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Lo stupore delle prese elettriche

[Liberi oltre] L’Italia dopo il 1968

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Sbobinatura

Anni 70. Inizio del declino. Ha seminato il declino. Furono messe le premesse affinché l’economia non andasse bene. Si sono creati una serie di virus. Come quando hai un tumore. All’inizio non stai male e alla fine muori, soprattutto se non ti curi. L’Italia è un malato che non si vuole curare.

Gli anni dal ‘68 al ‘73 sono stati una svolta. Fino ad allora l’Italia ha avuto un grandissimo sviluppo e il tenore di vita è migliorato molto.

Tutto l’occidente cresceva e l’Italia esportava più degli altri.

Ci fu il boom degli investimenti. Il risparmio non poteva andare all’estero.

C’era tantissima manodopera. Fino agli anni 50 lo sviluppo era limitato al triangolo industriale. Lentamente si è espanso ma ci sono state aree di grande attrazione. Grandi masse di contadini si sono trasferite nell’industria, soprattutto verso il nord ovest.

Lo sviluppo del sud c’è stato in parte ma è stato determianto da incentivi, sussidi e si è trattato di fabbriche impiantate dal nord. È mancato lo sviluppo autoctono.

L’Italia ha avuto un grande sviluppo di reddito con qualche squilibrio sociale. Finché ci si è scontrati con un limite. Il limite della manodopera. Finché c’era manodopera a basso costo dal sud i salari sono rimasti tendenzialmente bassi, per quanto superiori ai redditi agricoli. I profitti erano alti. Quando la manodopera contadina si è esaurita e la spinta a tenere bassi i salari attraverso la concorrenza nella manodopera è venuta meno la situazione è cambiata. Questo è già avvenuto nei primi anni 60, con la prima fiammata degli aumenti salariali, che comunque fu riassorbita.

A fine anni 60 scoppia l’autunno caldo. I sindacati chiesero forti aumenti salariali. Questo autunno caldo si è inquadrato nel movimento di progresso sociale del 1968, movimento internazionale giovanile. Negli altri paesi fu essenzialmente un movimento studentesco che aveva appoggio dalla popolazione, ma comunque limitato. Il maggio francese finì con una dimostrazione di manifestanti anti maggio francese a Parigi. In Italia la situazione fu diversa.

Si aggiunsero gli operai. (A Pisa dicono che l’occupazione della stazione avvenne prima del maggio e uno dei capi peraltro fu D’Alema).

La situazione politica era bloccata. Mentre negli altri paesi c’era possibilità di alternanza politica, in Italia non c’era. In Italia l’opposizione era fatta dal PCI, che non era più un partito stalinista, ma aveva legami con l’URSS e aveva una reputazione di averli più forti di quelli che aveva davvero. Era impensabile che potesse andare al potere. Comunque non si creò mai un blocco di sinistra alternativo a quello comunista. Un partito laburista o un partito come la spd tedesca non si creò mai. I democristiani erano sicuri di restare al governo.

Una parte degli apparati dello stato ebbe paura che questo ribellismo portasse a sovversioni. Allora appoggiò (con tutte le incertezze del caso e dei numeri) dei gruppi neofascisti che usavano le bombe per spaventare la popolazione e avere l’effetto che in Francia successe con la manifestazione. L’idea era che così il PCI non sarebbe stato votato (mentre aveva avuto una graduale crescita, ma si temeva che avrebbe avuto la maggioranza). Non si sa se gli americani erano coinvolti, quanti fossero coinvolti all’interno dei servizi segreti ecc. Comunque si innescò la strategia della tensione.

In questa ottica la DC si è trovata di fronte da un alto ad avere il governo, dall’altro di avere una situazione sociale di forte protesta. All’inizio le manifestazioni sindacali erano pacifiche, anche quelle studentesche anche se meno. Poi negli anni 70 sarebbero nate le manifestazioni violente e il terrorismo. Dato che la DC sentiva il terreno franare decise di andare incontro alla soddisfazione delle principali richieste. Gli industriali concessero aumenti salariali ma questo fa parte del gioco. La DC in quanto governo ha adottato l’agenda dei provvedimenti chiesti dal PCI. Molti provvedimenti. Perché? Intanto aveva paura di perdere le elezioni. Alcuni avevano paura di un golpe. Alcuni democristiani erano più a sinistra dei comunisti. La DC andava da persone parecchio di destra a persone parecchio di sinistra. Le organizzazioni sindacali erano nate negli anni 50, dal tronco della CGIL. Le organizzazioni si riunirono in una linea pansindacalista molto di sinistra. Carniti era molto più a sinistra di Lama. Terza cosa: in quella situazione sembrava che tutto fosse possibile. La popolazione cresceva, il numero di figli per donna era alto, la popolazione era di giovani (nessuno prevedeva il crollo delle nascite). Il bilancio dello stato era in condizioni molto floride: era rimasto in pareggio fino a inizio anni 60 e aveva avuto poi dei deficit di 1 1,5%. Il rapporto debito pil era il 30%. Era quindi possibile pensare a una politica più generosa e c’era spazio fiscale per fare tante cose. Fecero tante misure i cui effetti si vedono adesso e si sono visti da tempo.

