VENTI ORE FANTOZZIANE
Partiamo dall’ultimo giorno, anzi da quello successivo. Partiamo da adesso. Sono le 18,35 di martedì sei giugno. Mi trovo su un treno Italo che sta per partire dalla stazione centrale di Milano e che arriverà a Firenze Santa Maria Novella tra due ore e dieci minuti. Sono arrivato alla stazione così fuso da non rendermi conto di dove fossi, di che ore fossero e di che giorno fosse.
Intanto pensavo che il treno partisse alle 18,45. Cioè. Sull’email che ho letto sul telefonino mentre mi trovavo sull’Orio shuttle, il bus che porta dall’aeroporto di Orio al Serio a Milano Centrale, c’era chiaramente scritto…17,45! Ed erano le 17,35! E ancora non ero arrivato! E non ho la possibilità di pagare un altro biglietto! Se il bus arriva in ritardo come faccio? Cosa dico a quelli di Italo? Mi faranno dormire in stazione? Mi faranno prendere un treno successivo a quello prenotato?
Ah, bene. Quella che aveva letto era l’email relativa al viaggio del 31 luglio prossimo, quando tornerò da Budapest. Pfiu.
Allora. Sull’altra email che ho letto sul telefonino ecc.sono convinto che ci fosse scritto 18,45, relativamente al viaggio da Milano a Firenze (sì, ok, a distanza di un mese ho due voli su Bergamo e quindi due treni Italo su Firenze). Per caso ho scaricato il biglietto, cosa che non faccio mai con quelli di Italo, e in bella vista ho notato 18,35! Vabbe’ che di solito dieci minuti prima della partenza sono già pronto, ma ci mancava solo che perdessi il treno a causa del mio attuale livello di fusione anziché del ritardo del bus.
Ma perché non avevo la possibilità di pagare? Perché ho la carta di credito bloccata e solo venti euro nel portafoglio! Ieri sera attorno alle 22,15 ora portoghese, subito dopo avere ricaricato per l’ultima volta la tessera Viva Viagem per circolare liberamente sui mezzi di trasporto pubblico di Lisbona, il signor Fineco mi ha avvisato con un sms che aveva autorizzato un pagamento di 737 sterline per Congress Hall Qualcosa. What? Ho viaggiato con un certo panico nella metro fino alla casa, pur progettando cosa fare nel frattempo. Ho telefonato quindi alla banca, ma gli uffici erano chiusi. Mi ha consolato ricevere il messaggio via email e poi via sms sul blocco cautelativo della carta. Stamani, poi, ho notato di avere ricevuto sei chiamate senza risposta dalla banca, quindi di avere ricevuto un’email con cui mi si invitava a telefonare al servizio clienti. Prima di farlo, ho preso la metro fino al terminale dell’aeroporto, tanto per restare con quella punta di panico in corpo. La telefonata? Non poteva certo andare subito bene e infatti mi sono impappinato col codice telefonico finché ho ricordato la password e ho parlato con la gentile operatrice. Carta bloccata definitivamente, pagamenti non autorizzati da me che non dovrebbero essere contabilizzati e riemissione della carta.
Risolto quel problema, restava il fatto che avessi pochi contanti. Quindi niente regali avanzati, niente acquisto delle confezioni da sei delle deliziose pasteis de nata, niente acquisto di una bottiglia di ginginha di Obidos in aeroporto (ma ho comprato una bottiglina con un po’ di liquore, forse 30cl, e tre copos, cioè bicchierini di cioccolata su cui servirlo: otto euro per trenta centilitri, mentre nella famosissima ginginheria in Largo Santo Antonio a Rossio (la piazza centrale col pavimento a onde) avevo comprato una bottiglia da 70cl sempre per otto euro. Niente scorpacciata di cibo. Niente spese extra. Niente caffè, anche. Un altro pensiero pieno di preoccupazione era anche trovare una filiale Unicredit e fare un prelievo in attesa che mi arrivasse la nuova carta, cioè dopo circa sette-dieci giorni. Tutte cose risolvibili, ma l’ansia non la fermi e un po’ ti rovina i pensieri positivi legati alla vacanza appena conclusa.
Già! Ma che fine aveva fatto la bottiglia da 70 cl, diranno i più attenti tra voi? Se la berranno gli addetti alla sicurezza dell’aeroporto, che me l’hanno sequestrata, perché avrebbe dovuto passare dal check in e quindi sarei dovuto tornare nella sala partenze e rifare tutto il tran tran della sicurezza per portarla con me. Avevo tempo, ma se c’è una cosa che odio è il tran tran della sicurezza, che mi mette sempre ansia. Quindi la ginginha è rimasta a loro.
