LISBONA: LA CITTA’ CHE TI PORTA DOVE VUOLE LEI.
Innanzitutto Lisbona è una città che ti porta dove vuole lei. Non riesci a seguire un itinerario prestabilito. Non c’è verso. Tu vai in una direzione, sempre che non la stia già sbagliando per il tuo non senso dell’orientamento e spunta un vicolo, una strada, una piazza, una chiesa, uno scorcio, un panorama che ti fa cambiare direzione. O ancora progetti di andare in un posto, ma in quell’altro c’è una fabbrica di delizie che apre tra poco e allora aspetti e mentre aspetti puoi fare il giro al mercato che è già aperto e che avevi progettato di fare nel pomeriggio. L’imprevisto, la sorpresa, la deviazione sono sempre dietro l’angolo e ciò che è bello è che queste decisioni che la città prende per te si rivelano positive. Prendi per esempio quando pensavi di andare a correre quattordici chilometri da Cais do Sodré a Belem e ritorno. Quanto è valso la pena farli camminando! Hai potuto gustarti a fondo tutta la passeggiata e imprimere ricordi in testa e fotografie sullo smartphone. Ulteriori esempi non mancheranno negli altri post dedicati alla capitale portoghese.
Lisbona è poi una città affascinante, di una bellezza particolare. Probabilmente è una città vivibile, anche se andrebbe valutata in un giorno di pioggia mentre provi a fare una di quelle salidiscese o discesalite. Del resto è disposta su sette colli e la vista da e di ognuno di essi ti ripaga della fatica fatta per scoprirlo. Il centro è piccolo e visitabile agevolmente in pochi giorni, ma non ti viene mai a noia tornarci, anche perché se non altro incontri gente diversa anche a ogni ora della giornata. Sul tram 28 la mattina presto c’è qualche residente anziano, poi arrivano gli studenti, quindi i turisti. Nel Bairro Alto il primo pomeriggio trovi quattro pensionati mezzo avvelenati a giocare a carte e la sera il quartiere si riempie di giovani che vivono la notte. E così via.
So per certo che tornerò a marzo 2018 a correre la mezza maratona e quindi mi dico ancora tante volte che il pensiero più bello andandosene è sapere che tra qualche mese sarò di nuovo qua.
La luce. In tanti parlano di una luce particolare e di un’atmosfera magica. Io ho fin da subito percepito questa magia nell’atmosfera, quel qualcosa che ti fa adorare Lisbona, che ti fa dire spesso:”Guarda che bellezza” senza che ci siano singole bellezze eclatanti. Ci sono dei bei musei, dei bei monumenti, delle belle architetture, un bel fiume che diventa mare, dei bei parchi, della bella gente, dei bei vicoli e quartieri caratteristici, ma niente di travolgente e niente che non si trovi, anche più bello, in altre città e in altri luoghi.
Eppure.
Eppure sono bellezze da esclamazione quei “miradouro” sul castello o sul Tago che appaiono all’improvviso mentre sei giunto al termine di una passeggiata; quella scalinata dell’agguato con gli scalini mezzi rotti che si trova alla tua destra mentre sei a metà della Calcada de Gloria; quel movimento continuo ma mai esagitato di navi, aerei, gente; quelle persone ferme a contemplare il mondo; quelle onde che sembrano respiri; quel brulichio e quel luccichio in mezzo all’acqua del Tago; quei colori pastello delle case e quella luce del sole che li rende vividi; quel bianco che appare più bianco non si può quando viene colpito dal sole; quell’aria costantemente ripulita dal vento; quello stesso vento che rinfresca e non fa mai patire il caldo asfissiante e umido che si trova in tante città quando “il sole picchia”. Ecco che tutto questo, e altro ancora che racconterò nei prossimi post, rende l’atmosfera magica ed ecco che ho anche confermato quanto sia affascinante la luce della città, nella sua vividezza e nella sua intensità.
