there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Contro la retorica del “comprate nel negozio sotto casa”.

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Il negozio sotto casa mi offre scelta, affidabilità, qualità, servizio post vendita? Mi offre la possibilità di scegliere tra migliaia di prodotti o me ne assicura la disponibilità immediata se so già cosa comprare?

Il negoziante non cerca di darmi un prodotto diverso da quello che gli ho chiesto perché non ce l’ha, perché non ci guadagna, perché non riesce ad averlo in tempi brevi? Nel caso che glielo ordini, il negoziante mi manda il prodotto ordinato nel giro di due o tre giorni magari senza farmi pagare le spese di spedizione se mi abbono a un servizio che mi costa venti euro annui?

Se gli riporto il prodotto lo ritira senza farmi storie? Il suo prodotto è di qualità migliore e o di prezzo più basso rispetto ad altri?

In altre parole il negozio è competitivo? Se sì, e quindi soddisfa le esigenze dei consumatori, merita che venda, ricavi, incassi, guadagni. Se non regge la concorrenza e perde soldi ogni anno significa che il cliente ha emesso il suo verdetto: il negozio è bocciato. Il profitto è il voto che il compratore assegna all’offerente.
Se il negozio non sta in piedi per motivi fiscali o burocratici chieda allo stato di vessarlo meno e non di salvarlo coi soldi degli altri.

Non esiste nessun mestiere che sia obbligatorio fare. Non esiste nessun diritto a fare lo stesso mestiere a vita, né di farne uno fisso, né di farne uno coerente coi propri studi o coi propri desideri, anche se è probabile che un lavoro fatto con passione porti risultati. Se i risultati non arrivano, decida il negoziante che fare, ma non pretenda che lo stato obblighi i consumatori ad andare da lui.

È inefficiente e ingiusto danneggiare i concorrenti più bravi, i potenziali entranti, i contribuenti, i produttori, il benessere economico della collettività. I fallimenti fanno parte della vita.
Se ci sono clienti che apprezzano il negozio proprio perché è vicino a casa, oppure perché appartiene a un familiare o ancora perché sono contro i negozi di dimensioni più grandi o contro gli acquisti online, o infine mirano proprio alle caratteristiche dei prodotti lì fatti o venduti? Questi clienti andranno in quel negozio, saranno disposti a destinare una quota rilevante del proprio reddito per acquistare lì ciò che da un’altra parte potrebbero trovare a prezzo più basso. Può succedere, allora che il negozio riesca a sopravvivere e magari si impegni in un marketing diretto proprio a un certo target di compratori tanto da diventare, chissà, un colosso della Distribuzione dei Piccoli Negozi. (Perché naturalmente se il negoziante diventasse uno dei Grandi, non gli parrebbe il vero).

Ebbene. Se il negozio piccolo riesce a specializzarsi, a offire qualità, a differenziarsi, a intercettare i bisogni di uno o più target di consumatori, questi nel loro complesso avrebbero una maggiore libertà e disponibilità di scelta, l’offerta di prodotti e servizi sul mercato aumenterebbe, così come la concorrenza anche nei confronti dei Grandi Supermercati cui potrebbero mancare proprio gli articoli di nicchia offerti dal negozietto e così via. Potrebbero nascere, a quel punto, nuovi competitor del piccolo negozio. Affinché questo accada, però, se il negoziante si trova in difficoltà e non vuole cambiare mestiere, deve ingegnarsi. Nessuno, peraltro, gli ha impedito di cautelarsi contro i rischi di fallimento, affidandosi ai vari prodotti finanziari o assicurativi disponibili sul mercato. Il negoziante può anche lanciare una cammpagna di marketing artigianale, facendosi vedere sui social network con un cartello appeso al collo in cui chiede alle persone di comprare nei piccoli negozi come il suo.
Ciò che non va bene è pretendere di salvare il negozio se va male, alzare i prezzi altrui per legge, impedire a nuovi concorrenti di entrare sul mercato con metodi propri, ostacolare i nuovi ingressi, imporre ai consumatori di comprare sotto casa limitandone così la libertà di scelta. Sarebbe come se lo Stato decidesse di buttare via i soldi dei contribuenti o gravasse di debiti le generazioni future per non far fallire Alitalia o le Poste o grandi imprese private per salvaguardare l’italianità o l’occupazione di mille lavoratori, con ciò danneggiando i disoccupati, i lavoratori di imprese efficienti e i potenziali entranti).

Ah. Lo ha fatto sistematicamente per tutti gli anni Settanta e Ottanta e continua a farlo? Forse non gli è chiaro che se io voglio buttare via parte del mio reddito per far felice il negoziante sotto casa sono soldi miei. Se lo fa lo stato sono soldi altrui e sono soldi miei che lui ha rubato con la forza e ha destinato a incrementare l’iniquità e l’inefficienza del sistema.

Tornando al punto del negozio. Se mi va di comprare in un negozio piuttosto che in un altro sono scelte mie basate sulle mie preferenze individuali. Cercare di instillare un ridicolo senso di colpa e sperare che funzioni è illusorio.
Basta. Adesso quasi quasi compro un libro. Apro l’ipad. Vado su Amazon. Compro il libro con un click, nella versione ebook. Lo scarico. Lo leggo subito. Se fosse stato su Unlimited avrei potuto leggerlo gratis. Non mi piace. Lo restituisco. Nessun problema.
Qualche anno fa avrei dovuto prendere l’autobus per andare in città, avrei cercato nelle librerie, se non fosse stato disponibile avrei dovuto ordinarlo e sarebbero passate delle settimane. Quanto è aumentata la libertà di scelta? Quanto è migliore il servizio? Quanti costi in meno devo sostenere, in termini di tempo e di denaro? Tutto questo  è merito  dei progressi dovuti al libero mercato. Lo stato cerca di ostacolare con ogni mezzo la libertà di scelta perché ci sono produttori vecchio stile che sentono franare il terreno sotto i propri piedi e anziché darsi da fare o cambiare mestiere o convincere una massa adeguata di clienti che sono meglio loro, vanno a piangere e a elemosinare aiuti da qualche politico, magari attraverso associazioni lobbistiche, in cambio di voti. Di fronte ai politici vanno loro: i pochi produttori coalizzati, e non la maggioranza dei danneggiati dagli aiuti a quei produttori: i consumatori, i disoccupati, i potenziali disoccupati futuri, i potenziali entranti, i possibili innovatori, i concorrenti internazionali, i concorrenti rimasti fuori dagli aiuti, i fornitori di prodotti o servizi in cui il paese avrebbe un vantaggio comparato rispetto ad altri paesi, lo stato stesso per la maggiore spesa e le minori entrate (se sono inefficienti, i salvati venderanno poco, guadagneranno meno e pagheranno meno tasse; se sono sussidiati, ciò che entra da una parte esce dall’altra).

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