Furono fatte tre cose.

Abolirono le gabbie salariali. Era la possibilità di avere salari differenziati tenendo conto del livello dei prezzi. Al sud gli stipendi erano più bassi e questo poteva compensare gli svantaggi di investire al sud. Poi certo le infrastrutture erano peggiori ecc. Le gabbie salariali erano contrarie alle ideologie del tempo. A livello nominale un metalmeccanico di Gela era inferiore di quello di Milano. Oggi si dice di rimettere le gabbie per vedere di favorire gli investimenti. L’effetto comunque fu devastante per l’impiego pubblico. Le industrie non erano tante. Gli impiegati pubblici erano tanti. Molti meridionali provavano a entrare nel pubblico. I loro salari reali provocavano un effetto spiazzamento. Era un disincentivo al lavoro privato. Il professore di liceo guadagna lo stesso a Milano o a Catania ma il valore del salario a Catania è più alto. Questo fa sì anche che il catanese trovi lavoro al nord e poi torni al sud così ci sono troppi impiegati pubblici al sud e pochi al nord.

Poi ci fu lo statuto dei lavoratori del 1970. Era una legge che stabiliva i diritti e i doveri dei lavoratori e stabiliva come erano fatti i contratti. La situazione precedente era confusa ma sfavorevole ai lavoratori. Lo statuto ha avuto due elementi negativi nel lungo periodo. Uno era l’articolo 18. Si diceva che i licenziamenti nelle aziende con sotto i 15 impiegati erano sostanzialmente liberi, tranne casi di discriminazione. Sopra erano praticamente impossibili: dovevano passare dal pretore di lavoro quelli individuali mentre quelli collettivi erano contrattati col sindacato. Quindi se una ditta era in difficoltà ne doveva parlare col sindacato. Questo ha dato ai singoli sindacalisti un grande potere perché potevano decidere chi licenziare o mandare in cassa integrazione. Inoltre lo statuto dei lavoratori ha messo una pietra tombale alla regolamentazione degli scioperi (mai approvata pur essendo in Costituzione) e sulla possibilità dei contratti aziendali. Salvo che per i servizi pubblici essenziali non c’è stata una regolamentazione degli scioperi. Farla avrebbe significato decidere chi fossero i sindacati rappresentativi. Chi non lo fosse stato non avrebbe potuto dichiarare sciopero legalmente. All’epoca gli scioperi erano all’ordine del giorno, peraltro. Per tutti gli anni 70 erano stati forti. Era ancora un paese operaio. Il settore predominante era l’industria.

Terza cosa. Ancora più devastante nel lungo periodo è stata la riforma delle pensioni. Ha riordinato sistemi pensionistici che erano confusi e settoriali. È stata molto generosa. Le pensioni erano generosissime soprattutto per i dipendenti pubblici. Potevi lavorare 16 anni e andare in pensione, se eri una donna. 19 se eri un uomo. Questa era una follia, che poi è stata un po’ ridotta. Andavano in pensione col retributivo, che era il 2% per ogni anno di servizio. Una percentuale dell’ultimo stipendio. La riforma Dini del ‘95 intaccò parzialmente questo criterio.

C’erano molti lavoratori e pochi pensionati. Inoltre se uno andava in pensione con 20 anni di lavoro aveva il 40% dell’ultimo stipendio. Il costo non era ancora orrendo. Il costo è diventato orrendo quando l’età pensionabile è stata alzata. Se arrivi a 35 anni di lavoro indipendentemente dai contributi pagati tu hai la pensione. Questi dati sono apparsi dagli anni 80 perché nel periodo di transizione nessuno andava in pensione col nuovo regime. Nel momento in cui va a regime i danni sono apparsi nelle statistiche. I pensionati prima erano pochi. Se uno va in pensione dopo 35 anni col 70% dello stipendio per certi tipi di carriere era vagamente simile ai contributi ma per altre no.

