Le probabilità sono davvero poche. Non perché il profilo tecnico presenti chissà quali ostacoli (quelli davvero preparati in materia economica -ne cito uno per tutti: Michele Boldrin- ci spiegano che sarebbe ancora possibile e neppure eccessivamente “doloroso”) ma per mancanza di puntuale volontà degli elettori.
In un sistema democratico gli elettori tendono a votare chi promette di difendere gli interessi della categoria sociale di appartenenza (e quindi gli interessi spiccioli del votante). Entro certi limiti è umano e comprensibile, ma l’esasperazione dell’egoismo diventa distruttiva per il Paese tutto, votante compreso.
I pensionati sono il 26% della popolazione (31% dei votanti alla Camera), sanno (compresi quelli che fanno finta di non capire) che il sistema pensionistico italiano è insostenibilmente generoso (più dell’80% il valore di sostituzione e contemporaneamente numero di anni di godimento atteso tra i maggiori al mondo). Sanno che un governo che volesse operare seriamente per rimettere il Paese in carreggiata dovrebbe in qualche misura limare l’erogato folle attuale (15,2% del PIL). Se ne guardano quindi bene dal votare una compagine seria di governo preferendo cialtroni che promettono illusori benefici pensionistici ulteriori.
I non occupati di 18 e più anni sono oltre 12 milioni, il 20% della popolazione. Alla categoria appartengono gli studenti universitari (3%), i disoccupati (5%) e infine un mostruoso 11% (quasi 7 milioni di persone) che non lavorano e non cercano lavoro.
La percentuale degli occupati è il 38% del totale della popolazione, ma quelli “veri” (a tempo pieno) sono solo 11 milioni e 600 mila, un misero 19% della popolazione. Solo per rendere l’idea di quanto aberranti siano quei numeri: gli occupati nel centro e nord Europa sommano mediamente tra il 45% e il 55% della popolazione.
Guardando quei numeri mi chiedo: davvero tutti i non occupati gradiranno sentirsi dire che devono rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare? I disoccupati gradiranno sentirsi dire che se non trovano il lavoro da loro ambito devono adattarsi a farne un altro? Al resto della popolazione sta bene sentirsi dire che 11 milioni e 600 che lavorano a tempo pieno non possono produrre ricchezza per mantenere tutto il resto del Paese?
Ecco, mi pare che una maggioranza motivata verso un cambiamento serio e vero in quei numeri sia molto difficile scorgerla. Spero ovviamente d’essere in errore, che in futuro i fatti mi smentiscano.
La Lega ed il M5S non sono ‘nuovi,’ sono solo l’espressione più genuina, sfacciata dei mali della politica italiana: clientelismo, assistenzialismo, incapacità di guardare al futuro tramite il rinnovamento tecnologico, rifiuto anche delle più timide riforme liberiste, continuo sogno di risolvere tutti i mali con spesa fuori controllo (ed accuse alla cattiva EU che non ci permette di suicidarci in questo modo, almeno non così in fretta come vorremmo). Il PD non è molto diverso, è solo meno peggio. Almeno può esprimere una classe dirigente meno improbabile dei vari Toninelli, Fontana, etc. Temo però che gli elettori non siano attratti da una politica del meno peggio