In Italia e nel mondo ci sono dei pregiudizi su cosa faccia star bene un’economia e quindi le persone in un paese. Gli standard di vita dipendono dalla produttività.
C’è una fissazione a voler spingere la domanda dei beni e dei servizi senza badare al fatto che il reddito reale (quanto si produce per persona) è una grandezza in cui conta l’aspetto reale del produrre, cioè l’offerta. Per una trentina di anni nel dopoguerra ha prevalso la visione di dare meno importanza a quanto sei capace di produrre e più importanza a redistribuire, a spingere la domanda in modo sostanziale. Keynes è stato usato per gli scopi peggiori, come l’espansione dello Stato, con l’idea taumaturgica che questa roba avrebbe fatto prosperare per decenni.
Peraltro le politiche keynesiane di domanda non hanno neppure fatto uscire gli Stati Uniti dalla grande depressione. Vedi ad esempio: https://www.minneapolisfed.org/research/wp/wp597.pdf
Che l’idea della spesa pubblica a deficit faccia crescere un paese è comunque diffusa a livello mondiale.
Se analizziamo l’andamento del pil reale nel tempo, però, vediamo che cresce insieme alla produttività del lavoro.
Se hai un pil di 1750 miliardi e l’ anno prossimo produci la stessa roba ma i prezzi raddoppiano, il pil nominale diventa 3000 euro ma il pil reale è sempre lo stesso.
Il pil reale è roba vera: è produzione che puoi comprare. È quella roba lì che deve evolvere. Se non cresce il valore reale di ciò che produci il tuo reddito non cresce.
Altro problema è produrre cose che la gente non vuole comprare o non vuole pagarne il costo intero. Quel costo qualcuno comunque lo paga.
Illusione monetaria: si pensa che il denaro stampato abbia una vita propria indipendente dalle risorse che ci sono sotto. La ricchezza non consiste nel denaro.
La moneta ha un valore contrattuale.
Se stampi troppa moneta, questa perde di valore perché aumenta l’offerta.
Ipotizziamo che Draghi dia cento milioni a testa agli italiani per comprare gli yacht. Come produci quei 60milioni di yacht che valgano cento milioni? O siamo tutti scoordinati e allora ci vuole una spintarella o produciamo e scambiamo. Se non ci sono produzione e scambio non c’è possibilità.
Occorre rileggere la legge di Say interpretata da Baumol. Non è una legge da cretini per cui ogni cosa che produci crei la domanda. La domanda si crea dal lato dell’offerta.
Sommiamo alla legge di Say la legge di Walras con vincolo di bilancio e otteniamo un vincolo di bilancio aggregato per cui la domanda deve essere uguale all’offerta.
Se produco cose a un certo costo e la gente le vuole comprare a un costo minore qualcuno le produrrà a quel costo.
Produttività del lavoro: quanto la singola persona è capace di creare in termini reali.
Sono il lavoro degli esseri umani e il capitale degli esseri umani che producono le cose che ci scambiamo. Questa cosa deve essere capita.
Cosa rende ricchi? La capacità di produrre beni e servizi (anche canzoni, massaggi) che altre persone sono disposte a comprare attraverso la mediazione del denaro.
I due volti dell’industria italiana
Confindustria ha scritto che la manifattura italiana non va così male, ,ma ha misurato il valore aggiunto a prezzi correnti. Peccato che misurare il valore a prezzi correnti non abbia significato economico, visto che tali prezzi hanno dentro l’inflazione. I prezzi correnti sono i prezzi anno per anno. I prezzi costanti sono i prezzi concatenati a un anno preciso. Esistono anche tecniche come il calcolo dei prezzi edonici che tengono conto della qualità dei beni e del fatto che nell’anno di riferimento non esistevano certi beni che oggi esistono.
Confindustria dice che facciamo come la Francia. Ma perché allora cresciamo così poco rispetto a loro?
Confindustria dice che facciamo cose di alta qualità (maglioni in cashmere a 1500 euro l’uno). Ci misurano i maglioni a prezzi 2000 e oggi li vendiamo a più e quindi abbiamo più valore aggiunto. Non è che hai avuto una crescita solo nominale dei prezzi ma il numero di unità che fai è la stessa di prima? Oppure guardi il clup e vedi che è aumentato il salario e non è aumentata la produttività? Guardando gli indici della produzione industriale notiamo che sono piatti per tutti gli anni 2000, calano nel 2008 e non si riprendono più. Se il costo del lavoro fosse cresciuto poco, con un’inflazione differenziale bassa, i profitti reali sarebbero aumentati e quindi anche questo andamento potrebbe considerarsi positivo, dal punto di vista dei produttori. Ciò che conta è ragionare sulla produttività, comunque.
Se conta la domanda essere più produttivi è male perché hai ancora più eccesso di offerta. Se poi conta la domanda nominale è meglio fare tutti pochissimo perché così siamo tutti occupati. Portiamo un mattone a testa invece del camion e siamo tutti occupati.
Dicono che in Italia la quota di investimenti in capitale fisico sul valore aggiunto sia crescita. Quali investimenti? Se li scindiiamo vediamo che sono cresciuti gli investimenti in macchine e torni (investimento 1.0, investimenti old style) e sono rimasti fermi gli investimenti intellettuali (misurati dalla proprietà intellettuale) e in ricerca e sviluppo. Quindi si usano tecnologie vecchie. Si fanno investimenti in settori vecchi. Oppure in tutti i settori si investe in vecchi macchinari.
