Andavo all’asilo malvolentieri.
Ci stavo due ore e tornavo a casa.
Passavo da zero a mille tornando a casa, in quanto ad attivismo.
Poi a scuola mi annoiavo e a casa leggevo e imparavo tantissimo nei miei libri.
Alle medie e alle superiori andavo e mi divertivo, ma avrei studiato e imparato di più e meglio da me.
L’obiettivo durante l’università era tornare a casa il prima possibile e in base a questo mi calcolavo le frequenze, non che fossero poi utilissime.
Gli ultimi anni, vissuti in casa, sono stati quelli in cui ho avuto il miglior rendimento.
Ho scelto i primi lavori in base al grado di libertà che mi fornivano.
Andavo a fare tirocinio da un libero professionista alle dieci di mattina e tornavo alle quattro la sera, pensando ai miei problemi, anche se mi piaceva il tipo di lavoro. La reputazione non era granché.
Sono andato nella grande multinazionale per fare un lavoro da impiegato d’ordine ma avevo troppo poco tempo libero e fuggii subito per andare in Comune, dove la noia regnava ma potevo tornare a casa alle due del pomeriggio.
Ho ottimizzato i tempi nella seconda e nella terza azienda in cui ho lavorato. In quest’ultima ero coinvolto in una guerra e il lavoro di tutti alla fine ricadeva tutto su di me che non dicevo mai di no. Sono stato messo in mobilità ed ero contento perché avrei trovato il lavoro che piace.
Nella falegnameria dove sono andato costringendomi ad andarci ci sono stato due mesi.
Nell’ultima azienda prima dell’attuale ci sono stato due o tre mesi, sbagliando l’impossibile nel fare il commerciale e attaccare le buste.
Non sono andato in quell’altra azienda perché il sabato si doveva lavorare.
In fin dei conti ho sempre parteggiato per me stesso e per il mio tempo libero.
Adesso ho trovato pace ed equilibrio. Sono diventato il re dell’work life balance.