Sbobinatura
Consideriamo i “main economic indicators 2011 2021” della commissione europea. La variazione percentuale del pil vede l’Italia ferma mentre gli altri paesi crescono. O comunque l’Italia ha la crescita più bassa d’Europa.
Rispetto all’area euro siamo lontanissimi. Non è una novità.
Perché?
È la domanda più importante.
Da metà anni novanta l’Italia cresce poco. Cresce meno di tutti i partner europei.
Una delle risposte è che in Italia non cresce la produttività del lavoro.
L’andamento della produttività del lavoro è stazionario, al di là di come si misura. Altri paesi hanno registrato una crescita della produttività molto più grande che da noi.
La produttività è uno dei motori della crescita di lungo periodo nelle economie sviluppate.
La produttività del lavoro si misura come il prodotto (quanto output viene aggiunto, viene prodotto) di un’economia diviso per le ore lavorate. Si potrebbe distinguere tra produttività media e marginale, ma comunque l’indicatore ci dice quanto una data economia produce con date risorse (in un dato numero di ore di lavoro).
Nei paesi in via di sviluppo il prodotto per ore lavorate cresce anche grazie all’accumulazione di capitale. Uno dei primi motori della crescita, quello dei modelli classici ad accumulazione di capitale,consiste per esempio in un lavoratore che lavora con un trattore invece che con due e produce di più.
Quando si arriva alla frontiera tecnologica Il maggior prodotto deriva da un utilizzo migliore delle risorse e questa cosa la chiamiamo produttività.
La produttività è quel fenomeno per cui se tu mi dai lo stesso numero di trattori e lo stesso numero di lavoratori io comunque da un anno a un altro, se la produttività aumenta, tiro fuori più prodotti. In che modo? Per esempio attraverso nuove idee, nuove tecniche. Col computer oggi posso fare in un’ora molte più cose di cinque anni fa perché il computer fa girare dei software, delle idee migliori. Quindi a parità di risorse c’è un capitale intangibile che mi consente di fare di più o meglio con le stesse risorse, tra cui il tempo.
Nei paesi ricchi se ci chiediamo da dove derivi la crescita del pil , tra un terzo e metà della crescita viene dall’aumento della produttività delle ore lavorate. Questo argomento è fondamentale.
La produttività del lavoro vuol dire i salari.
Come farla crescere? La domanda è difficile come quelle sul clima o su come debellare le malattie.
Ma perché cresce la produttività in Germania e non in Italia?
Ci sono stati dei tentativi di capire quanto questa crescita sia dovuta all’euro, ma l’euro è un fenomeno nominale. Un disallineamento dei prezzi può creare degli inciampi per un po’ di tempo? Può essere, ma un fenomeno nominale può causare delle conseguenze così grandi per venti anni? L’euro è un’unità di misura. È come passare dai pollici ai metri. All’inizio si può prendere e fare confusione. All’inizio posso sbagliare tutti i prezzi. Ma che dopo due decenni non abbia rimesso a posto le cose è improbabile.
Con l’ingresso della Cina nel wto l’Italia si è trovata a fronteggiare un formidabile concorrente perché l’Italia faceva le stesse cose che faceva la Cina a un costo dieci volte maggiore.
Svalutare sarebbe stato folle perché potevi svalutare un po’ per competere con qualche francese, ma se svaluti di dieci volte vuol dire che hai salari reali ridotti di dieci volte. Svalutare vuol dire pagare meno i propri fattori di produzione. Se vuoi competere con un cinese paghi lo stipendio del cinese.
Come competi col cinese? Fai altro e scambi con loro. Fai le borse Gucci, le cose ad alta tecnologia e da loro compri le magliette. Questo è quello che altri paesi hanno fatto. Anche gli Stati Uniti erano soggetti alla concorrenza cinese ma l’economia statunitense è molto più duttile e capace di reagire a questi shock.
Lo shock cinese è stato uno shock enorme.
D’altra parte noi siamo il paese che tiene in vita Alitalia, che doveva fallire venti anni fa e teniamo in vita cose che stanno in piedi solo per ragioni normative e sussidi statali. Si pensi anche ai balzelli notarili.
L’Italia è stata incapace di adeguarsi alla globalizzazione.
Un altro tema è l’innovazione tecnologica.
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In Italia c’è poco capitale di information tech. Si usa poco il computer. Si usano poco i servizi informatici.
In Italia la diffusone dell’IT è più bassa che negli altri paesi, compresi Spagna e Portogallo.
Perché questo è un problema? Questo capitale di IT è diventato molto importante negli ultimi decenni. Anche venti anni fa esisteva la possibilità di essere più o meno digitalizzati e meccanizzati ma era meno importante.
L’Italia in efficienza del management non sta benissimo. Vedi l’world management survey.
Il management score non correlava molto con la produttività tra il 1985 e il 1995. Tra il 1995 e il 2008 quanto sei organizzato, strutturato, digitalizzato è diventato più importante. Perché la digitalizzazione ha creato un premio aggiuntivo rispetto a essere un buon manager. Inglese e computer sono diventati più importanti per far crescere la produttività di quanto fosse nei decenni precedenti.
Questo è importante per capire dove guardare.
