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Lo stupore delle prese elettriche

[Liberi oltre] Storia del debito pubblico e del lavoro femminile. Domande e risposte.

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Lista dei libri consigliati

Ascesa e declino, manuale, punto di riferimento, alcune cose fatte meglio altre peggio, completo.

L’italia e l’economia mondiale dall’unità a oggi, gianni toniolo (oxford italian modern economic handbook). Più dettagliato, meno completo.

Ricchi per caso. L’Italia ha avuto fortuna basandosi su bassi salari e apertura dei mercati. Ha funzionato fino a un certo punto. Non è mai stata all’avanguardia dell’innovazione tecnologica. Andava bene quando doveva rincorrere. Non va bene quando è arrivata vicino alla frontiera tecnologica negli anni 80. Non si è investito abbastanza in tecnologia e istruzione. Le istituzioni non hanno funzionato bene. La tesi è in parte condivisibile ma esagerata. Libro un po’ a tesi.

Perché il sud è rimasto indietro. Le classi dirigenti del sud hanno pensato più ai propri affari che al benessere delle popolazioni. Argomento in parte corretto fino al 1912 o al 1945. Non più valido ora. Le classi dirigenti avevano un potere assoluto in regime non democratico. Non hanno più questo potere assoluto dopo il ‘45 perché c’è il suffragio universale. Se hai il suffragio universale e ti fai comprare il voto specie quando non ci sono disperati e vendono il voto per il posto in comune o il reddito di cittadinanza sei colpevole. Non è colpevole solo la classe dirigente. Se vendi il voto perché il cugino abbia il posto al sud sei corresponsabile del malfunzionamento della pubblica amministrazione.

In ricchezza e in povertà, giovanni vecchi. Anche edizione inglese, con più dati. Si focalizza sul miglioramento del benessere italiano. Il libro dimostra, considerando vari indicatori, come la situazione italiana sia molto migliorata dal 1861 a oggi. Non erano belli i tempi andati. La ricchezza è quella che avevamo e più si va avanti peggio è.

Dovrebbe uscire la speranza smarrita, di gianni toniolo

L’Italia si è sviluppata quando si è aperta al mercato mondiale. Non si è sviluppata quando si è chiusa.

Domande.

LA STORIA DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO.

Per debito pubblico si intende titoli emessi dallo stato e venduti a banche, istituzioni finanziarie, fondi di investimento, privati.

In questo senso nasce nel diciannovesimo secolo. È uno strumento finanziario per investimenti privati. Nato con durata infinita. Il debito pubblico degli stati preunitari e poi fino al 1915 era un debito perpetuo.

Si chiamava rendita. Tu prestavi 100 lire allo stato e avevi diritto a un interesse di 5 o 3 lire per sempre. I prezzi in quel mondo cambiavano poco. Era un titolo da vedove e orfani. Un tesoretto che vale per sempre. Lo stato prendeva cento e dopo venti anni ripagavi cento e andavi avanti all’infinito.

Gran parte del diciannovesimo secolo era un ambiente di lieve deflazione. I prezzi erano stabili. Potevi essere sicuro che il valore della moneta, agganciata all’oro, era stabile. Avevi un rendimento stabile in termini reali, cioè tenendo conto della variazione dei prezzi.

Questo sistema era stato adottato da molti paesi europei e anche dal Piemonte.

Negli anni 50 il Piemonte aveva emesso molto debito pubblico per fare le ferrovie piemontesi e per fare la guerra.

Gli altri stati italiani, che non avevano fatto le ferrovie e che avevano eserciti deboli, avevano poco debito.

Nel 1861 lo stato italiano si è preso carico del debito piemontese e di tutti gli altri.

Storia del debito. 1861 40%. Cresce molto, fino a quasi il 100% a cui arriva nel 1871. Poi tra cali e crescite arriva a l 120% nel 1900. Cala fino al 60% fino alla prima guera mondiale. Nel 1921 è al 160%. Nel 1931, dopo la crisi del’29 scende al 100%. A fine seconda guerra mondiale è al 20%. È tra il 20 e il 30% tra il 1941 e il 1961. Comincia a crescere a ine anni 60. Nel 1971 è il 40%. Nel 1981 è il 60%. Nel 1991 è al 120%. Dopo maastricht cala fino al 100% del 2001. Continua a calare di poco fino al 2011. Da l’ risale fino al 140% o quasi.

Rapporto deficit / pil. È del 10% negli anni 60 dell’800. Poi è forte durante la prima guerra mondiale e poi negli anni 30. Nel resto del periodo il deficit era bassissimo. In pratica c’è stato il pareggio di bilancio in diversi anni e in altri l’attivo. Dal 1871 al 1910 circa il bilancio è stato in pareggio.

Nei primi anni dopo l’unità invece lo stato ha preso a prestito molti soldi per fare molte spese per costruire infrastrutture (prevalentemente ferrovie, pagando con accordi e sussidi vari compagnie private, ma anche edifici pubblici, strade e pure eserciti).

Dopo pochi anni gli investitori stranieri hanno avuto paura e hanno smesso di finanziare l’Italia.

