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Lo stupore delle prese elettriche

Il falso liberista Berlusconi (3)

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La cosa interessante è che un articolo del 2005 è attuale nel 2020. Basta cambiare i nomi dei politici di riferimento.

https://phastidio.net/2005/05/08/il-mercato-questo-sconosciuto/

 

Silvio Berlusconi ama definirsi liberale e liberista. Da questa collocazione ideologica sembra talvolta far discendere il corollario secondo il quale nessuna attività governativa dovrebbe interferire nelle scelte degli agenti economici. Posizione genericamente condivisibile, se non fosse che Berlusconi sembra ignorare che liberalismo e liberismo devono incidere a monte delle decisioni economiche, e non a valle.

In altri termini, è corretto sostenere che un governo non deve controllare i prezzi, ma è piuttosto bizzarro affidarsi al buon senso e all’oculatezza di casalinghe e casalinghi per far trionfare il mercato soprattutto quando, come spesso accade in Italia, un mercato non è mai esistito.

Perché compito primario del legislatore (e quindi anche e soprattutto della maggioranza che esprime l’esecutivo) è creare le condizioni “istituzionali” per far vincere la concorrenza e quindi i cittadini-consumatori.

 

E’ l’attività di governo che deve creare le condizioni per l’affermazione di una cultura del mercato, spezzando le pratiche collusive ed oligopolistiche.

E’ difficile, ad esempio, pensare di far scendere in misura significativa la spesa farmaceutica per i prodotti di fascia C (il cui costo è a carico dei cittadini) riservandone la distribuzione esclusiva alle farmacie, laddove in altri paesi europei tali farmaci sono venduti anche nei centri commerciali.

Il fallimento dei farmaci generici, che da noi è stato eclatante, assai difficilmente può essere addebitato al destino cinico e baro o alla pulsione degli italiani per la griffe, anche in ambito farmaceutico.

Potremmo anche citare la liberalizzazione largamente insufficiente dei mercati dell’energia elettrica e del gas, che ci stanno regalando le tariffe di distribuzione più elevate d’europa.

E ancora: come pensare di ridurre il prezzo della benzina senza eliminare tutti i distributori marginali, modernizzare la rete e consentire la vendita di carburanti anche alla grande distribuzione organizzata?

E come affrontare il tema della riforma degli ordini professionali, per la quale si attende prima o poi un pronunciamento dell’antitrust europeo?

Le resistenze delle categorie interessate sono ovviamente molto forti, ma insistere nel rigettare pervicacemente l’introduzione di meccanismi di mercato nella formazione dei prezzi, finendo con lo scaricare l’onere della mancata concorrenza unicamente sulle categorie di cittadini percettori di un reddito fisso, nel nome di un malinteso laissez-faire, è una manifestazione di insipienza, ignoranza (o malafede) economica e miopia politica, non foss’altro per il numero dei cittadini-elettori coinvolti.

L’effetto di un decreto-competitività che riduce “inavvertitamente” le pene per il reato di bancarotta fraudolenta (ma forse anche quella è competitività…) mentre nulla dispone per colpire (con il mercato) le rendite parassitarie del commercio, è quello di far ulteriormente incazzare ampi strati di elettorato.

 

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