Solo che una volta passati i controlli, prima di imbarcarsi, abbiamo la possibilità di girare per i negozi e così ecco che sono spuntate bottiglie di ginginha (“la comprerò a marzo qua…ma no…compriamola adesso…ma non ho troppi soldi…ops! Guarda! Ce n’è una piccola…accontentiamoci di questa anche se devo stare attento anche alle dieci euro oggi).
Nello stesso negozio c’erano anche delle confezioni da sei di pasteis de nata, che sono delle fantastiche sfogliatine alla crema che sono praticamente tutta crema, una crema che calda ti si scioglie in bocca. La sfogliatina è friabilissima. Sono una delizia e ho deciso di portarle con me. Le avevo comprate la sera prima, ma c’è il problema che intanto rischiano di perdere il loro gusto dopo uno o più giorni. Inoltre la crema rischia di andare a male. Da una parte c’è scritto di non conservarle in frigo per l’umidità. Dall’altra c’è scritto che dopo il primo giorno vanno conservate in frigo perché la crema e l’uovo e l’andare a male. Da tutte e due le parti c’è scritto che non ha senso non gustarsele subito dopo sfornate o almeno subito dopo comprate perché “perdono”. A me ha fatto rabbia non aver pensato che in aeroporto ci sarebbero state di sicuro, già confezionate, con una data di scadenza, e quindi avrei potuto evitare di comprarle la sera prima, che sono anche ore in più che queste poverette hanno passato al caldo. Per otto euro (che erano sei la sera prima nella fabbrica in Restaudores) mi sarei risparmiato il pensiero del “chissà se reggono e dove cavolo le metto stasera” oltre a quello del spendo ancora o no. Certo che se poi avessi speso meno a cena o avessi aspettato a fare i regali o non avessi regalato soldi a pranzo per un antipasto aggiunto avrei avuto una riserva liquida maggiore.
Ma che ne direste di andare in bagno? Bene. Provateci e vi accorgerete che stavano pulendo i bagni del salone dei gates proprio in quel momento e quindi ci dovrete tornare più tardi. Esclusa l’ipotesi di spendere per mangiare qualcosa, sono riuscito a fare qualche regalo cazzata e poi ho aspettato che uscisse il numero del gate presso cui imbarcarsi sul volo Lisbona – Orio al Serio. È uscito e…tutti sapevano già che sarebbe stato quello, vista la coda. Il problema? Che avendo superato i novanta bagagli portabili sull’aereo, il mio è finito tra quelli in stiva.
Così è subentrata l’ansia da bagaglio perso. Non durante il viaggio, che è stato tranquillo: mi sono letto un po’ di Adolescente dostojevskiano, un po’ di Guerra e Pace tolsojana, un po’ di Huck Finn twainiano, proprio mentre accanto a me una ragazza bionda con dei begli occhi verdi e una sgargiante maglietta arancione a mezze maniche leggeva e finiva “Le avventure di Tom Sawyer”. E il bagaglio? Intanto pioveva all’uscita dall’aereo. L’acquata non è bastata. Avremmo dovuto aspettare che ci dessero i bagagli loro all’uscita o saremmo dovuti salire al nastro trasportatore? Ha vinto la seconda opzione. Se non che per arrivare alla raccolta bagagli in sala arrivi a Bergamo bisogna passare per uno shopping center e poi seguire delle indicazioni non chiarissime. Naturalmente il bagaglio mio sarà stato tra i primi a uscire, poi? Neanche per sogno! Era tra gli ultimi.
Quindi. Ricapitolando. Carta di credito clonata. Carta di credito bloccata. Pochi contanti in tasca. Bottiglia di ginginha regalata gentilmente alla security aeroportuale. Indecisioni varie sugli acquisti. Incertezza sulle condizioni di sopravvivenza delle pasteis de nata. Rischio di perdita del treno. Lettura delle email allucinata. Ansia da bagaglio in stiva. Acquazzone all’uscita dall’aereo.
Non male, no? Venti ore fantozziane che presto entreranno nello stesso mare dei ricordi di questo bellissimo viaggio a Lisbona. Nel frattempo non avevo ancora pensato che ho messo la bandierina della prima volta in una nazione anche nel Portogallo.
Lisbona 2017. Venti ore fantozziane.
18 Giugno 2017