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Lo stupore delle prese elettriche

Liberalizzate e crescete tutti

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Il surplus commerciale tedesco intra ue è zero, al netto degli scambi con Uk. Questo a prescindere dal fatto che avanzi o disavanzi bilaterali in un mondo dominato dalle catene globali del valore siano un concetto obsoleto e irrilevante. Ad esempio tra uk e Germania un cambio della Jaguar fa avanti e indietro 6 volte prima di essere installato.  Tra le fabbriche del Messico e quelle di Detroit la situazione è analoga: a volte le componenti attraversano il confine 20 volte. (Gianluca Codagnone qui: https://www.immoderati.it/2019/06/16/le-fissazioni-di-mario-monti/)
Il miglioramento della bilancia commerciale tedesca è correlato con l’aumento di competitività. La Germania ha produzioni ad alto valore aggiunto e risente meno della concorrenza dei paesi a basto costo del lavoro. Nessuno ha impedito all’Italia di fare riforme come quelle tedesche o alle imprese italiane di innovare e cercare di conquistare i mercati emergenti anziché pensare a svalutare o a fare cose che nel mondo moderno non vuole più nessuno (a quei costi
Non è vero che l’Italia non esporta (a causa dell’euro o di qualsiasi cosa). La bilancia commerciale italiana ha un saldo positivo dal 2012, per quanto questo sia irrilevante (esistono paesi importatori e paesi esportatori: https://www.mise.gov.it/images/stories/commercio_internazionale/osservatorio_commercio_internazionale/statistiche_import_export/paesi_export_import_mondo.pdf).
Inoltre le esportazioni italiane sono cresciute quasi ogni anno dal ‘99 a oggi e nel 2017 sono cresciute di più del 7%. (https://it.m.wikipedia.org/wiki/Bilancia_commerciale_dell%27Italia) Sono diminuite le aziende che esportano e l’Italia ha perso quote di mercato perché è meno competitiva e meno produttiva. Ma l’euro non c’entra niente. Non c’entrava quando fu fissato il cambio e c’entra ancora meno venti anni dopo. Anche senza voler citare la neutralità della moneta. A proposito di cambio: c’è chi sostiene che fu un errore fissare il cambio a quasi duemila lire per un euro e dice che l’euro abbia azzoppato le esportazioni (moneta forte) ma poi lo stesso tizio o lo stesso meme sostengono che il cambio avrebbe dovuto essere mille lire un euro, cioè volevano una moneta ancora più forte.
L’Italia ha il terzo surplus commerciale nell’Unione Europea, a proposito. (https://it.reuters.com/article/topNews/idITKCN1FZ0Y5-OITTP)
La Germania è il principale partner commerciale dell’Italia. (https://atlas.media.mit.edu/en/profile/country/ita/)Non vale il contrario.
Comunque i flussi commerciali oggi non dipendono dai tassi di cambio, vedi intervento di Fabio Ghironi sul canale Youtube di Boldrin.
Non c’è nessun nesso causale dimostrato finora tra surplus commerciale e apprezzamento della valuta nazionale.
Durante il boom economico i cambi erano fissi e l’Italia si era aperta al mercato mondiale. No, perché c’è anche chi dice cose strane sul miracolo economico, quando gli italiani di allora erano i cinesi dei primi anni duemila.
Quelli che dicono che i tedeschi dovrebbero spendere anziché risparmiare non capiscono che la spesa pubblica tedesca potrebbe essere usata in infrastrutture tedesche o in istruzione o in cose che resterebbero in Germania. Cose che farebbero magari crescere ulteriormente la produttività e la competitività tedesca.
Ci sono quelli che dicono che in Germania i salari siano bassi. Fandonia:
1. I salari reali tedeschi sono sostanzialmente più alti di quelli italiani (e quasi uguali a quelli francesi)
2. A partire dal 2003, anno di entrata in vigore del primo pacchetto Hartz i salari reali tedeschi sono rimasti praticamente costanti. Di deflazione salariale o di spoliazione della classe lavoratrice nemmeno l’ombra. Costanti non vuol dire in crescita.  I lavoratori tedeschi hanno subito inizialmente una moderazione salariale, ma sono ancora di gran lunga i meglio pagati tra le industrie dei maggiori paesi dell’area Euro. Vedi http://noisefromamerika.org/articolo/ancora-euro-germania-parte-1
3. Tra il 2007 ed il 2014, nonostante la crisi, i salari tedeschi sono aumentati cumulativamente di circa il 7%. (https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/01/10/lavoro-la-fandonia-della-deflazione-salariale-tedesca/2360760/)
In realtà è la produttività tedesca che permette ai tedeschi di competere nelle produzioni ad alto valore aggiunto, dove i salari sono più alti. Così la Germania non ha dovuto subire la concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro come l’Italia. Inoltre degli aumenti di produttività hanno beneficiato i lavoratori in termini di aumento di stipendio, taglio di orari, benefit aziendali. https://www.repubblica.it/economia/2018/02/06/news/lavoro_accordo_storico_in_germania_settimana_a_28_ore_e_aumento_di_stipendio_del_4_3_-188156880/
Il guadagno di competitività è dovuto ad aumenti di produttività e non all’abbassamento dei salari.
Il livello dei salari tedeschi a PPA è superiore a quello di Francia, Italia e Spagna.
Certe cose si potevano valutare prima dell’ingresso nell’euro e comunque dal 1991 in poi era possibile riformare l’economia italiana e renderla competitiva come quella tedesca. I governanti pensavano ad altro, evidentemente.
Anche le imprese pensavano ad altro. In cina un terzo della popolazione è intollerante al lattosio. La Parmalat vende latte senza lattosio da una vita. La Parmalat non vende in Cina.
Che poi se volete fare gli investimenti fateli: l’Italia è in ritardo nell’internet veloce. Deficit temporanei per investimenti sono consentiti. Fateli. Volete fare deficit per regalare soldi ai parassiti in cambio di voti, cialtroni. Lo dimostrano i salvataggi di Alitalia, dei comuni falliti,
Un paese cresce in modo duraturo quando una data combinazione di capitale e lavoro produce una quantità (e una qualità) crescente di beni e servizi, cioè quando la produttività totale dei fattori cresce nel tempo.
Perché questo avvenga è necessario che il capitale e il lavoro siano allocati in quei settori dove sono più efficienti. Nel nostro paese questo non avviene in larga parte a causa della grande mancanza di competitività delle banche e anche della scarsa flessibilità del mercato del lavoro.
Ma anche efficienti mercati dei capitali e del lavoro non sarebbero sufficienti a garantire crescita della produttività: è necessario che il settore pubblico garantisca servizi di qualità sempre maggiore a basso prezzo, dalla scuola ai trasporti, alla giustizia;
ed è necessario che così sia per i servizi professionali (avvocati, notai ecc.) e per l’energia, un altro settore alla cui liberalizzazione è necessario dedicarsi con forse maggiore attenzione

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