C’è stata una violenta politica di austerità, ma vera. Si passa da meno 10% al pareggio di bilancio del 1877. Ci fu la tassa sul macinato, estremamente regressiva sui consumi di pane.

Nei primi anni del 900 c’è pareggio del bilancio e pil nominale che cresce molto. C’era un po’ di inflazione, del 1 2% ma il pil cresceva del 3%. Quindi il rapporto debito pil è calato.

La prima guerra mondiale è stata poi finanziata a debito.

La prima guerra mondiale era molto meno tecnologica della seconda. Il divario tecnologico che c’era tra l’Italia e i paesi avanzati era minore di quello che era nel 1938, per la produzione avanzata di armamenti.

Nella prima guerra mondiale l’Italia è riuscita a produrre armamenti non peggio degli altri e quindi ha avuto un’industria meccanica valida.

Prima della seconda guerra mondiale l’industria italiana era più grossa ma comparativamente gli armamenti italiani facevano schifo rispetto agli altri.

Poi abbiamo avuto gli alleati giusti, nella prima guerra mondiale: ci hanno finanziato (Keynes: gli Usa hanno avuto un alleato nell’INghilterra e tutti gli altri erano mercenari) e ci hanno mandato materie prime (i paesi alleati dominavano i mari e ci rifornivano di carbone, grano ecc). La Germania era debole, non aveva materie prime da darci. Nella prima guerra mondiale inglesi e americani ci davano le materie prime e i soldi per pagarle. Questo appare come boom del debito. Poi i debiti vengono condonati e il bilancio torna in pareggio. Nel 1926 sostanzialmente facciamo un default. Tutti i paesi tranne l’Inghilterra fanno default. L’Inghilterra aveva venduto le partecipazioni all’estero. Noi abbiamo fatto la guerra indebitandoci. Pagammo il 40% e ok. Il debito crolla. Era prevalentemente debito verso investitori esteri.

C’è un ulteriore calo negli anni 30 perché Mussolini ha fatto una parte di conversione di parte del debito. In particolare abolisce una rendita. Tutti i titoli che erano in perpetuo diventano titoli a breve. Mussolini aveva ridotto i salari. Qui colpisce i renditieri ma poiché i prezzi erano in calo l’accordo non era male per i renditieri.

Nella prima guerra mondiale il debito reale è calato anche per l’inflazione.

Negli anni 30 ri aumenta il deficit. Un po’ perché l’introito delle tasse era calato e un po’ perché si sprecano un po’ di soldi per la guerra di etiopia. Qui il debito era prevalentemente interno.

Durante gli ultimi anni di guerra e i primi anni del secondo dopoguerra l’inflazione era altissima e ha fatto crollare il valore reale del debito. Il pil nominale è aumentato moltissimo, pur non aumentato in termini reali. Nel 1950 il pil era quasi quello del 1939. Negli anni 50 e 60 il debito è rimasto bassissimo. Il bilancio era in pareggio negli anni 50 e in lieve deficit negli anni 60. In quei periodi il pil cresceva moltissimo. Quindi il rapporto è rimasto basso.

A fine anni 60 i deficit si sono fatti importanti e il debito è poi esploso negli anni 80.

Il deficit negli anni 70 è stato dal 6 al 13% con una media del 10%. I governi compravano consenso con sussidi pubblici, statalizzazione delle imprese fallite, assunzioni. Tenevano a bada la voglia di cambiamento degli italiani pagando gli italiani. Il sistema che ora piace a Patuanelli è quello che ha rovinato l’Italia.

Nel 1985 il deficit era il 15%. Poi nel 1990 11%. Nel 1995 7,5%. Nel 2000 1,3%. Negli anni 90 c’è stata austerità.

Qualche generazione ne ha beneficiato. Sono i giovani a rimetterci.

Ovviamente i deficit cumulati e superiori al pil hanno fatto esplodere il debito.

Dal 2008 a oggi il debito pubblico è aumentato di trenta punti percentuali, che è pari all’aumento tra fine anni 60 e inizio anni 80. Tra fine anni 60 a inizio anni 90 ci sono stati decenni di politiche scriteriate. L’Italia era drogata e tutti stavano bene finché hanno preso la droga chiamata spesa pubblica. Poi stanno male quando provano a disintossicarsi.

Nel 1902 ci fu la conversione della rendita. Invece del 5% lo stato pagava il 3%. Se volevano, gli investitori potevano avere indietro i soldi. È come è successo dopo Maastricht, quando sono crollati gli interessi. Quasi tutti convertirono la rendita. L’Italia allora godeva di fiducia e reputazione grazie ai pareggi di bilancio.

Tutti i titoli di debito hanno un valore nominale, 100 lire di rendita, e hanno un tasso di interesse formalmente fisso. 5 lire per ogni 100 lire. Il tasso di interesse sul debito può variare perché varia il prezzo della rendita. La rendita er aun titolo di stato venduto o comrpato. Nei momenti felici la rendita valeva più o meno il valore nominale. Nei periodi peggiori lo stato doveva emettere rendita a un prezzo inferiore. Se tu emetti valore nominale 100 al prezzo di 50 tu incassi 50 e non 100 e il tizio prende 5 di interesse, ma su 50, quindi il tasso di interesse effettivo è il 10%.