Vivace. La luce è vivida e la città è vivace. Ovunque si sente della musica. Sia il fado che esce dalle case dell’Alfama (e è vero quel che è scritto nella Lonely Planet: l’ho sentito), sia la festa nel quartiere di Alfama, sia la festa a base di cibo e musica e balli nella zona di Cais do Sodré, siano le persone che si trovano a ballare in un posto chiuso come una sala della metro o sotto una copertura nella zona dell’oceanario, siano i rapper del lungofiume, siano gli artisti di strada con sassofoni o chitarre nelle vie principali, siano i concerti nel mercato di Ribeira.
Non ho partecipato molto alla vita notturna perché abitavo dalle parti della metro di Anjos, un posto lontanino da Bairro Alto e del quale ho letto che non era il caso di passarci di notte. Però il numero di locali, di bar, di ristorantini nel Bairro Alto dà l’impressione che lasciarsi trascinare da un bar all’altro spendendo un euro per una birra non sia solo una “lonelyplanettata”.
Io ho vissuto con molto entusiasmo la serata della finale di Champions a Cais do Sodré e in pochi metri di distanza c’erano contemporaneamente una festa a base di cibo e musica, un artista che suonava sul lungofiume e delle ragazze che ballavano. Inoltre c’era una nave che si avvicinava alla riva mentre là sopra si sentiva della musica e si ballava e c’erano scambi di saluti tra chi stava a riva e chi era sulla nave. I vivaci locali delle vie della zona erano pieni di gente per la visione della partita alla fine ho assistito a dei festeggiamenti da parte di alcuni tifosi madridisti (e ho visto un abbraccio tra una ragazza madridista e un uomo juventino). La stessa serata si correva anche una mezza maratona, così ho potuto osservare i tanti runner che arrivavano proprio in zona. A proposito: anche Lisbona fa parte delle città dove ovunque ti giri vedi qualcuno che corre. Per la cronaca, la sera precedente c’era stato il concerto dei Guns’n Roses da qualche parte.
Tutto questo per dire che a Lisbona ci si diverte, ma sempre mantenendo una certa rilassatezza: ci si diverte senza lasciarsi andare a sguaiatezze.
Non mancano i contrasti e anche questi sono abbastanza citati nelle descrizioni che si leggono in giro. Si vedono portoghesi non messi benissimo seduti a Largo Santo Antonio a osservare il traffico di turisti, si vedono ragazzi di strada avulsi dalle feste ad Alfama, si vedono senzatetto a dormire in varie zone, si vedono brutti ceffi riuniti di sera nel viale De Reis, si vedono case quasi pericolanti o disastrate accanto a quelle coi colori pastello, si vedono al miradouro di Santa Caterina ladri che cercano di rubare una borsa a una famiglia di turisti giapponesi e vengono fermati da uomini di colore perché “ci sono bambini”, si vedono marciapiedi rotti e finestre rotte e panni stesi alle finestre che sembrano delle bende a delle ferite (quartieri di Alfama e Graca, in particolare), si vedono palazzoni brutti in periferia a poche centinaia di metri dallo stupendo stadio del Benfica, si vedono cinque operai di colore a lavorare di domenica in un cantiere in un pezzo dei sette chilometri del percorso sul lungofiume che porta da Cais do Sodré a Belem; mentre turisti e residenti si dedicano a una passeggiata (da soli, in gruppo, in coppia, in famiglia con o senza bambini) o a una corsa o a una girata in bici o a una girata in skateboard, oppure pescano o si fermano a mangiare qualcosa nei locali che hanno messo i tavolini all’aperto o ancora si fermano a contemplare il Tago e magari anche il ponte 25 aprile e se si voltano vedono le case della città (in alcuni punti). Questi contrasti forse erano più forti un tempo, visto che alcune zone sono state ripulite e riqualificate dalla gente sulla “cattiva strada” come cantava De André. Per esempio i quartieri oggi giovanilisti e un po’ fighetti come Bairro Alto, Chado, Cais do Sodré o anche come il viale Almeida de Reis tra Martim Moniz, Intendente, Anjos.
Lisbona: la città che ti porta dove vuole lei.
18 Giugno 2017