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Lo stupore delle prese elettriche

Lisbona 2017. Passeggiando fino a Belem.

L’idea era di andare a Belem correndo da Cais do Sodré nel percorso lungo il fiume e poi, una volta rientrato a casa, tornare a Belem per vedere il monastero e la torre e poi…
Ok. In ogni caso non ho corso per quel percorso. Dopo avere preso una pastel de nata in un bar sotto casa e un caffè al prezzo di sessanta centesimi di euro cadauno, sono arrivato in metro fino a Cais do Sodré per dirigermi a Belem camminando. La vista della fabbrica di pastel de nata Mantegaria mi ha invogliato a comprarne un’altra ed è stato un autentico assaggio di paradiso: sfoglia friabile e croccante e crema abbondantissima e caldissima che si scioglieva in bocca.
Alla fine l’idea di camminare fino a Belem, anziché correre, si è rivelata eccellente: ho potuto gustare tutto quello che osservavo, ho potuto pensare con lentezza, ho potuto fare delle foto, ho potuto fare delle deviazioni, ho potuto non bestemmiare perché non sapevo dove dovevo andare e cercare la direzione con calma, ho anche potuto leggere sul telefonino le notizie sull’attentato a Londra.
Lungo quella passeggiata ho visto gente a piedi, di corsa, in bici, sullo skateboard, seduta a riflettere, a pescare, in coppia a baciarsi, sui tavolini dei locali a rilassarsi mangiucchiando qualcosa. Ho scoperto il museo do oriente, Alcantara, il porto di Lisbona e sono passato sotto il ponte 25 aprile. La data è legata alla rivoluzione dei garofani del 1974, a proposito. Voltandosi dalla parte opposta al fiume si vedeva la città sulla collina, con le sue case colorate.
Era bello osservare anche la campagna oltre la riva opposta del fiume, salire su una scalinata che portava a uno spiazzo da cui si vedeva un bel panorama. Erano belli i prati che stavano tra la strada e il fiume e perfino i binari della metro che passavano accanto ai prati. La luce del mattino e poi, al ritorno, del pomeriggio, era sempre vivida. Il sole era battente, ma non dava noia, grazie alla ventilazione e così era un piacere provare la sensazione avvolgente e rilassante del caldo alla pelle, parafrasando Guccini.
Oltre alle persone e alla metro, si vedevano passare continuamente gli aerei in cielo e le navi in acqua e sempre dando la sensazione di rilassatezza. La luce era intensa e l’aria pulita, come detto: il bianco delle case o delle navi su cui rifletteva il sole era così bianco che più bianco non si può; analogamente il rosso o il blu o il giallo delle case o dei locali erano così vivaci da rappresentare la definizione stessa di quei colori.
Dopo circa sei chilometri ecco il monumento alle Scoperte, con le sue statue in processione che sono scolpite all’esterno. Il miradouro, dal sesto piano, è al solito bello. Molto interessante era la mostra sul razzismo e la colonizzazione dei portoghesi. Dal divieto di ingresso a musulmani ed ebrei, alle conversioni forzate, ai nuovi cristiani massacrati dall’inquisizione; dalla persecuzione e punizione degli schiavi in Brasile alla teoria delle razze e del cannibalismo quella mostra riusciva in poco spazio a raccontare un mondo che è cambiato solo nell’ultimo secolo e mezzo. Del massacro del 1506 il ricordo è presente di fronte alla chiesa di Santo Antonio in centro: è piazzata lì una stella di Davide a memoria e testimonianza contro ogni discriminazione razziale o religiosa.
La fila alla torre di Belem mi scoraggia dall’entrarci. La torre fortificata è bella, in stile manuelino. Alle sue spalle c’è un bel prato adatto per le scorribande dei bambini. Sul muretto circostante molta gene si riposava o si faceva selfie. Se sono sfuggito a venditori di occhiali e di cappelli ho deciso di spendere otto euro per un bicchiere di vino Madeira con vista sul fiume.
Complessivamente quel misto di verde del prato, blu del fiume, grigio della torre, colori delle case, nonché quel mix di sole e vento fa stare bene e ha reso quella domenica così piacevole che continuare a camminare per altri sette chilometri e oltre non mi è costato nessuna fatica.
