https://voxeu.org/article/roots-italian-stagnation
Dicembre 2015. Fino al 1980 l’Italia ha avuto una crescita del reddito procapite superiore alla media OCSE. Da metà anni 90 la crescita economica e il reddito pro capite sono declinati sia rispetto all’Eurozona che all’OCSE.
La produttività totale dei fattori si è immobilizzata a metà anni 90 e ha poi iniziato a crollare. La produttività totale dei fattori è scesa dello 0,3% l’anno dal 1998 al 2014, mentre è salita negli altri paesi dell’area Euro e ancora di più nei paesi non europei.
Le cause delle debolezze strutturali dell’economia italiana, quindi cause della bassa crescita, sono note: le rigidità nei mercati dei prodotti e del lavoro, mercati dei capitali non sviluppati, tassazione eccessiva sui fattori produttivi, debolezza nella governance e nella gestione delle imprese, amministrazione pubblica in genere, giustizia civile in genere.
Nel periodo 2000-2015 i gap tra l’Italia e i paesi dell’eurozona e dell’Ocse al riguardo di capitale umano, regolazione dei mercati dei prodotti, sistema tributario, innovazione sono aumentati.
Un pacchetto di riforme pro crescita può avere successo nel ridurre il gap coi migliori tre in ciascuna di queste aree, ma questo successo si realizzerà inevitabilmente in tempi lunghi.
L’Italia è un paese poco istruito, con pochi laureati poco qualificati, dove c’è poca differenza tra i più giovani e i più anziani. Il basso tasso di capitale umano riflette il basso rendimenti in termini di istruzione e competenze. Le riforme possono servire a migliorare la situazione, sempre che siano accettate.
L’Italia ha riformato le regolamentazioni dei mercati dei prodotti (liberalizzando) più degli altri paesi negli ultimi 20 anni. Anche i mark up nel settore dei servizi si è ridotto. Tuttavia l’Italia non è un paese favorevole per fare impresa. I costi di start up sono più alti che negli altri paesi. Gli stessi progressi avvenuti sono stati meno rapidi che in Grecia, Spagna e Portogallo (che hanno sopravanzato l’Italia).
Ancora più ampia rispetto al resto delle debolezze è diventata quindi della pubblica amministrazione, nonché quella della giustizia civile. La debolezza della pubblica amministrazione rallenta la riallocazione dei fattori produttivi.
Il gap in ricerca, sviluppo e innovazione è grande e crescente.
I mercati dei capitali restano sottosviluppati.
Ma al minimo accenno di riforma non protestano solo i danneggiati, ma anche gli avvantaggiati! Se volete il declino, vi meritate il declino.
L’Italia ha un sistema di tassazione non favorevole alla crescita. Il tasso implicito di tasse sul lavoro è tra i più alti. Il tassi implicito di tasse sui consumi è tra i più bassi, nonostante le aliquote alte, a causa dell’evasione. Recenti riforme dovrebbero ridurre le tasse sul lavoro chiudendo il gap rispetto agli altri paesi del 25%. Dovrebbero essere finanziate da tagli di spesa e aumento dell’Iva.
In un periodo di 50 anni le riforme strutturali possono portare l’Italia al livello dei migliori paesi in ciascun aspetto considerato. Attraverso aumento dell’occupazione e guadagni di produttività. Nel breve periodo tali guadagni sono comunque limitati.
Nel lungo periodo più di metà dell’impatto delle riforme potrebbe venire da un avanzamento dell’istruzione. Un’accelerazione dell’impatto può aversi aumentando il ritorno di emigrati molto istruiti e aumentando l’immigrazione di persone con competenze alte.
Sul lato degli investimenti è opportuno agire sulla riduzione dei mark up, sui costi di entrata, sul sistema finanziario. Non hanno grandi impatti sulla crescita i sussidi governativi, come i crediti d’imposta sulla ricerca e sviluppo.
Spostare la tassazione dal lavoro ai consumi può incrementare l’occupazione e il pil già nei primi anni dell’adozione di queste riforme.