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Lo stupore delle prese elettriche

La fuga dalla povertà secondo Angus Deaton (3)

Da “La grande fuga,” di Angus Deaton.

POVERTA’ GLOBALE
Nel 1981 le persone che vivevano con meno di un dollaro al giorno erano 1 miliardo e mezzo. Nel 2008, a fronte di un aumento di due miliardi di persone, i poveri assoluti sono diventati 800 milioni. Ciò significa che la percentuale di poveri assoluti nel mondo è scesa dal 42 al 14%. Se escludiamo la Cina i valori assoluti diventano 785 milioni e 705, comportando comunque una riduzione della povertà nella popolazione non cinese nello stesso periodo dal 29 al 16%. In India la popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno è passata da 296 a 247 milioni tra il 1981 e il 2008, vale a dire dal
42 al 21%.
A fallire in questo processo di riduzione della povertà è stata l’Africa subsahariana. Il numero dei poveri è passato da 169 a 303 milioni. La percentuale si è ridotta (dal 43 al 37%, ma i tassi di fecondità sono aumentati.)
Non tenere conto della Cina è sbagliato: il problema della povertà è globale e non ha confini. Non si può prescindere da una persona solo perché è nata in un paese anziché in un altro.
Rimandiamo al libro per le considerazioni sulle statistiche usate. Un aspetto interessante è che un paniere minimo essenziale consentirebbe di vivere anche negli Stati Uniti con 1500 dollari all’anno e che il livello di un dollaro al giorno consiste in denutrizione anche in India.

DISUGUAGLIANZE DI REDDITO
La globalizzazione ha determinato molti vantaggi ai cittadini europei e nordamericani, ma spesso si ritiene che delle opportunità di arricchimento non avrebbero usufruito i poveri del mondo. Cosa può fare, in effetti, la globalizzazione, per i cittadini poco istruiti e malati di un paese povero e privo di sbocchi sul mare?
C’è anche chi sostiene la tesi opposta. La globalizzazione offre ai lavoratori asiastici opportunità di accesso ai mercati dei paesi ricchi e la possibilità di svolgere a casa propria dei lavori che un tempo potevano essere svolti solo emigrando. Se questi processi assumeranno le giuste dimensioni, i salari asiatici si alzeranno e quelli americani ed europei si abbasseranno, riducendo le diseguaglianze nel mondo.
Anche i possessori di capitali hanno nuove opportunità di investimento grazie all’apertura delle frontiere. Il capitale è relativamente abbondante nei paesi ricchi e relativamente scarso in quelli poveri. I capitalisti dei paesi ricchi possono trovare nuove opportunità di arricchimento investendo in quelli poveri a scapito dei capitalisti di questi ultimi paesi. Se questo processo si muove in contemporanea con quello dei lavoratori (anche se la disuguaglianza di reddito non contrappone solo capitalisti e lavoratori) avremo un aumento delle disuguaglianze nei paesi ricchi (lavoratori più poveri e capitalisti più ricchi) e una loro riduzione nei paesi poveri (lavoratori più ricchi e capitalisti più poveri.)
Torniamo adesso a considerare il fatto che i redditi medi dei vari paesi non mostrano una tendenza a convergere. Tuttavia alcuni paesi giganti crescono molto rapidamente e miliardi di persone vivono oggi in paesi i cui redditi medi sono più vicini a quelli a metà della distribuzione dei redditi nazionali che a quelli più bassi, un processo che fortemente ridotto le disuguaglianze di reddito nel mondo.
E’ però impossibile misurare il grado di disuguaglianza tra tutti gli abitanti del pianeta usando solo le medie e ignorando cosa è accaduto alle disuguaglianze all’interno dei singoli paesi. Le medie indiane e cinesi crescono, ma probabilmente i magnati indiani che vivono in città ad alta tecnologia hanno raggiunto la testa della classifica, laddove i braccianti agricoli hanno continuato a vivere nella miseria.
Negli Stati Uniti la disuguaglianza di reddito all’interno, è cresciuta (per effetto della globalizzazione e delle nuove tecnologie,) stando ai dati riportati da Deaton. Casi analoghi si riscontrano nei paesi ricchi, anche se per tutti gli anni Ottanta la disuguaglianza era diminuita e l’inversione di rotta è stata più contenuta e successiva. Probabilmente anche nei paesi poveri le disuguaglianze di reddito al loro interno sono cresciute. Sicuramente la situazione andrebbe analizzata paese per paese. In Cina ci sono differenze tra città e campagna e l’emigrazione interna è contingentata: le differenze nelle variazioni di reddito sono più evidenti che in India, ma anche qui alcune regioni sono cresciute ed altre no. A giudicare dai dati sulle tasse pagate, è certo che l’un per cento più ricco abbia fatto balzi in avanti più ampi rispetto ai più poveri. La disuguaglianza interna sembra diminuita, invece, in Brasile e in Argentina.
Anche nei paesi ricchi si trovano delle differenze. I redditi dell 1% ricco della popolazione statunitense sono cresciuti dagli anni novanta in poi in misura maggiore rispetto al restante 99%. Questo fenomeno è accaduto in misura minore nei paesi ricchi non anglofoni. In effetti la Francia è cresciuta meno degli Stati Uniti, ma il 99%meno ricco dei francesi ha avuto un incremento di reddito superiore al 99% meno ricco degli statunitensi. Può essere che i top manager anglofoni siano ricompensati per il loro valore riconosciuto dal mercato globale?
Tutti i paesi hanno dovuto affrontare nuove sfide tecnologiche e la concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro. I lavori a reddito medio vengono sostituiti dalle macchine o delocalizzate, mentre i lavoro a basso reddito nei servizi subiscono un aumento. Questo comporta una minore disuguaglianza nella parte bassa della distribuzione e una maggiore nella parte medio alta.
Se il paese medio del mondo sta diventando più diseguale possiamo dire che anche il mondo stia diventando più diseguale? No, perché dovremmo vedere cosa accade alla disuguaglianza tra persone. Se la Cina avanza e la Guinea Bissau arretra della stessa misura, per ipotesi, il paese medio resta fermo, ma i cinesi sono molti di più e quindi non possiamo dire niente finché non misuriamo la disuguaglianza interna.
Le disuguaglianze interne ai paesi sono rilevanti per quei paesi, anche perché le persone rispettano le leggi e pagano le tasse anche per avere un certo livello di giustizia sociale, come è percepita nel paese. Le sperequazioni maggiori, però, si hanno tra paesi, e non è detto che siano decisive: l’unica cosa che possiamo chiedere è che istituzioni sovranazionali monitorino la distribuzione dei redditi e evitino di compiere azioni che danneggiano i singoli paesi anziché aiutarli. A fronte delle disuguaglianze interne, dobbiamo anche dire che la crescita elevata di Cina e India è la migliore garanzia affinché tali diseguaglianze si riducano e questo dovrebbe comportare una riduzione della diseguaglianza globale, come alcune stime suggeriscono.

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