L’Italia era un paese eterogeneo, con tante amministrazioni e storie diverse.
Tutto il mondo nel 1860 era molto più povero del mondo attuale. L’Italia era poverissima. L’Inghilterra dell’epoca era al livello del Pakistan attuale.
L’Italia era al livello di un paese medio ricco dell’Africa sub sahariana. Più o meno 1500 dollari ppp 1990. Da questo punto di vista non ci possono essere grandi divari, in un paese povero.
L’Italia era in stagnazione secolare dal 1400, con poche fluttuazioni. Il centro nord Italia era nel 1300 1400 1500 il paese più ricco del mondo. Fino al 1550 1600. Venne poi superata dall’Olanda. In termini assoluti restò a livelli di reddito simili fino al 1700. Nel 1860 l’Italia era più povera che nel 1400.
Il divario in termini di pil tra nord e sud era piccolo in termini assoluti nel 1861 e si è allargato quando è iniziato lo sviluppo del nord ovest.
Il divario inizia quando il nord ovest scopre la rivoluzione industriale. Il resto del paese è agricolo, non feudale. Basato sull’agricoltura estensiva.
Dal 1891 al 1951 il divario cresce. Perché l’industrializzazione inizia nel nord ovest?
Il salario reale del sud nei più poveri (80% della forza lavoro in italia, comunque) è inferiore del 20% a quello del nord ovest. Si considera nel calcolo il basket dei beni che permettono la sopravvivenza.
Con quei salari lì non è che le persone potessero comprare libri o mobili.
I salari siciliani erano alti, quasi a livello del nord ovest. Poi stagneranno. In Sicilia costruivano ferrovie e creavano domanda per i lavoratori delle costruzioni. In Sicilia le donne non lavoravano e quindi c’èra meno offerta di lavoro e per far sopravvivere le famiglie dovevi pagare abbastanza i maschi. In Piemonte e in Lombardia le donne lavoravano in agricoltura al 70 80%. Il mondo era contadino. Il rapporto tra salari dei qualificati e dei non qualificati era più alto nel sud. Era anche un periodo di autoproduzione in casa.
I lavoratori qualificati al sud erano pagati meglio.
Perché c’è stato lo sviluppo al nord? Il divario era del 15% non più. Il nord aveva parecchie più industrie. C’era la seta, trasformazione del prodotto agricolo. Era moderna perché usava il vapore, per ragioni tecniche. Aveva la tecnologia più avanzata al mondo. Aveva anche il cotone e la lana. Quindi l’industria tessile.
Il sud aveva solo qualche stabilimento sponsorizzato dallo stato. Il sud viveva di commesse statali per le armi. Cinque sei milioni di abitanti che avevano eserciti. C’era qualche industria cotoniera, impiantata da imprenditori svizzeri attorno a Salerno. Il sud viveva o di commesse statali o di industrie protette. C’erano molti artigiani professionali e che facevano lavori di qualità. Li facevano per la corte di Napoli, per esempio. Napoli nel 1860 era una delle città più grandi d’Europa, capitale di un regno agricolo e i ricchi volevano andare lì.
I contadini invece si facevano le cose da sé
Cosa aveva di più il nord? L’acqua, dal punto di vista agricolo permetteva colture più intensive. Inoltre dava forza motrice industriale che proveniva (a parte le filande dal vapore, per avere il quale bisognava importare carbone, che costava molto) dall’acqua. I corsi del centro nord sono più regolari.
Seconda cosa: i livelli di istruzione. Al sud i livelli di istruzione erano bassissimi. Non c’erano contadini letterati. Nel nord si andava dal 40 al 60% di letterati. Il tessuto sociale del centronord era più sviluppato. Esistevano scuole pubbliche e private più sviluppate.
La legge Casati estese a tutta Italia l’obbligo dell’istruzione primaria per due anni. La legge dovevano applicarla i comuni. I comuni del centro nord erano un po’ più ricchi e l’hanno applicata abbastanza bene.
Al sud hanno investito pochissimo in istruzione, prima e dopo la legge. I comuni erano dominati dai proprietari terrieri che non avevano voglia di istruire i contadini. Il divario è cresciuto.
Nel 1911 lo stato stabilì che avrebbe pagato lui l’istruzione, con una legge. Ha iniziato a costruire le scuole e a pagare maestri al sud. Il divario allora ha iniziato a diminuire.
Un altro argomento interessante è quello della tassazione. La tassazione era sui consumi, sul macinato, sul grano. C’erano poi la tassa sulla ricchezza mobile e c’erano le tasse sui capitali e sui salari un po’ più alti.
Le tasse sulla terra erano più alte al nord. L’aumento delle tasse al sud è il tentativo di pareggiare il livello di tassazione.
I piemontesi dettero adito a politiche di liberalizzazione. L’apertura dei commerci creò problemi all’agricoltura protetta. La tariffa piemontese, che con la Toscana, era la regione più liberale d’Italia, danneggiò le poche industrie che al sud erano protette dai dazi. Il poco di moderno che c’è riuscirà a sopravvivere. Ad esempio il nucleo svizzero di Salerno.
La lotta tra industriali e agrari c’era ovunque, anche al nord.
Il neoborbonismo non ha base storica. Chi lo propugna non è uno storico economico, ma un giornalista che vuole vendere più libri.
In italia lo stato era minimo. C’erano l’esercito, i maestri comunali, ma era comunque uno stato minuscolo. Poi cresce. Si costruisce dal 1880 in poi. Col fascismo si rafforza. Il boom della burocrazia statale si ha prima e poi dopo la seconda guerra mondiale.
I semi del divario già esistevano probabilmente nel medioevo, quando il centronord era già più sviluppato.