there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

La prima visita a Berlino, condita di mezza maratona e di Tacheles

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Scrivere le cose dieci anni dopo, basandosi su note sparse, è una cosa che potrebbe far ripensare a ciò che è successo nel frattempo. Magari non si ricorda perfettamente il perché della nota di allora ma si può creare un post nuovo mixando il passato remoto col passato più prossimo e col presente.

Tutto sarebbe molto bello, ma in questi giorni il mio obiettivo è risistemare le migliaia di note già scritte.

La Lonelyplanet è sempre di aiuto.

Eravamo andati a correre, col gruppo di running (eh, vedrai). La mezza maratona di Berlino 2010 veniva per me dopo quella di Amsterdam 2009 e la Roma Ostia di febbraio 2010, quando ero riuscito a correrla in meno di un’ora. Ero così galvanizzato che a un certo punto ho provato a correre a 5’/km seguendo i pacer. Ovviamente gli ultimi chilometri devo averli fatti boccheggiando e comunque non mi sono goduto il percorso e la gara così tanto come avrei potuto. Quindi è obbligatorio rifarla.

Dato che questa vacanza l’abbiamo fatta in gruppo era anche fondamentale per me rifarla da solo, perché sono due tipi di gita diversi. L’occasione di tornare a Berlino c’è stata nel 2014 in occasione degli Europei di nuoto.

Eravamo in un albergo che era un rimaneggiamento dei vecchi casermoni di Berlino Est. Case tutte uguali. Stanze tutte uguali. Una tristezza, insomma. Dell’albergo ricordo una telefonata da parte di chi era alla reception in cui mi accusavano, forse per scherzo, di aver portato donne e droga in camera. Ricordo anche che per accedere a internet c’erano dei computer in sala d’aspetto. Non ricordo come funzionava l’wifi in camera. Probabilmente nel mio Iphone non avevo ancora offerte flat per la connessione in 3g, ammesso che ci fosse il 3g. Soprattutto, non c’era ancora il roaming gratuito con gli altri paesi dell’Unione Europea.

La casa albergo, insomma, era spaziosa, ma sembrava di essere a Novoli.

Ricordo poco del museo Pergamon. I musei è preferibile guardarli da soli, coi propri tempi.

Ricordo le grandi tavolate ai ristoranti, con gli altri del gruppo che parlavano, raccontavano aneddoti di vita, di corse, di lavoro. Ricordo grandi risate e il solito bel gruppo.

Entrare da Starbucks è un po’ come entrare in casa, quando sei all’estero.

Alcuni alloggiavano al Radisson Hotel in pieno centro. Nel salone d’ingresso c’era un immenso acquario, con pesci del Mar Rosso. Bello in sé, anche se triste per i pesci.

Ricordo il prezzo veramente basso dei cibi. Ricordo una gita in battello bellissima dopo la corsa. Tanto per rivedere la città da un’altra prospettiva. Ricordo tante camminate e anche tanti giri in bici. Alla fine siamo riusciti a vedere un po’ di tutto, facendo un po’ di scelte e un po’ di rinunce condivise.

Una sera sono andato da solo a vedere ciò che non avevamo visto e mi sono buttato sulla via giovanile Oranienburgerstrasse. Sono anche entrato in un locale e ho notato come tutti i locali erano pieni di gente, giovane e vecchia, che ascoltava musica e ballava. In quella via ho bevuto uno dei migliori caffè della mia vita, in un bar tenuto da una barista italiana, con bambina presente e cioccolatini Maiani in bella vista. In quella via sono stato benissimo nel Tacheles, https://it.wikipedia.org/wiki/Kunsthaus_Tacheles. Centro sociale che a me colpì per una varia umanità accogliente e artistica. Ogni sala, ogni scritta, ogni libro erano attraenti e interessanti. Gli appunti riportano i divani rilassanti, la gente che giocava a ping pong, il Cafè Zapata rumoroso e colorato, i graffiti, i disegni, la musica, la gente coi capelli rasta che giocava a pallone e vendeva oggetti, le foto italiane, le tshirt, la maison d’arte, le foto che tappezzavano le pareti, il venditore e la scritta in un cartello: “I am outside playing bowling”, le giovani visitatrici spagnole e quelle di altre nazioni, la fabbricazione di oggetti, “please leve the crazy free”, il solito americano innamorato di Firenze. Quando sono tornato a Berlino nel 2014 la via era diventata una delusione, il centro era chiuso e il bar non l’ho ritrovato.