Emettiamo titoli con un tasso superiore a quello tedesco oggi perché emettiamo btp a prezzi inferiori.

L’Italia in media è sempre stata ad alto medio debito pubblico? Bisogna vedere quanto sia anomala. Ora è sicuramente anomala. Non è detto che fosse anomala prima degli anni 70.

L’Inghilterra aveva un fortissimo debito pubblico dopo le guerre napoleoniche. Ha avuto il 130% nel 1815 e ha avuto un pareggio di bilancio e forte crescita economica. Quando cresci del 3 4 5% nominale, inflazione 2%, crescita reale del 2% e il bilancio è in pareggio il debito pil diminuisce del 4%.

Maastricht. Se bilancio è in pareggio e crescita dell’1 2% e crescita dei prezzi del 2% con questo sistema, i debiti sarebbero tornati al 60% senza grandi problemi. Il trattato era stato fatto con criterio. Anche il 3% del deficit. Non era caduto nel cielo. Aveva una logica interna. I dati forse erano ottimisti ma nel 1992 erano ragionevoli.

OCCUPAZIONE FEMMINILE

Percentuale di occupati sulla popolazione in età da lavoro. Tasso di occupazione: al denominatore si prende la working age population.

Gli uomini hanno un tasso di occupazione che cala dal 100 al 60% tra il 1861 e il 2011. Il calo è dovuto al fatto che ci sono un po’ di pensionati e un po’ di studenti. All’inizio c’era il 100% perché in una società contadina quasi tutti erano occupati, cioè tutti lavoravano nei campi. Oggi un lavoro si intende come fisso, con orario fisso, ferie ecc. Nella società contadina il lavoro era determinato dalla domanda di lavoro nei campi. Quasi tutti vivono di agricoltura (60 70% degli occupati totali nel 1861), ma il tempo di lavoro varia a seconda del tipo di agricoltura. Se coltivi solo grano lavori sono per arare, seminare, erpicare, raccogliere. Lavori intensamente poi hai pause. Se coltivi grano, vite, olivo il numero di ore di lavoro è sparso e più vicino al massimo possibile. Ora le ore di lavoro sono 1700 all’anno. All’epoca erano 2000 o 5000 l’anno.

Le donne contribuivano. In quasi tutta Italia le donne contribuivano all’agricoltura perché viveno coi mariti vicini ai campi e davano una mano. Per la vendemmia o altre attività le donne lavoravano. Quindi lavoravano meno in termini di ore (se escludiamo i lavori domestici) ma erano tutte occupate.

Esistono il margine estensivo e intensivo. Se lavorare e quanto lavorare ci sono due variabili: partecipo al mercato del lavoro? Se partecipo, di quanto espando le ore lavorate rispetto alla domanda?

Laddove tutte le donne facevano qualcosa, anche solo stare dietro alle bestie il margine estensivo era alto ma lavoravano poche ore quindi il margine intensivo era basso.

Le ore unadjusted vengono dai censimenti. In alcuni casi questi mettevano le donne come occupate agricole, in altre no. Tendenzialmente ne mettevano meno. La stima di giulia mancini è il tentativo di aggiustare tutto. Il margine estensivo più alto è l’80%. Il margine intensivo è il 60%.

Nelle zone del latifondo, la Sicilia interna, gran parte di Calabria, Puglia e Basilicata le donne non lavoravano nei campi. Perché? Perché i contadini vivevano nei villaggi. Mentre nelle zone del centro nord i contadini vivevano vicino ai campi, nella Sicilia interna i contadini vivevano in grandi agri towns: enormi villaggi di contadini da cui i maschi venivano reclutati dai latifondisti e andavano a lavorare un giorno in un latifondo nel posto a un giorno nel latifondo del posto b ecc. In teoria ci stavano per il tempo necessario per i lavori. Dovevano fare 40km a piedi, ci stai nelle capanne tre o quattro giorni ecc. Questo le donne non potevano farlo.

A quei livelli di reddito va considerata la home production e la home consumption. La produzione casalinga era importante per sostentare la famiglia. Molte donne tessevano, facevano il pane ecc.

Il calo dell’occupazione femminile dal 1861 al 1961 è dovuto quindi al calo dell’agricoltura. Via via che la produzione italiana passa da essere agricola (con occupazione femminile part time) a industriale urbana molte donne smettono di lavorare. Perché c’è meno domanda di lavoro femminile industriale. Il regime fascista ha scoraggiato peraltro il lavoro femminile perché le donne dovevano stare a casa.

Quando c’è la grande industrializzazione aumenta il lavoro femminile. Le donne erano occupate già nell’industria tessile. L’occupazione femminile era consistente nel triangolo industriale. Poi dagli anni 60 l’occupazione cresce in industria e servizi. Le donne si istruiscono e diventano impiegate ecc. C’è quindi una ripresa dell’occupazione femminile, che però rimane molto bassa rispetto a paesi più avanzati.  Il livello basso è soprattutto nel sud.

La curva a u è tipica di questa come anche quella dell’età effettiva di pensionamento.

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