Da:”Dal miracolo economico al declino,” di Vito Tanzi.
In Italia uno diventa immediatamente amico col medico, col dentista, col barbiere, con le persone che incontra in treno. Queste relazioni portano a scambi di inviti, seguiti da scambi di favori, che contribuiscono a creare un mercato dei favori. Il medico fa un favore all’avvocato e viceversa.
Spesso gli scambi di favori avvengono con funzionari pubblico o con politici e possono diventare atti più o meno piccoli di corruzione. Per esempio uin impiegato pubblico dà un contratto o un appalto a un imprenditore diventato suo amico e l’imprenditore gli organizza una festa o dà lavoro al figlio dell’impeiegato. In alcuni paesi questi scambi sarebbero considerati atti di corruzione e uno rischierebbe di andare in prigione o perdere la posizione che ha.
Molti problemi amministrativi o di intralci burocratici vengono risolti con questo sistema interpersonale, con l’intervento di amici che lavorano in uffici di cui uno ha bisogno, per risolvere pratiche burocratiche o ottenere permessi e certificati. Anche l’accesso a operazioni chirurgiche o visite mediche pubbliche può essere facilitato o accelerato da contatti personali.
In Italia non esiste il principio dell’arm’s length, il principio del mantenere le distanze o dell’imparzialità. Il principio stabilisce che nelle relazioni, specialmente in quelle economiche e di lavoro tra individui, uno ha l’obbligo di trattare allo stesso modo gli amici e gli estranei. L’amicizia, il campanilismo, la parentela, l’appartenenza allo stesso partito, alla stessa parrocchia, alla stessa professione, la posizione sociale o economica, non dovrebbero portare a trattamenti differenziati tra persone. Un favore non dovrebbe creare credito per ottenere in cambio altri favori.
Quando il principio non è rispettato e le relazioni sono influenzate da relazioni personali, la strada verso la corruzione e favorevole alla criminalità organizzata è aperta. Queste attitudini possono rendere l’Italia sia un paese piacevole da visitare o abitare che un paese corrotto.
La fuga dei cervelli è uno dei maggiori costi di un sistema sociale dove la carriera delle persone e le posizioni che occupano dipendono spesso più dalle relazioni personali e dalle scelte politiche che dalle caratteristiche o qualità delle persone. Le relazioni personali e il capitale sociale che una persona ha a disposizione, a loro volta, dipendono spesso dalle posizioni e dai contatti delle famiglie e non dall’abilità intrinseca delle persone. Il nepotismo è fenomeno comune, soprattutto nelle carriere universitarie o in quelle dove le posizioni sono quasi ereditate (notaio, farmacista…) L’Italia perde con la fuga dei cervelli perché ha speso soldi per farli crescere e studiare e poi perché queste persone contribuiscono all’arricchimento di altri paesi.
Una riduzione rapida del disavanzo pubblico, ottenuta con la riduzione della spesa pubblica, può avere effetti negativi ma non importanti né durevoli. Può anche non averceli perché se la situazione fiscale è vista come insostenibile, scoraggia gli investimenti e rallenta le spese di alcuni che temono l’aumento della pressione fiscale in futuro. Se diversi paesi riducono il disavanzo allo stesso tempo, i tassi d’interesse si riducono e questo ha effetti positivi sugli investimenti privati, anche a causa della minore preoccupazione sulla sostenibilità della politica fiscale negli anni futuri. Questi fattori possono neutralizzare almeno in parte l’impatto negativo di un’eventuale riduzione della domanda.
Altre cose notate.
L’eccesso di persone che si occupano di cultura, per esempio musicisti, sussidiati. Tutta spesa pubblica e tutte persone che potrebbero svolgere attività più produttive.
Per rispettare Maastricht l’Italia vendette alcuni assets col solo scopo di fare cassa, ma non fece azioni di vera riduzione della spesa pubblica.
Le diverse tassazioni su azioni (produttive) e bot (finanziamenti del debito pubblico) sono distorsive e hanno effetti negativi sugli investimenti Hanno però una logica politica tendente a favorire gli investimenti in titoli pubblici e quindi ad abbassarne il costo. Unificare l’aliquota sui redditi da capitale sarebbe stato neutrale.