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Lo stupore delle prese elettriche

Il modello superfisso

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Dallo storico articolo di Sandro Brusco

MODELLO SUPERFISSO

(Modello dei bisogni fissi e dei fattori fissi di produzione)
Esiste sempre uno schema concettuale a cui ci si riferisce. In questo caso discende dai modelli di Sraffa e Leontief. Altri riferimenti: Keynes. Italiani che lo seguivano: Graziani, Roncaglia.
A sinistra radicale, grillini ecc.piace molto.
Questo, oltre all’incapacità di raccogliere dati rilevanti e organizzarli in modo coerente (mutui) oltre a essere legati al passato (calo occupazionale nell’industria: è un po’ che c’è).
Vedi anche le cause dei bassi salari persistenti.

I BISOGNI SONO FISSI.

Mi servono o ho voglia di x scarpe, y pasta e z chilometri di auto. . I prezzi assoluti non contano. Il risparmio è residuale e varia in funzione dell’inflazione. Anche i prezzi relativi non contano. Se scende il prezzo delle scarpe e sale quello della pasta, non posso mangiare comunque scarpe, per cui continuo a comprare le stesse cose.

I FATTORI DI PRODUZIONE SONO FISSI.
Per produrre un bene ci vogliono x materie prime, y lavoro e z macchine (o anche capitale). Anche i metodi di produzione sono sempre gli stessi. Siccome i bisogni sono fissi, inoltre, la quantità totale di beni prodotti è sempre la stessa. I prezzi relativi dei fattori produttivi sono irrilevanti.

IL MONDO NON CAMBIA (se il modello superfisso è vero)
Non esiste progresso tecnologico, se non uniforme.
Si produce sempre lo stesso numero di oggetti. Sempre utilizzando gli stessi fattori di produzione, in particolare il lavoro.

Si trascura la funzione allocativa dei prezzi.
I prezzi variano, ma hanno soltanto funzione redistributiva.

CONSEGUENZE (se il modello superfisso fosse vero)

Aumentare le tasse non produce minore efficienza. Aumentare i contributi per finanziare un abbassamento dell’età pensionabile è solo trasferimento di ricchezza da un settore all’altro. Il conseguente aumento del costo del lavoro non può incidere sui livelli di occupazione, poiché comunque si deve produrre quella quantità di prodotti.
I tipi di contratti non contano. Trasformare i contratti da tempo determinato a indeterminato non ha effetti sulla produzione, sempre per lo stesso motivo, ma permette di aumentare la forza contrattuale dei non licenziati, i quali possono chiedere aumenti di salario. Siccome i prezzi sono irrilevanti e tutto il resto immutabile, non ci sono cambiamenti a livello di occupazione.
C’è un numero fisso di persone (o altri fattori) che lavora per produrre un numero fisso di beni in un numero fisso di mercati per sempre, quindi solo se qualcuno lascia il lavoro, qualcun altro può trovarlo. L’aumento della spesa pensionistica non ha importanza: basta aumentare le tasse.
Con l’euro sono aumentati i prezzi. Di quanto sono scesi i salari reali? Quanto sono cambiate le abitudini di consumo? In un mondo superfisso sono aumentati solo i prezzi dei beni?
Liberalizzare è inutile. Aumentare il numero dei tassisti e far sì che i prezzi si abbassino non porta più gente a usare il taxi perché il bisogno e la quantità del servizio sono fissi. L’unica funzione del prezzo non sarebbe allocativa, ma redistributiva: si trasferirebbe ricchezza dai tassisti ai consumatori, ma avendo già (i fruitori dei taxi) un reddito che consente loro di servirsi dei taxi, non è una questione importante se liberalizzare o no.
Sono efficaci le fissazioni di prezzi e tariffe, anche attraverso la proprietà pubblica.
Anche il modo in cui si fanno le cose è fisso. Quindi anche i controlli (chi li fa, come) e gli incentivi non contano.

Credere che lavorare di meno, scioperare di più ed aumentare la spesa pubblica faccia aumentare i salari reali.

Dire che il salario è una variabile indipendente dalla produttività, è un concetto tipico da modello superfisso.
Diverso è dire che, attraverso l’analisi empirica, l’aumento dei salari non ha effetti enormi sull’ occupazione.

 

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