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Lo stupore delle prese elettriche

Il movimento anticapitalista non fa bene all’ambiente

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Di Massimo Fontana

Alla luce delle recenti proteste contro il cambiamento climatico, cerchiamo oggi di capire il rapporto tra economia e ambiente e come l’eventuale scadere su posizioni anticapitaliste della protesta possa di fatto minare alla radice proprio la possibilità di successo del movimento ambientalista.

Questo scivolamento anticapitalista paradossalmente parte dagli Usa.

Nella fattispecie dalla sinistra del partito democratico, che per reazione alle politiche demenziali e palesemente ignoranti di Trump, per qualche strano processo mentale propone politiche ancora più demenziali e ignoranti.

Sto parlando del piano noto come “green new deal”, proposto dalla pupilla dei media italiani, la giovane deputata anticapitalista Alexandria Ocasio-Cortez, e adottato stupidamente per ora, almeno da metà del partito democratico.

Un progetto ultrastatalista basato interamente sulla MMT, che come visto qualche giorno fa se dovesse essere implementato nella sua interezza porterà gli Usa ad una recessione stagflattiva, con conseguente caduta del reddito reale della fascia più povera della popolazione.

Questa ventata anticapitalista, dagli Usa si sta spostando ora al resto del mondo occidentale, Italia in primis, a tal punto che perfino nel documento ufficiale della protesta di venerdì scorso si parla di lotta al cambiamento climatico, ma anche improvvidamente di lotta alle disuguaglianze, che poco centrano con l’ambiente e di nuovo modello di sviluppo, qui il testo https://www.lastampa.it/…/oggi-in-piazza-milio…/pagina.html…

Ma perchè tale posizionamento anticapitalista è un problema?

Per due motivi:

1) presta il fronte alle critiche di chi, e sono tanti, non è anticapitalista, limitando così l’arco del consenso

2) soprattutto, tutte e ripeto tutte, le esperienze a vari gradi anticapitaliste, sono crollare miseramente su se stesse.

Aderire quindi a simili posizioni, magari farà vincere qualche elezione, ma porterà il movimento ecologista nel lungo periodo al disastro certo.

E no, le socialdemocrazie nordiche non sono esperienze anticapitaliste, e come ha fatto notare la danimarca a suo tempo al buon Bernie Sanders, il ridente paese nordico non solo non è socialista, ma anzi è uno dei più “capitalisti” del mondo https://www.thelocal.dk/…/danish-pm-in-us-denmark-is-not-so…

Comunque, torniamo a noi e cerchiamo di capire i rapporti tra economia e ambiente.

E lo facciamo partendo da quello che è il problema in esame, ovvero il mutamento climatico.

Mutamento che è reale e incontestabile.

I dati sull’aumento delle temperature rilevano ormai chiaramente una deviazione oltre il normale di queste e l’origine antropica di questo evento, se non certo al 100%, è comunque estremamente probabile.

Ora, su questo ultimo punto (l’origine antropica del riscaldamento), e al di fuori della comunità degli scienziati del clima, da alcuni anni si sta fortemente dibattendo.

Da un lato abbiamo chi considera unico responsabile l’uomo.

Dall’altro chi invece nega l’influenza umana (vedi Trump).

Ma perchè è nato questo scontro?

Perchè a seconda di quale delle due posizioni prevalga politicamente (e quindi non scientificamente), i modelli economici sottostanti potrebbero mutare.

Se prende il potere chi non ritiene vera l’origine antropica del riscaldamento, si continuerà col modello di sviluppo attuale centrato sui combustibili fossili (di nuovo Trump e seguaci ad esempio)

Se invece prevale chi ritiene l’uomo responsabile del riscaldamento, si cercherà di mutare il modello di sviluppo industriale, finanche nelle posizioni più estreme, a negare direttamente il concetto di crescita, arrivando a proporre modelli esattamente contrari (la presunta decrescita felice, vera e propria peste intellettuale che anche attraverso il concetto di erroneità del Pil, piaga anche la sinistra più moderata).

Bene, specificate le due posizioni in campo (politico) prima di proseguire bisogna fare una premessa: dal punto di vista prettamente economico, le due vie descritte sopra sono alla prova dei fatti false, errate, o detto in una parola facilmente comprensibile, sono delle sciocchezze.

Perchè sono sciocchezze?

Perchè entrambe sono le due versioni estreme dello stesso modello economico: il modello superfisso.

Ovvero entrambe partono dal presupposto che prezzi, domanda, offerta e tecnologia siano fermi ed immutabili.

Bene: un sistema economico, capitalista e non, quindi la …realtà, non ha mai funzionato e non funziona così.

Anzi, semmai è l’esatto contrario.

Per capirlo ancora meglio dobbiamo esaminare la moderna teoria dello sviluppo endogeno.

Purtroppo l’opinione pubblica mondiale, compresa la presunta intellighenzia, si baloccano con i modellini originari del Keynes 1936, ma come sa chiunque abbia studiato un minimo di storia del pensiero economico, questi modellini sono stati falsificati praticamente subito dalle analisi di Kuznets.

Quello invece che l’evidenza empirica ci dice è un’altra storia: Robert Solow trova, quindi non teorizza, ma trova nei dati empirici che l’87% di tutta la crescita economica che l’umanità ha avuto è ascrivibile al progresso tecnologico, il rimanente all’accumulo di risparmio https://en.wikipedia.org/wiki/Solow_residual

Da questo semplice dato sviluppa poi la base della teoria dello sviluppo endogeno, che nella sua formulazione base vede la crescita economica come frutto dell’accumulazione di capitale, del numero di lavoratori e della variabile principale rappresentata dal progresso tecnologico.