Nei pressi del monastero c’era un mercatino dove ho gustato della tapioca, una pastel di patata, un bolo de caco, un pastel di baccalà e ho scoperto altre prelibatezze portoghesi, senza trascurare le immancabili ciliegie. Il monastero è favoloso. È in stile manuelino, un misto tardo gotico e rinascimentale. Il chiostro è elegante e armonioso. Forse è davvero il più bel monumento di Lisbona, come già ha scritto Saramago.
Rinuncio a prendere la metro al ritorno, come detto, decidendo così anche di non andare a vedere Cascais: se è la Rimini di Lisbona, posso andare a Rimini.
Al ritorno il fiume, di un blu scuro particolarmente intenso che in alcuni punti colpiti dal sole diventava verdognolo, luccicava tantissimo e soprattutto le sue onde sembravano dei respiri: regolari e continui.
L’idea di fare il tour di Lisbona vista dal mare al tramonto è naufragata, vista la partenza alle 19,30, cioè tardi, e visto il costo di 35 euro. A marzo il sole tramonterà prima e vedremo.
Così rieccomi a Lisbona centro e scopro il Time Out Market, accanto al mercato tradizionale di frutta e verdura. Si tratta di un bel mercato composto da tanti tavoli in mezzo e i banchi di ristoratori famosi che cucinano piatti di pesce, carne ecc.a prezzi “da mercato”. Il risultato è buono come immagine. Non mi hanno entusiasmato né la confusione né le scelte proposte, ma potrebbe essere stato un problema mio. Da segnalare la coppia di ragazze che sono entrate nel bagno degli uomini.
Appurato che stavo camminando dalla mattina alle nove e adesso erano le diciotto, mi sono fatto un giretto per il lungofiume da Cais do Sodré a Praca do Comercio e quindi a Rossio passando per Rua Augusta dove c’è un’altra fabbrica di pasteis de nata (sì, l’ho presa, ed era la terza in un giorno) e un negozio di deliziose pasteis di baccalà e formaggio.
Perché non andare a piedi, ancora, fino a Graca? L’avevo vista di sfuggita col tram 28 il primo giorno e poi il giorno prima ci ero passato vicino andando al Castello e ad Alfama. Così dal centro mi sono messo in cammino in un intrico di vicoletti. Un gruppo di portoghesi malvestiti e anziani guardavano il passaggio dei turisti. All’ingresso dei locali alcuni ragazzi di colore guardavano in giro. Altri ragazzi stavano seduti sulle scalinate e parlavano o ascoltavano musica rap. Qualcuno si affacciava alle finestre. Le case sulla collina erano sempre più vicine e sempre colorate ma anche disposte in modo disordinato. Evidenti i contrasti tra le facciate rovinate e quelle perfettamente disegnate. Rua Muraria era un cratere ripidissimo di scalini rotti e lavori in corso. Ogni tanto si vedevano dei brutti ceffi all’angolo. Uno di questi era seduto per terra e sembrava che anche alzarsi gli sarebbe stato difficile. C’era anche un riparatore improvvisato di automobili. Il sole continuava a spiccare, tranne che dove non si faceva vedere vista la strettezza della strada, sulle facciate delle case, sugli azuelos, sui panni stesi alle finestre, quelle belle e quelle lercie. Caracol de Graca sembrava la scalinata dell’agguato.
La fatica è stata ampiamente compensata dalla vista. Il castello, il ponte, il fiume: un miradouro stupendo, quello di Graca! Poi sono sceso e il Tago si avvicinava alla mia vista. Ho continuato a camminare per la strada che percorre il tram 28, sono passato da vicoli stretti, da ponteggi adatti per agguati, scalinate e strade strette e ripide. Finalmente sono giunto a via Remedios, via piena di negozietti, e ho rivisto i nastri colorati tra le case che testimoniavano che la festa di Alfama era tuttora in corso. Lungo le vie di Alfama ho visto una donna vecchia dare del cibo ai piccioni, persone anziane che si affacciavano alle finestre e, come dice la Lonely Planet, ho sentito il fado che veniva ascoltato dentro qualche casa.
Prima o poi le giornate finiscono e questa si è chiusa con un bacalau a bras preso in un chiosco nei pressi della metro di Cais do Sodré, mentre un gruppo numeroso di persone ballava nell’atrio di ingresso a colpi di musica di vario genere proveniente da una cassa disposta in mezzo alla stanza e altra musica si sentiva provenire dal festival di Cais do Sodré come la sera prima.

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