Sabato 29 dicembre ha vinto il letto.
L’appuntamento era per le nove di mattina presso la fontanina che si trova all’incrocio tra viale Fanti (e stadio Ridolfi di atletica) e viale Paoli (quello della curva Ferrovia dello stadio di Firenze).
L’appuntamento era stato indicato nel gruppo Whatsapp “Allenamenti e Gare” sul quale i membri della società di running e simili “La Fontanina” (il nome non è una coincidenza) scrivono di allenamenti e gare (ma dai, davvero?). Esistono altri gruppi Whatsapp dello stesso gruppo: quello dedicato al cazzeggio, quello dedicato ai corsi tenuti dal coach Gianni, quello delle corsette amene dedicato a chi corre più piano e a volte si ferma a raccogliere le more durante una gara (Simona B docet).
Quando il gruppo di corsa ha avuto inizio, nel 2008 se non sbaglio, non esisteva Whatsapp e allora gli appuntamenti ce li davamo usando gli arcaici sms o l’antiquato sistema del passaparola. Non era difficile: quando ho iniziato il corso di avviamento alla corsa eravamo tre. Adesso la società è una vera e propria società e ha più di cento membri.
Io sono quattro anni che sono un ex runner: inizio e smetto, arrivo a buoni livelli in allenamento ma poi mi infortuno oppure la vita e la non voglia mi portano altrove.
Il 29 dicembre 2018 ero fermo da un mese e mezzo, complice anche un mal di schiena da vecchiaia che un giorno mi ha lasciato fermo lungo una strada, senza che riuscissi a muovermi né a sedermi senza provare un dolore quasi atroce. Questo ha comportato tre giorni di stop. Poi sono andato in Spagna e non ho corso (ricordate i tempi in cui l’abbigliamento da corsa era incluso e usato in ogni viaggio?). Poi ho avuto da fare con Greenpeace. Poi ho trovato altre scuse, come quella del freddo. Insomma ero fermo, ma ero deciso a ripartire.
Stavolta l’obiettivo sarebbe stato quello di andare piano tutti i giorni, per riacquisire la costanza. Affinché questo sia possibile è indispensabile correre in compagnia. L’approccio del tipo “Ora raggiungo i vostri livelli e poi torno” non ha funzionato.
Appena ho visto il messaggio nel gruppo ho pensato che era l’ora di tornare a correre in compagnia con loro. Piano piano all’inizio e a lungo e poi via via più veloce. È il metodo Lydiard, peraltro. Ed è anche puro buon senso: abitua il tuo corpo e la tua mente alla corsa e soprattutto evita di infortunarti perché se no fai come i gamberi.
Allora mi sono deciso ad andare a correre venerdì 28 dicembre. Ed ecco che ho pensato: “Ma vediamo se riesco a correre dieci chilometri in un’ora”. Ci sono riuscito, peraltro accelerando nell’ultimo chilometro, ma la sera avevo un dolore al ginocchio destro e uno alla coscia sinistra.
Malgrado ciò, mi sono detto, la mattina vado. Tanto vado piano. E invece ha vinto il letto. Alle 8,45 ero ancora a cazzeggiare col cellulare e non sarei mai arrivato in tempo per la corsa.
Ecco il pensiero giustificatore: “Meglio così, perché a correre col dolore si rischia di infortunarsi”. In compenso mi sono presentato all’appuntamento per il caffè, dimentico che il motto è “correre per mangiare” (e “correre per stare bene” e “correre per viaggiare”…) e non è “mangiare senza avere corso”.
Fatto sta che oggi è il primo dell’anno e a correre ricomincio domani. 364 giorni di corsa. Lo mettiamo come obiettivo?