il culo. La rappresentanza dei giovani se la devono fare i giovani con dignità, responsabilità, consapevolezza che non sai esattamente come funziona il mondo e allora devi confrontarti e capire i numeri. Però lo devi fare in proprio. Se ti aspetti che venga qualcuno, o non viene o viene per interessi suoi. C’è espropriazione intergenerazionale ma le persone giovani se ne assumano in proprio la responsabilità, con umiltà.

 

Fornero. Siamo in democrazia. Vogliamo mantenere la democrazia. I mercati sono imperfetti, diciamo, vanno regolati. Anche la democrazia ha bisogno di regole, istituzioni, rispetto delle competenze se no chiunque può dire qualunque cosa come se fosse la verità. Abbiamo bisogno di rafforzare la società civile. Le scorciatoie sono sempre pericolose. Abbiamo bisogno di persone che prendano sul serio i problemi e la loro complessità. Abbiamo bisogno di onestà di comportamenti, di attenzione alle disuguaglianze. Non è impossibile. Bisogna però aumentare il grado di consapevolezza. Far capire i principi basilari del bilancio pubblico e la problematicità del debito pubblico. Flessibilità, per esempio, vuol dire aumentare il debito e questo sarà a carico delle generazioni giovani e future. Se chiedi la possibilità di fare deficit stai decidendo qualcosa che va a carico dei tuoi figli.

Ci vuole qualcosa su cui costruire. Bisogna cercare qualcosa su cui impegnarsi.

Il dialogo dovrebbe promuovere altro dialogo.

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