Ict revolution e incapacità di selezionare buoni manager sono indicati anche da vari autori come elementi di produttività. Bisognerebbe che le nuove generazioni facessero una bandiera di questo problema. Per risolvere e cambiare il destino del paese bisogna usare in modo efficiente le proprie risorse. Il modo con cui produciamo le cose oggi è simile a quello che si usava venti anni fa. Altri paesi hanno fatto passi avanti. Possiamo discutere di disuguaglianza, di redistribuzione, di riforme fiscali, di politica di domanda, di spesa per un settore o un altro, di fare più o meno deficit, di far spendere di più i tedeschi. Quest’ultima cosa è una boiata: tutto il pianeta cresce e non c’è una locomotiva su Marte ma ci sono delle economie vivaci dove si produce e consuma ricchezza. Nessun paese cresce solo perché è trainato dagli export. Anzi, molti hanno deficit commerciale perché sono ricchi e possono comprare. Il problema italiano è di struttura produttiva. Bisogna chiederci quali sono gli elementi della struttura produttiva che non vanno. Per esempio le barriere al nuovo, come l’antipatia verso i centri commerciali, la difesa del piccolo negozio, il contrasto ad amazon per spedire il francobollo..
Ci sono dei vincoli normativi. Pensiamo a Uber. Chi non ha mai usato uber non sa cosa si perde.
Un’altra caratteristica è la dimensione di impresa. Abbiamo troppe imprese mignon. Ci sono tonnellate di evidenza che dimostrano che le imprese piccole sono poco produttive.
L’Italia ha bassa produttività in tutti i settori. I tradable sono circa il 30% del pil.
C’è un problema di occupazione in piccole imprese. Ovunque si nasce piccoli, ma in Italia si resta piccoli.. Dopo dieci anni le imprese che sopravvivono sono imprese grandi. In Italia e in Giappone (dove c’è una stagnazione della produttività) nasci nano e rimani nano.
Un’impresa piccola di fronte ai mercati globali come fa a fare pubblicità legale? Sono imprese che non hanno uffici in Cina. Sono imprese dove non si parla inglese.
Alcune di queste imprese, magari medie, sono buone. Però la regolarità empirica è che l’Italia non è in grado di creare nuovi campioni.
Dipende anche dall’accesso ai capitale? Dipende da tante cose ma non è un problema culturale, necessariamente. È la risposta razionale degli italiani al sistema italiano, alle regole che ci sono in Italia. L’Italia difende gli incumbent, chi ha già una rendita di posizione e rende difficile la sfida a chi ha rendite di posizione. Inoltre il peso normativo e fiscale cresce con la dimensione dell’impresa. Anche lo sconto fiscale è dato di solito a chi resta piccolo, a chi fa meno fatturato. Incentivare a restare piccoli è un problema. Essere grandi aiuterebbe a risolvere molti problemi.
In Italia c’è poco venture capital, c’è poco private equity. Manca chi va a cercare nuove opportunità. La borsa è debole. Siamo un capitalismo di relazione. È l’unico paese dove chiamiamo i capitani coraggiosi, una cosa alla Orlando Furioso.
C’è la visione dei cavalieri salvatori invece di quella del campo dove c’è libero accesso e vinca il migliore.
Una conseguenza è che chi è bravo e potrebbe giocare la partita nel campo va a farlo altrove, col proprio cervello o con le proprie aziende. Ci sono così tanti ragazzi bravi che fanno le valigie. E questo è un chiodo nella bara. Se il paese perde i talenti, scienziati, dottori, prof, filologi, ingegneri, che resta? Resta disneyland. Venite al mare. Mangiate nel Salento pulito.
Gli immigrati non si vogliono e gli emigrati se ne vanno.
La fuga dei cervelli è drammatica. È come stare su un treno e è sceso il guidatore. Chi resta deve imparare a guidare il treno ma è troppo vecchio e troppo stanco per farlo.
Altri paesi, simili ai nostri, anche la Grecia e la Spagna o il Portogallo, con la stessa moneta, hanno una produttività crescente.
L’Irlanda ha creato un porto franco. Perché non l’abbiamo fatto noi?
Ok l’Irlanda ha fatto politiche aggressive. Il Portogallo, la. Spagna la Francia crescono e la loro produttività cresce. Possibile che l’euro sia stato cattivo solo per noi? Dobbiamo funzionare diversamente dal resto del mondo?
Ma i nostri tribunali ci mettono sette anni per definire una causa civile. È problema dell’euro? La lentezza dei tribunali fa fuggire le imprese. Vediamo l’incertezza nel caso ilva. Chi vuole investire in Italia ha bisogno di fare scudi legali.
Pensiamo che siamo un paese dove non si discute della qualità delle scuole o si bloccano i fondi della ricerca perché un signore fa ricorso al tar. Invece si pensa alle pensioni.
Questo problema non si percepisce. Gli amministartori hanno studiato poco. Non vedono che il treno si sta fermando. Quando saranno scesi tutti quelli che erano in grado di guidare sarà un problema.
Non ci saranno crisi eclatanti perché siamo ricchi. I ricchi muoiono lentamente. È difficile immaginarsi una morte violenta. Sarà una morte per dissanguamento.
Non ci saranno lezioni dalle quali imparare. Come è successo in Giappone.
Anche dal Giappone il capitale umano migliore si sposta.
Il tempo perduto si può recuperare. Ci si può adeguare a migliori standard. Se si affrontano gli impedimenti. Ci si potrebbe rimettere in piedi e si potrebbe camminare speditamente. È possibile. Non si vede una proposta che lasci ben sperare.
L’attenzione della politica economica è su un punto di deficit. Nessuno che dice che siamo pieni di imprese poco produttive, che non ci sono capitali di ventura.
Come la politica della concorrenza.
L’unica speranza è nelle nuove generazioni. Forse avranno viaggiato un po’ di più, avranno visto paesi che funzionano meglio, cambieranno idea.
Non c’è una risposta chiara e forte alla mancanza di produttività ma gli indizi vanno presi sul serio.