Da metà anni 90 la produttività italiana è stata stagnante. Il pil reale per ora lavorata è aumentato di un magro 3,5% mentre la produttività totale dei fattori è cadura di un 7,5% cumulato tra il 1998 e il 2013. Come risultato si è formato un gap di produttività tra l’Italia e varie economie dell’Ocse. Il pil nel 2013 era del 9% inferiore ai livelli di prima della crisi e il debito pubblico era il 132% del pil. Risollevare la produttività è un problema cruciale per l’Italia.
Sono state fatte varie ipotesi per spiegare il rallentamento marcato della produttività: la specializzazione in settori a basso valore aggiunto, un modello di business dove predominano le piccole e piccolissime imprese, le regolamentazioni sul mercato del lavoro, l’inefficienza del sistema giudiziario, la mancanza di capitalie umano, la mancanza di knowhow manageriale, le mancate riforme nei mercati del lavoro, dei prodotti, dei capitali, la cattiva allocazione del capitale e del lavoro.
E il settore pubblico?
L’analisi degli autori suggerisce che l’inefficienza del settore pubblico ostacola la produttività delle imprese. Questo effetto è statisticamente e economicamente significativo. Per esempio per un’impresa che opera in un settore che sta sopra il livello mediano di dipendenza dal pubblico, operare in una provincia dove l’efficienza pubblica è sopra la mediana aumenta la produttività del lavoratore del 13%. Quindi se lavori in una zona dove l’efficienza pubblica è sopra la media la tua produttività, anche se lavori nel privato, è superiore.
La qualità scarsa della governance si ritrova in tantissimi aspetti: corruzione, facilità di fare impresa, facilità di dare forza di legge ai contratti, facilità di ottenere permessi di costruzione, facilità di pagare le tasse, sprechi della spesa pubblica, dispersione di fondi pubblici, pagamenti irregolari e tangenti, qualità delle istituzioni pubbliche.
Si rileva una grande disparità nell’efficienza tra le province. Il centronord è relativamente efficiente. Ci sono delle disparità sostanziali nella produttività delle imprese tra le regioni. L’impresa mediana nel nord produce il 9,5% in più per euro speso per gli impiegati rispetto all’impresa mediana del sud, e il ritorno mediano sugli asset è 180 punti base più alto. Le province che hanno un settore pubblico più efficiente hanno anche imprese private più efficienti. Questa correlazione non implica però che ci sia una causalità. Le province con un’efficienza scarsa del settore pubblico possono differire nella struttura industriale, nella composizione dimensionale delle imprese e in un insieme di altre cose che possono influenzare la produttività del lavoro indipendentemente dall’efficienza pubblica. L’analisi degli autori conferma comunque che l’inefficienza del settore pubblico riduce la produttività delle imprese.
Le imprese che operano in settori più dipendenti dal settore pubblico sono più produttive nelle province dove il settore pubblico fornisce servizi pubblici in modo più efficiente. Notiamo che sono anche più efficienti le province nelle quali il personale pubblico è inferiore.
Sia misurando la produttività come rapporto tra valore aggiunto lordo e numero dei lavoratori o tra ricavi operativi e costo del personale o tra ritorno del capitale investito e produzione totale si rileva quanto già detto: le imprese che hanno relazioni col settore pubblico e operano in province con un settore pubblico più efficiente sono anche più produttive in modo rilevante.
Quindi il settore pubblico inefficiente riduce la produttività delle imprese. Inoltre l’inefficienza del settore pubblico colpisce in particolare le imprese più giovani e le imprese più grandi. Inoltre si rileva che la fornitura di servizi da parte di enti territoriali dello Stato centrale ha un impatto più importante di quella fornita da enti locali.
In sostanza l’Italia potrebbe realizzare dei significativi guadagni di produttività se il settore pubblico aumentasse in media la propria efficienza.
Se l’efficienza del settore pubblico raggiungesse la frontiera in tutte le province la produttività del lavoro potrebbe aumentare fino al 22% nei setori che dipendono più dal settore pubblico mentre il valore aggiunto (in rapporto ai costi del personale) potrebbe salire tra il 2 e il 10%. Per l’impresa media l’output si espanderebbe del 3%.