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Lo stupore delle prese elettriche

Jean Tirole sulla disuguaglianza

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Da “Economia del bene comune”

L’economia di mercato non determina a priori una struttura di ricavi e di ricchezza conforme a quelli che sono i desideri della società. Ercco perché esiste la fiscalità con fini di redistribuzione. La disuguaglianza non è uguale ovunque e non è percepita allo stesso modo ovunque. Gli americani del top 1% sono più ricchi dei francesi del top 1% e la disuguaglianza è più alta negli Stati Uniti che in Francia. Eppure il mercato è accettato maggiormente in America.
L’aumento dei ricavi catturati dall’1% ha attirato molta attenzione. Negli stati Uniti il ricavo medio è cresciuto del 17% ma quello del top 1% è cresciuto dell’86% e quello del restante 99% è cresciuto del 6,6%. Gli economisti hanno sutdiato anche la disuguaglianza nel loro insieme.
Esiste una polarizzazione dei redditi. I più qualificati hanno visto un aumento della propria remunerazione, mentre i meno qualificati hanno visto la remunerazione stagnare. I mestieri degli intermediari hanno visto una tendenza alla scomparsa.
La disuguaglianza tra nazioni è diminuita, insieme alla povertà, grazie in particolare al dinaminsmo delle economie cinese e indiana, convertite al mercato.
L’accrescimetno delle disuguaglianza ha molte cause e dipende dal tipo di disuguaglianza di cui si parla. Di ricavi o di ricchezza? E a che livello? L’1% o quella globale?
Per quanto riguarda l’accrescimento dei redditi dell’1% ci sono diverse cause. Il cambiamento tecnologico favorisce le competenze elevate e ha rinforzato l’economia della conoscenza attraverso l’emergere dell’economia digitale.
L’economia digitale ha forti rendimenti di scala ed è soggetta al fenomeno del “winner takes it all” (i fondatori di Microsoft, Airbnb, Skype, Facebook e i loro collabotarotir si sono fortemente arricchiti pur creando molto valore per la società. Lo stesso vale per chi scopre nuovi farmaci.)
La globalizzazione fa sì che queste imprese abbiano esportato il loro modello in tutti il mondo. Al contrario, la globalizzazione mette in concorrenza nei settori sottoposti a concorrenza internazionale e non protetti i salariati dei paesi a basso salario con quelli dei paesi sviluppati, offrendo ai primi la possibilità di uscire dalla povertà, ma esercitando una pressione al ribasso sui salari dei secondi. Meno conosciuto è il fatto che la liberalizzazione degli scambi aumenta le disuguaglianze tra persone di uno stesso paese che hanno competenze equivalenti, allo stesso modo in cui le imprese efficaci che possono esportare hanno dei vantaggi sulle imprese meno performanti e importatrici.
La globalizzazione ha accresciuto la concorrenza per i talenti. Gli imprendotri possono scegliere dove installare le loro start up. I migliori ricercatori, medici, artisti, manager vanno dove vengono loro offerte condizioni migliori. Il problema nasce quando allo scopo di attirare i migliori e tenerli nell’impresa, questa offre delle remunerazioni variabili molto elevate e troppo legate alle performance di breve termine.
Perdere i talenti è una perdita economica per le nazioni.
Occorre considerare se le ricchezze sono speculative, se derivano dal lavoro o da una rendita. Per esempio è cresciuta la ricchezza di chi lavora nella finanza e la rendita fondiaria. Il proprietario fondiario non crea valore per la società, a differenza di un imprenditore. Chi diventa ricco perché protetto dalla concorrenza non può essere paragonato a chi lo diventa perché innova un mercato o inventa un farmaco ecc.
I governi e i parlamenti provano a costruire e ad emanare leggi fiscali redistributive che aumentino il livello di equità ma spesso falliscono. Non tengono conto della coerenza delle misure. Danno più importanza alla tutela di interessi particolari che alla capacità di raggiungere gli obiettivi fondamentali. Molte politiche si ritorcono contro i presunti beneficiari perché non considerano le conseguenze inattese. Una politica molto stringente a protezione degli affittuari rischi di ritorcersi contro di loro perché diventa difficile trovare un alloggio: i proprietari metteranno più paletti o escluderanno proprio i soggetti più in difficoltà dall’affitto. L’egualitarismo e il rifiuto della selezione dell’istruzione va a beneficiare comunque i più agiati o i più favoriti.
Il controllo delle finanze pubbliche non è ritenuto stringente e così si mette a rischio il futuro sociale del paese: più spese per tutto e meno spese per scuola e sanità.
In generale per sapere se una politica pubblica è realmente redistributiva non basta consocere le condizioni socio economiche delle persone a cui si rivolge. Bisogna anche tener conto dell’insieme delle sue conseguenze.

 

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