“Non esiste un unico mercato del lavoro dove tutti competono per accaparrarsi posti più pagati e migliori.
. Il mercato del lavoro non è una torta fissa. La politica italiana allora dice ve la do io la torta e per ogni lavoratore vecchio entreranno nel mercato tre lavoratori giovani. Così dicevano nel 2018.
Il sistema pensionistico funziona col sistema a ripartizione. L’inps tassa i lavoratori e poi paga le pensioni. Le tasse pagano le pensioni di adesso. Questo sistema per essere sostenibile richiede una crescita demografica sostenibile e decente in modo che i lavoratori possano sostenere e pagare chi non lavora più tramite una tassazione non troppo onerosa.
C’è una grande criticità tra gli anni 2030 e 2040. Bisogna gestire al meglio la curva cercando di non anticiparla e non allungarla troppo. Le linee mostrano le previsioni di spesa rispetto alla normativa vigente. L’obiettivo di non anticipare la curva è saltato con quota 100 che ha fatto aumentare la spesa pensionistica.
Tra il 2008 e il 2011 sono state liquidate nel settore privato 339 826 pensioni, tra il 2012 e il 2015 249 159, tra li 2016 e il 2018 279 192, nel 2019 359 375.
La riforma Fornero aveva ridotto le pensioni liquidate. Con quota 100 si è tornati a prima della riforma, intaccando la sostenibilità del sistema pensionistico.
La corte dei conti ha dato un giudizio positivo sulla Fornero perché ha reso il sistema più sostenibile. Se c’erano delle criticità o rigidità per entrare in pensione sono state introdotte alcune modifiche. Se si voleva allentare ancora di più la riforma non era necessaria una nuova riforma. Bastava adeguare istituti esistenti come l ape social.
Nei documenti preparatori a quota 100 si parlava di ricambio generazionale e aumento di produttività dovuto al ricambio.
La corte dei conti ha criticato la relazione tecnica perché in molti punti era incompleta e tale da non consentire una valutazione delle stime effettuate. Il costo è stato stimato in 18 miliardi in tre anni. Per la relazione tecnica nel primo anno ci sarebbero dovuti essere 290000 quotisti. Le domande si sono fermate a 230 000. Di queste sono state accettate 160 000. Quindi c’è un buco del 40% che ha causato anche problemi di finanza pubblica perché il governo si è indebitato più di quanto sarebbe stato necessario.
Quanto ha contribuito alla produttività? Per nulla, come dimostrano le tabelle della corte dei conti.
Quota 100 ha fatto solo aumentare la spesa per pensioni in rapporto al pil e il numero dei pensionati in rapporto ai lavoratori.
Quota 100 è stato un privilegio per chi ne ha usufruito? Prendiamo una persona con 62 anni di età e 38 anni di contributi. Sarebbero cambiate le cose se non ci fosse stata quota 100? La corte dei conti dice che questa persona ha guadagnato 200 euro di pensione in più rispetto al caso in cui non ci fosse stata. Quindi sì, quota 100 è stato un vantaggio per chi ne ha usufruito e un danno per la fiscalità generale che andrà a supportare questa spesa in più. Il quotista medio ha un’età anagrafica e una contribuzione media diverse. Quindi il guadagno è un po’ inferiore ma comunque resta un privilegio. Il privilegio aumenta se la riforma resta solo per tre anni. Questi pensionati hanno un privilegio rispetto anche ai pensionati di prima e di dopo.
Lo stato privilegia alcuni, in particolare delle classi anagrafiche. Per legge l’età pensionabile in Italia è tra le più alte del mondo ma quella effettiva media è tra le più basse quindi c’erano altri modi, volendo, per andare in pensione prima dei 67 anni di età.
Ma il ricambio generazionale?
Mandiamo in pensione lavoratori stanchi e poco produttivi e mandiamo a lavorare gente giovane così abbassando il tasso di disoccupazione giovanile e portando forze fresche nel mercato del lavoro così il paese cresce. Questa era la logica.
Purtroppo un mercato del lavoro sano non funziona così. Cresce quando cresce il tasso di occupazione sia dei lavoratori anziani che dei giovani e non ci sono trade off tra anziani e giovani anche perché spesso un giovane non potrà ambire a lavori che finora sono stati di anziani.
Secondo banca di Italia e corte dei conti la sostituzione non è avvenuta. Dai risultati si evince che per ogni due anziani sono entrati quasi una persona. Il tasso di sostituzione è stato dello 0,4%. I giovani sono entrati in posizioni dove era possibile, cioè in posizioni a bassi skill, quindi a basso stipendio. L’impatto sull’occupazione è stata pari a meno 0,2%.
Crescita e produttività non sono aumentate.
Le adesioni di quota 100 sono state nei mercati più deboli, dove il mercato del lavoro è meno dinamico e questo ricambio generazionale avviene molto difficilmente. Comunque il mercato del lavoro, se un paese cresce, dà lavoro sia a giovani che ad anziani”.
C’è chi critica il fatto di non mandare in pensione le persone a sessanta anni dicendo che nei paesi dove le pensioni sono in buona parte pagate dal lavoratore gli stipendi sono diversi? Sono diversi anche perché i contributi pensionistici pubblici sono più bassi. Sono più alti gli stipendi, comunque, soprattutto se la produttività e quindi poi il pil crescono. Il che, tra l’altro, permetterebbe pure di sostenere le pensioni. Non rovesciamo la frittata, please.