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Lo stupore delle prese elettriche

Il controllo dei prezzi e le paure dei fornai

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Fissare i prezzi per legge. 

Non ha alcun senso.

Cercate price ceiling e price floor su Google o meglio su qualche buon testo di microeconomia per capire i problemi che comporta in termini di distorsione del mercato, inefficienza, peggioramento del benessere economico della società.

Alcune considerazioni in merito le ho riportate in altri articoli.

Si può capire perché qualche testa pensa che sia giusto stabilire un limite al rialzo dei prezzi, cioè per rendere i prodotti abbordabili, salvo il fatto che in questo modo i prodotti si rendono inesistenti (e se esistono è grazie al mercato nero).

Non si capisce la ragione dei saldi solo in certi periodi o del fatto che debba essere una legge a stabilire se i prezzi non possano essere fatti scendere da un commerciante o da un’impresa. Del beneficio apportato ai redditi dei consumatori e dei possibili utilizzi del maggior reddito disponibile frega niente a nessuno. Quel che manca è la considerazione della funzione allocativa dei prezzi, i quali, del resto, non sono stati compresi da nessuno tra i peggiori guru economici (Marx, Keynes, Sraffa, Leontief…).

Le decisioni di prezzo fissate dall’alto presuppongono che questo “alto” abbia accesso a tutte le informazioni possibili. 

Come hanno mostrato decenni di prezzi amministrati e liberalizzati, l’efficienza e anche il prezzo più basso lo assicura la concorrenza più che la legge. Naturalmente le condizioni di libera concorrenza vanno assicurate a monte e non a valle: è meglio farlo prima che si formino cartelli che non dopo che si sono formati.

I tentativi di controllo dei prezzi sono stati quasi sempre fallimentari: da Diocleziano ai paesi dell’Europa centrale negli anni Venti, ai regimi fascisti in Italia, Spagna e Germania, ai regimi comunisti del Dopoguerra, ai regimi peronisti del Sudamerica. 

 

Malgrado ciò può accadere di ritrovarsi di fronte ad articoli come il seguente

https://phastidio.net/2008/03/14/panificatori-e-pianificatori/

 

Nel 2008 Bersani ha liberalizzato gli orari di apertura dei panifici. I fornai si sono lamentati del fatto che i ricavi non sono sufficienti a coprire i costi, ma anche che ci sono troppi resi a fine giornata. Quindi? Il prezzo è libero o no? Se è libero e non copre i costi di produzione, perché non lo alzano? Per questioni di elasticità della domanda? Se però ci sono tanti resi a fine giornata, sembra che il prezzo sia troppo alto. Lo è per mantenere un livello di reddito superiore? 

 

È molto interessante il dialogo tra il presidente dei panificatori bolognesi e Mario Seminerio, riportato in questo post:

 

https://phastidio.net/2008/03/24/panificatori-e-pianificatori-una-risposta/

 

Apprendiamo che esiste un Mister Prezzi che ha stabilito una liberalizzazione degli sconti a termine. 

 

“resta incomprensibile, in un contesto di libera fissazione dei prezzi, il motivo per il quale Mister Prezzi abbia sentito la necessità di concordare l’ovvio, cioè la possibilità di praticare sconti e promozioni da parte dei panificatori. Diversamente, se Lirosi ha promosso tale iniziativa dopo aver identificato delle dinamiche di limitazione della concorrenza, ha l’obbligo di segnalare tale eventuale restrizione all’Antitrust”

 

La conclusione di Seminerio andrebbe fatta capire a molti operatori di molti settori. Esiste una cosa chiamata segmentazione di mercato, sia dal lato dell’offerta che da quello della domanda.

“Il dottor Bonaga rivendica l’orgoglio del lavoro artigiano, che richiede necessariamente un premio sul prezzo praticato, anche in relazione alla differente struttura dei costi rispetto a quelli sostenuti dai forni industriali. Se le cose stanno in questi termini, è ragionevole attendersi una segmentazione della domanda. Una parte della quale (quella più sensibile al prezzo) appare inevitabilmente destinata ad indirizzarsi verso la grande distribuzione. Ai panificatori artigianali resterà, in tale ipotesi, quella quota di domanda che cerca la qualità ed è relativamente insensibile ai prezzi. Ciò significa che, se questa seconda componente di domanda dovesse rivelarsi esigua rispetto all’offerta, parte dei forni artigiani sono destinati a chiudere.”

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