Cosa ci dice questa semplice formulazione?

Che anche il numero di lavoratori dovesse rimanere fermo e costante, se l’innovazione tecnologica continua ad aumentare, noi possiamo avere comunque un tasso di crescita positivo.

Ma c’è di più.

Se questo tasso di innovazione tecnologica è sufficientemente alto, potrà anche compensare il mutamento eventualmente recessivo indotto dal cambiamento della struttura industriale in risposta ai cambiamenti climatici.

Se in costanza di capitale e lavoratori, andare verso tecnologie verdi può rappresentare quindi un costo, questo costo può essere compensato dall’innovazione tecnologica che evolvendo può:

– da un lato semplicemente compensare la perdita

– dall’altro diminuire i costi di produzione delle stesse tecnologie verdi fino al punto anzi di farle diventare loro stesse remunerative.

Questa è teoria però.

Cosa ci dicono i dati empirici ?

Innanzitutto abbiamo visto che è già stato verificato che quasi il 90% della crescita deriva dalle tecnologie.

Ma ecco che a questo si aggiunge il dato che dal 2014 al 2017 la crescita della co2 a livello mondiale è rimasta ferma, anche se invece nell’ultimo anno ha ripreso a salire leggermente, come possiamo leggere qui https://www.bbc.com/news/science-environment-46347453

Ciò indica che il mutamento tecnologico verso modelli più “verdi” sta procedendo, ma nonostante questo il tasso di sviluppo economico mondiale è rimasto sopra il 3%.

Quindi a sua volta abbiamo che :

1) combattere l’emissione di gas serra si può fare

2) il mutamento industriale necessario non pregiudica la crescita.

Quindi hanno torto sia Trump quando boicotta gli accordi mondiali sull’ambiente in nome della crescita, sia i fanatici eco-comunisti teorici della decrescita pseudofelice o di modelli economici alternativi, in quanto l’economia capitalista come visto è perfettamente in grado di funzionare anche rispettando l’ambiente.

Anzi, come vedremo, di fatto solo il capitalismo e il libero mercato possono implementare le tecnologie pulite di cui necessita l’ambiente.

L’obiezione che arriva a questo punto chiede di solito cosa fare allora per salvaguardare l’ambiente mantenendo inalterata la crescita economica.

Lasciando stare le favole della sinistra nostrana sui maggiori investimenti pubblici o peggio sulla lotta alle disuguaglianze, che con il clima centra come i cavoli a merenda, leggendo i vari rapporti dell’Onu, come quello presentato nell’articolo della BBC linkato sopra, si scopre che semplicemente eliminando le sovvenzioni statali ai combustibili fossili, non solo si bloccherebbe la crescita della CO2, ma anzi, verrebbe ridotta del 10% a livello globale entro il 2030.

Da solo questo provvedimento varrebbe per la gran parte degli obiettivi di salvaguardia del clima mondiale.

Se ci aggiungiamo una tassazione delle esternalità negative sempre dei combustibili fossili, si potrebbe arrivare ad una riduzione in molti paesi, del 40% delle emissioni sempre di CO2.

Questo basterebbe per raggiungere i livelli previsti dagli accordi di Parigi e anzi andrebbe anche oltre.

E punto fondamentale, entrambe le misure sarebbero pienamente compatibili con le regole capitaliste.

Nel caso dell’eliminazione delle sovvenzioni statali ai combustibili fossili, anche alle formulazioni più “liberiste”, visto che le sovvenzioni distorcono il mercato e per alcuni paesi rappresentano una forma di dazio mascherata.

Andiamo verso la fine con due ulteriori specificazioni fondamentali:

1) i dati visti sopra sopra, aggiunti alle esperienze catastrofiche dal punto di vista ambientale delle economie pianificate dallo stato, ci dicono chiaramente che a funzionare è il modello di economia di mercato concorrenziale, ovvero un sistema nel quale investimenti e prezzi sono decisi dal mercato attraverso la legge della domanda e dell’offerta con imprese in concorrenza tra di loro.

Questo permette di avere prezzi corretti dei beni e dei fattori produttivi evitando sprechi e cattivi investimenti, e nel caso delle innovazioni tecnologiche, vero punto di volta per i destini ambientali del pianeta, di capire quali sono quelle economicamente sostenibili.

Se l’Urss, pur avendo una classe di fisici, ingegneri e matematici di primissimo livello, era un mostro ecologico privo di innovazione tecnologica, non è certo per caso.

Ogni deviazione dal modello di libero mercato quindi, riduce la capacità delle imprese di implementare in modo efficiente le nuove tecnologie, compromettendo da un lato il tasso di crescita economica, ma dall’altro anche l’impatto positivo sull’ambiente delle nuove tecnologie.

Come detto sopra, alla fine l’unico sistema economico in grado di rendere più pulito il pianeta è solo e unicamente il capitalismo.

Ogni altra forma prima o poi collasserebbe su se stessa.

2) cosa più importante: se nella formula di Solow anche tenessimo fermo il numero di lavoratori, e il mondo sta andando verso una crescita demografica azzerata, ma aumentiamo l’innovazione tecnologica, la crescita può comunque continuare.

Per quanto?

Ovviamente fino a quando la variabile chiave dell’equazione della crescita, rimane positiva.

Ergo: visto che questa variabile è l’innovazione tecnologica, se la scienza e il progresso tecnologico sono potenzialmente infiniti, anche la crescita può potenzialmente durare fino all’infinito.

E in modo compatibile con l’ambiente.

Certo, a meno che l’anticapitalismo non si metta di traverso.

 

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