Ci sono due casi famosi. Gli ufficiali prendevano la promozione sei mesi prima di andare in pensione. Stessa cosa il presidente della corte costituzionale. Perché è stata eletta la Cartabia? Perché eleggono sempre chi ha più anni di anzianità così va in pensione e prende più soldi. Questa bomba ha avvelenato il bilancio dello stato.

Ultima cosa. Le Regioni. 1971 72. Erano previste dalla Costituzione. Fino ad allora c’erano solo le regioni a statuto speciale con un ordinamento proprio. Si sapeva che se ci fossero state le Regioni in alcune di queste vinte avrebbe vinto il PCI. La DC non voleva dare ai comunisti un pezzo di potere. Decise di farlo per il momento storico lo richiedeva. Inizialmente l’ordinamento regionale non era così dannoso ma aveva un baco: le Regioni avevano capacità di spesa ma non entrate specifiche. Il punto del federalismo è di avvicinare il processo decisionale al popolo. Il popolo decide ma paga. Se vuole avere più servizi paga di più. Invece la scelta è stata: il popolo decide ma paga lo stato. I presidenti di Regione avevano degli assegni in bianco. Inoltre all’inizio la loro competenza era limitata. Con la quarta grande riforma, che però è stata positiva, cioè quella del SSN, le Regioni avevano un grande potere di spesa. Fino ad allora c’era un sistema mutualistico simile a quello americano. Le aziende avevano rapporti con le mutue che pagavano la sanità al dipendente e ai familiari. Questo lasciava fuori varie persone: c’erano lavoratori autonomi, c’erano mutue più o meno ricche ecc. Il servizio nazionale, mutuato dal national health service inglese, avrebbe dovuto dare prestazioni uguali a tutti (a prescindere dai vari livelli di efficenza). Questo servizio è stato una grande conquista di civiltà che ha migliorato la situazione sanitaria della popolazione. Però è passato a un certo punto alle Regioni. Così il sistema è diventato regionale, con livelli di servizio diversi. Inoltre è diventato un nuovo assegno in bianco. Se devi gestire la sanità hai diritto a più miliardi.

Nel lungo periodo queste riforme si sono rivelate dei disastri. Poi sono state in parte modificate ma ancora esistono.

Indipendentemente da queste riforme la DC ha usato il bilancio dello stato per generare consenso. La DC ha gonfiato i ruoli statali, regionali ecc.per creare consenso. Ha aumentato il clientelismo, ha gonfiato il perimetro dello stato. C’è stato un grande rigonfiamento degli organici in parte giustificato, in parte no.

Nel 1973 c’è stato lo shock petrolifero, che è arrivato proprio dopo queste riforme. Ci fu la formazione dell’Opec e il rialzo del prezzo del petrolio. Questo scatenò a livello mondiale un’inflazione che negli anni precedenti non c’era mai stato.  Si parlò di stagflazione, in tutto l’occidente. In Italia il livello di inflazione fu superiore a quello degli altri paesi. Anche negli anni 70 il pil cresceva di 2 o il 3%. Dal punto di vista della crescita nominale ci fu un rallentamento. L’inflazione arrivò al 20%. Questo mise in difficoltà le industrie e attizzò la conflittualità sindacale. Un conto è se riesci ad avere un aumento di salari nominali che si traduce in aumento dei salari reali una tantum. Poi gli industriali si riorganizzano, investono, magari innovano ecc. Un conto è l’aumento dei salari nominali una tantum seguito dall’inflazione. I salari reali calano e ricomincia la conflittualità. Arriviamo così a un altro provvedimento. La scala mobile. Questa esisteva anche prima per alcune categorie. C’era un adeguamento all’inflazione. Con x inflazione avevi x punti di aumento salariale.

Nel 1975 fu introdotto il punto unico da Agnelli (un disastro per le politiche pubbliche, per confindustria, per la Fiat che andava bene quando lui non c’era, per quanto fosse simpatico e affascinante). Prima il punto di un manager valeva di più del punto di un operaio e questo manteneva la disparità salariale. Aveva ridotto i gap. Ha colpito soprattutto il ceto medio. Persone che avevano la laurea, o ruoli da colletti bianchi e avevano stipendi bassi o quasi simili a quelli degli operai, non avendo rendimento dell’istruzione. I professori di scuola media avevano stipendi indecenti.