All’Aufsturz, un altro locale trovato a caso girellando c’era Alin Coen che cantava. C’erano anche tanto pubblico di ogni età che accompagnava le canzoni, tante birre, una ragazza che per un po’ è stata male, sensazioni di divertimento non sguaiato e di libertà.

Tra le cose chiuse c’era il Sony center, mentre tra quelle aperte, ovviamente, c’era l’expo della mezza maratona: gigantesco. Per la cronaca, la presenza di ragazze molto carine nello stand della Brooks mi ha sempre fatto pensare che prima o poi dovrò trovare delle Brooks adatte a me.

Cosa mi ha commosso della città? Non tanto i luoghi visti, come la porta di Brandeburgo o il Reichstag (per questo avrei voglia di rivederli o ripassarci) quanto il percepito. Il muro di Berlino, soprattutto dove era stato buttato giù (sapere che passava di lì). Il confine tra est e ovest (a parte il ridicolo teatrino del Check Point Charlie). Il museo della DDR in cui mi figuravo la vita dei tedeschi dell’est, al netto di Goodbye Lenin e Ostalgie vere o presunte.

Sullo Sprea mi hanno colpito le sdraio sull’erba. “Basta che ci sia un corso di acqua e ci piazzano una sdraio”.

La sera prima della gara mi sono preso un currywurst annaffiato con birra verde, il che non c’entrava niente con un cibo valido prima di una gara. Più di quel piatto ricordo volentieri dei buonissimi Bratwurst in giro per la città.

C’era anche tra di noi chi volle andare a giocare al casinò e mi portò con sé.

Ho notato molte ragazze in giro da sole e non so cosa ci fosse nel notarle.

Lo Schwarzaldstuben: quando a belle parole germaniche è associato anche del buon cibo. Schnitzel più wurstel più spatzl più rothaus. Anche se abbiamo girato poco coi mezzi pubblici, c’è voluto poco ad apprezzarne l’efficienza. Tra l’altro non salgono spesso i controllori perché per il rispetto delle regole è ritenuta sufficiente l’esistenza delle regole.

Le persone sorridevano quando mi parlavano, anche solo se volevano sapere se il posto accanto al mio sul tram era libero. L’abbigliamento di tutti era molto casual in strada e nei locali. Mi sembrava tutto bello e anche le prostitute erano belle.

Cosa altro riportano gli appunti? L’uomo che sembrava un mafioso che portava il sacco della spazzatura fuori dall’albero. Insieme a lui c’era il nano di Twin Peaks. Le distanze facevano pensare che la mappa non è proprio il territorio. Nel 1988 Bruce Springsteen ha tenuto un leggendario concerto a Berlino (https://berlinomagazine.com/il-discorso-di-bruce-springsteen-al-leggendario-concerto-di-berlino-est-nel-1988/). In alcune piazze sembrava di essere in una festa della birra permanente.

E la gara? Poca motivazione, freddo, pioggia, poi caldo, pipì lungo la strada e guardone che guarda i culi, bellissimo pubblico e musica, buoni rifornimenti, poche magliette o persone come punti di riferimento, poco pensiero (a forza di correre ho smesso di pensare), troppo pensiero rivolto al tempo da fare, sensazioni negative psichiche e mentali (come andavo?), probabilmente sono partito a 5’50”/km per andare poi a 5’/km nei secondi dieci km per poi provare a finire in 1h55’ (finirò in 2h01’). Al 14mo km vengo visto dalle persone dei nostri che stavano tra il pubblico a tifare e stavo bene, poi forse ho accelerato troppo e pare che abbia fatto a 6’50″/km gli ultimi sei km con fiatone, sputacchi, vista annebbiata e forza di volontà. A fine corsa solo piccoli dolori. Per finire, come ristoro, the, birra e banane, oltre alla certificazione del tempo e alla medaglia. Ho anche intravisto un uomo cadere di fronte a me. Risulterà morto per infarto. Alla fine ho corso quella mezza maratona in 5’43”/km di media. Per il pb ripasseremo più in là. Ho faticato di più e ho fatto peggio rispetto alla Roma Ostia, ma come suol dirsi chi è causa del suo mal (allenamento scarso rispetto all’obiettivo e tattica di gara sbagliata) pianga se stesso. O meglio, pensi alla prossima gara.

A fine gara abbiamo incontrato un gelataio tedesco che ci ha detto che era stato a Firenze sei mesi per studiare storia dell’arte. Il giorno dopo i nostri tempi erano segnati sul Morgenpost. In aeroporto era pieno di maratoneti. In aereo abbiamo potuto ripensare al ritmo dei passi e al nostro respiro: la voce delle nostre corse.

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