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Lo stupore delle prese elettriche

Le ragioni poco liberali degli euroscettici

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http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2016/06/25/le-ragioni-poco-liberali-degli-euroscettici/

 

Come cambiare l’Ue? Verso quale direzione? In che modo? Conferendo più poteri al parlamento europeo?

Le regolamentazioni e la burocrazia sono eccessive?

E’ a questo che pensano gli euroscettici?

Uk è al sesto posto nella classifica doing business.

La spesa per i contributi all’Ue è pari all’1% della spesa governativa britannica.

 

Immigrazione: “Un’immigrazione mal gestita provoca problemi alla classe media ed ai meno abbienti. Proprio il Regno Unito però ha conosciuto più di altri Paesi alcuni vantaggi dell’immigrazione per la crescita culturale ed economica nel lungo periodo. Tra l’altro, anche il fallace argomento dell’immigrato che ruba il lavoro al nativo non trova riscontro nel caso Uk, dove il tasso di disoccupazione è molto più basso rispetto alla media Ue (sussiste invece un problema vero dell’immigrazione per il welfare e non per il lavoro che merita la giusta attenzione, non solo in Uk).”

 

Lo splendido isolamento?

 

“La possibilità di studiare all’estero – anche per i membri di famiglie più povere grazie alle borse di studio – ha inciso e incide sulla forma mentis delle nuove leve. Trovarsi a convivere con francesi o spagnoli, fare un internship in Germania o in Italia o una vacanza studio in Lituania, significa proiettarsi in una dimensione che supera le diffidenze pregiudizievoli dei confini nazionali, significa sentire l’appartenenza a un popolo europeo.”

Lo splendido isolamento è molto più complicato da attuare e sostenere nella nostra epoca, dove tutto è interconnesso.

Il mercato unico europeo aumenta le possibilità di crescita professionale, in un periodo che regala sempre meno certezze locali. La paura di non trovare un lavoro o di non riuscire a fare quello che piace o per cui si è studiato diminuisce quando si è consci di poter giocare su un terreno più grande, che offra maggiori opportunità. Quante professioni hanno trovato nuovi sbocchi grazie al mercato unico e ad una maggiore integrazione normativa? Pensate solo ai consulenti economici, finanziari o legali che possono sfruttare le loro conoscenze su un mercato molto più vasto di quello nazionale. Per non parlare degli effetti positivi per le imprese che importano ed esportano, abbastanza noti.

 

 

Le ragioni di un’ipotetica ItaLeave

 

Si può ragionevolmente supporre che l’Uk resterà una grande potenza economica. D’altronde i britannici sono riemersi dall’ultima crisi abbassando la spesa pubblica improduttiva e riducendo le tasse (invidia).

 

 

In caso di Italeave.

Bisognerebbe gestire l’immigrazione extra ue da soli.

 

Il tema della regolamentazione eccessiva è utilizzato spesso proprio da chi invoca continuamente nuove leggi e regolamenti (pensate solo a tutte le richieste di nuove regole per la sharing economy) o sul versante burocratizzazione chiede ad ogni occasione nuove authority o commissioni speciali.

 

Il paradosso è evidente nell’osservare che da un lato ci si lamenta (giustamente) su regole europee particolarmente penetranti (tutti si divertono a fare esempi sulle dimensioni degli asciugacapelli o dei sanitari imposte da Bruxelles), dall’altro spesso si chiedono regole ancor più stringenti a difesa di un concetto molto esteso di Made in Italy. Il nostro Paese ha infatti ottenuto garanzie certificate a livello europeo per ben 924 prodotti di food&drinks (la Spagna si è “fermata” per ora a 361), e le regole che seguono queste forme di protezionismo riguardano dettagli minuscoli e particolarissimi (gli stessi per cui si accusa l’Ue). Questa idea malsana di protezione dei prodotti italiani ci ha condotti a pensare che la difesa del nostro brand passi dall’impossibilità di imitarci o dall’ostacolare il business altrui. Non c’è da stupirsi del perché mentre noi ragioniamo di centimetri e di tempi di cottura gli altri si espandono a dismisura con le nostre specialità e ci ritroviamo Pizza Hut e Starburcks in ogni angolo del globo.

 

Oltremanica non hanno necessitato dell’Ue per avviare politiche di liberalizzazioni o di riduzione della presenza dello stato nell’economia. Noi sì, e tutto ciò ci risulta ancora indigesto. Così come ci costa non poco tenere conto della politica europea sugli aiuti di stato.

 

La situazione delle banche italiane dipende dall’Italia e il debito pubblico probabilmente esploderebbe in caso di uscita.

 

Le richieste di chi vuole uscire o di chi vuole cambiare l’ue di liberale hanno davvero poco ed hanno invece in mente un social-statalismo dai connotati protezionistici.

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