In ogni caso è chiaro che se il paese è rimasto in piedi qualcosa di produttivo ci deve essere stato: la vecchia manifattura, che comunque è ormai solo il 17% del Pil.
È chiaro Le aziende che sono sopravvissute ed esportano hanno potere sui prezzi, riescono a esportare, sono di successo, ma non ci mandi avanti un paese. È un sotto insieme piccolo.
Perché Confindustria non chiede di togliere le risorse intermediate dal pubblico che ammazzano la produttività? Sulla contrattazione collettiva Confindustria è stata al traino delle richieste della politica e dei sindacati. Solo Marchionne se ne è andato.
Confindustria ha bloccato l’evoluzione dell’economia italiana. È un problema culturale. Non fa battaglie nell’interesse degli associati in parte perché non capisce quale sia davvero e soprattutto perché è composta in larga parte da imprese controllate dai politici, come Eni, Enel, Finmeccanica, o da imprese che fanno affari coi politici, come Benetton o Montezemolo.
Nel 1955 ci fu un dibattito tra Costa, Sturzo e La Pira. Vedi https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=2ahUKEwi12tLjrenlAhWZiFwKHUZ6BlUQFjAAegQIAxAC&url=http%3A%2F%2Fwww.meic.net%2Fallegati%2Ffiles%2F2004%2F02%2F2131.doc&usg=AOvVaw1Tc825lvrkORJ0Lh-bmQqz
Per La Pira l’economia mista è uno stadio temporaneo per andare verso il ruolo di produzione totale da parte dello stato. Costa difendeva l’industria nazionale.
Negli anni 50 e 60 anche i Costa e i Carli hanno predicato bene e razzolato male. Ma avevano alternative? Qualcosa ci potevano fare. Gli industriali hanno fatto con la politica, hanno chiesti sussidi, hanno accettato di ingigantire e politicizzare lIri e le banche, hanno praticato il capitalismo di rapina: i salari reali erano molto bassi e hanno creato una tensione sociale molto forte.
Carli disse che non finanziare il deficit sarebbe stata una cosa sediziosa e non poteva farla, giustificando in questo modo le cose e venendo meno ai suoi doveri di banchiere centrale.
Spingere la domanda vuol dire pensare che imprese e cittadini siano cretini che non sanno produrre e comprare.
Tutti hanno in testa il modello di mettere soldi e fare domanda. Fanno il peana delle piccole industrie e poi esaltano le economie di scala che in Italia non ci sono.
Esiste anche un pregiudizio di invidia sociale secondo cui quanto guadagni non sta bene,
Circuito del reddito: tu produci cose che piacciono agli altri, altri producono cose che piacciono a te, vi scambiate i prodotti e vi avvantaggiate della rispettiva produttività. Così funziona la crescita economica. Essere produttivo ti dà un reddito.
I giornalisti economici che si occupano di faccende economiche non hanno formazione e sono pieni di pregiudizi.
In Italia non c’è stato un vero mercato del lavoro e i capitali non sono stati allocati in base alla produttività ma in base alle relazioni.
C’è una semplificazione liberale che ha funzionato politicamente. Quella di Reagan e quella di Berlusconi. Tagliamo le tasse e succede il miracolo. Gli Stati Uniti hanno aggiustato il sistema con Volcker. Berlusconi ha solo permesso di evadere. Negli Stati Uniti è stato Clinton, dopo Reagan, a salvare il bilancio. In Italia sono arrivati i tecnici e hanno dovuto fare delle mosse traumatiche e depressive. Sono conseguenze del domandismo.
Keith Richards ha smesso con il consumo di droghe quando si è accorto che doveva aumentare le dosi per avere lo stesso effetto. La stessa cosa vale per la relazione tra deficit pubblico e Pil. Puoi anche espandere il livello del Pil tagliando le tasse ma poi devi domandarti come cambiare la crescita. Se non cambi questa (produttività) non ottieni niente. Non la mantieni.
Col deficit aumenti il debito su Pil ma poi l’effetto come tracima negli anni successivi? Aumenta il Pil in modo che la sua crescita superi il costo del debito o no? Se no ti devi drogare di più. E non ti fermi mai.
Stati Uniti 2008.
Se ho una situazione temporanea di crisi, un collasso del sistema finanziario, la domanda è morta davvero perché salta la fiducia e non perché la gente è più povera (fa le stesse cose di prima ma non può ottenere credito, non vuole concederlo, non si sa che investimenti fare), allora crolla il Pil perché la gente non produce più. È giusto che in quei casi lo stato e la banca centrale intervengano per ridurre l’incertezza e aumentare la tranquillità. “Non siete falliti, state tranquilli, quei bond e quegli investimenti esistono, dateci i vostri bond e noi vi diamo contanti, fidatevi di noi marines, diamo anche una botta di spesa pubblica permettendo ai vari stati che hanno balance budget di spendere”. La California aveva tagliato gli stipendi dei professori del 20%, detto en passant.
In questi casi e in questo senso il meccanismo funziona. La crescita non dipende comunque dalla spesa pubblica. Negli Stati Uniti il Pil è comunque caduto, meno di quanto sarebbe caduto senza l’intervento statale. In un anno e mezzo il rapporto debito Pil è schizzato in su. Dal 2010 la spesa federale è tornata sotto controllo e poi è calata. Finito questo periodo il Pil è tornato a crescere. Per dieci anni.