Gli anni 70 erano un periodo orrendo. Intanto c’era l’inflazione. Chi aveva reddito fisso aveva dei problemi. I salari reali calavano del 20%. Erano gli anni di piombo. Erano anni in cui mentre il movimento operaio faceva scioperi ma era controllato. Lama era serio e in gamba. Si stavano sviluppando delle forme di terrorismo e paraterrorismo che erano pericolose. La protesta di sinistra non era più monopolizzata dal PCI. C’erano tanti gruppi alla sua sinistra. Che non avevano peso elettorale ma hanno spaventato il PCI e lo hanno anche spostato più a sinistra. Da questi gruppi si sono formati gruppuscoli violenti. Questo ha portato anche a gruppi paralleli a destra, che erano più piccoli ma in certi luoghi erano militarmente forti. Ci furono le stragi fasciste e le brigate rosse. Tutti questi gruppi erano minoritari. Avevano un consenso, ma non più di centinaia di migliaia di persone. Però l’atmosfera era carica di tensione. A Milano a San Babila non potevi passare se eri di sinistra.

Negli anni 70 c’era ancora un po’ di crescita. C’era una spesa pubblica tirata su. C’era un deficit che arrivava al 9 10%. Il sistema fiscale non funzionava benissimo.

I fascisti non se la passavano bene. Una come la Meloni se girava per Pisa rischiava di essere picchiata. Ora al massimo la insultano sui social.

Tutte queste cose hanno infettato l’Italia.

Negli anni 80 si è perso il tempo per evitare che questi germogli diventassero foreste? Il tempo non si è perso dopo? I problemi sono giunti al pettine a metà anni 90 dal punto di vista fiscale.

Ora, la gente ama la spesa pubblica. Il clientelismo democristiano non dispiaceva. I politici rubano? Può essere. Ma clientelismo vuol dire che i politici distribuiscono alla popolaizone. In cambio del voto il cugino riceve la pensione o il sussidio o il posto pubblico ecc. C’era un clientelismo di DC e PSI ma nelle regioni rosse se volevi il sussidio per la cooperativa o il posto in Regione dovevi essere comunista. Questo sistema faceva sì che il politico venisse eletto e che i cittadini prendessero i soldi. Si viveva meglio, a spese delle generazioni future.

Il deficit si accumulava. Il debito pubblico è esploso negli anni 80 e 90, a furia di 10% di deficit annui.

Se tu ti abitui al clientelismo e alla spesa pubblica poi è praticamente impossibile svezzarti .

La differenza con Francia o Germania è anche che in Italia queste spese di protezione sociale non si sono mai coperte. Il livello di tassazione, anche perché il sistema era inefficiente, era più basso rispetto alla spesa pubblica clientelare.

Negli anni 70 l’aumento dei costi determinato dalle cose di cui sopra ha portato molte imprese in difficoltà. Non facevano più profitti. A partire dalla Fiat. Ci sono state due reazioni. Una è stata quella di ridurre le dimensioni: scaricare attività a ditte esterne, piccole, flessibili, non sottoposte a vincoli sindacali. Si sono sviluppati i distretti, in cui tante piccole imprese interagivano.

Negli anni 50 e 60 c’erano poche grandi imprese ma le grandi erano grandi e trainanti. Poi sono andate in crisi. La Olivetti è fallita, la Fiat è quasi fallita ecc. Molte si sono riconvertite dimagrendo e subappaltando.

L’altra strategia è stata quella di vendersi allo stato. Il sistema delle partecipazioni statali, che funzionava bene fino agli anni 60, è diventato un lazzaretto di imprese. Di fronte a chiudere un’impresa e licenziare gli operai la soluzione fu quella di venderla a Eni, Iri, Efim, Egam, Gepi e altri contenitori di aziende decotte. Il che ha creato un ulteriore buco nel bilancio dello stato.

Il nanismo aumentava anche la possibilità di evasione fiscale. Se sei la Fiat è difficile che tu evada. È più facile tenere un dipendente ufficiale e tre in nero se hai 4 dipendenti.

Naturalmente in quegli anni non c’era la Cina non c’erano i paesi poi emergenti. L’Italia aveva una buona capacità di esportazione, ancora. Aveva poca concorrenza nei settori a basso valore aggiunto. I paesi dell’est erano socialisti e non facevano concorrenza. L’Italia era il fornitore di eccellenza per i prodotti a basso valore aggiunto.

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